di Paola Iezzi
Io sono decisamente per l’accettarsi. Si. Assolutamente. Ma quando si è fatto e si continua a fare il possibile per migliorarsi. Imparare a convivere con i propri “cosidetti” difetti è una conquista. Sacrosanta. Una conquista che arriva dopo un sano e saggio percorso di consapevolezza. Faccio un passo indietro. Le curve non sono un difetto. Ce lo dicono le vecchie fotografie, quelle belle, quelle delle grandi icone del passato. Ma tutto cambia e tutto si evolve, così, senza quasi accorgercene ci siamo ritrovati in un mondo “escludente”, fatto per “pochi eletti”.
Stranamente continuiamo a percepire quei vecchi film come straordinari, irripetibili, anche per il tipo di bellezza che proponevano, eppure ci ritroviamo nell’incapacità di accettare che quella bellezza era fatta soprattutto di sinuosità, di morbidezza,di forme tondeggianti, accoglienti,avvolgenti, abbondanti.
Non sembriamo più capaci di accettare ciò che è umano e che pure continua ad attrarci in maniera sorprendente. Così spesso non vogliamo neppure sentirne il richiamo, non vogliamo dargli retta. Così, persuase dall’idea coatta che l’estrema magrezza sia anche sintomo di eleganza, di un certo ‘aplombe’, che appartenga ai “piani alti”, che esprima un grande rigore regale e un grande controllo sulla propria parte più istintiva ed animalesca, chiudiamo le porte ad un ideale femminile che per decenni ha nutrito la fantasia degli uomini e fatto sognare le donne, ha trasportato tutti su un enorme tappeto volante, in un grande abbraccio quasi materno.
L’estrema magrezza, così come l’estrema abbondanza, quando sono connaturate nell’essenza di un individuo, non sono un difetto, ma una caratteristica. Allora è necessario fare un ‘distinguo’ tra ‘caratteristica’ e ‘difetto’.
La caratteristica ha un’accezione positiva, il difetto ne ha invece una negativa. Non è possibile confondersi tra le due cose. Cioè diventa facile farlo, ma non dovremmo farlo.
Quando una persona si astiene dal nutrirsi perché è convinta che così soddisferà un fantomatico ideale di bellezza e riduce il proprio corpo ad un cumulo di ossa e pelle fa qualcosa che va contro la natura e contro la bellezza e l’armonia del proprio essere ma anche del cosmo. Dunque rende il proprio corpo difettoso. La natura, quella che ci circonda, anche nella sua parte più piccola ci spinge alla vita. Noi siamo un prodotto della natura. Siamo fatti per la vita e per l’evoluzione. Non ci resta che seguire la traccia che la natura, severa, ci lascia amabilmente.
Se trattiamo male il nostro corpo lui ne risentirà e lo mostrerà al mondo, se trascuriamo la nostra mente pagheremo questa trascuratezza, non solo nel fisico, ma nell’andamento della nostra vita. Quando una persona si abbuffa di cibo e ingurgita alimenti a caso, senza pensare, convinta che così soddisferà o colmerà delle voragini, che ahimè non sono saziabili con il cibo, fa lo stesso e identico danno della persona che dal cibo si astiene. E anche essa rende difettoso il proprio corpo e peggiora lo stato dei propri pensieri, che diventeranno sempre più cupi e sempre più bramosi di inghiottire, sempre più pesanti.
La bulimia e l’anoressia sono la faccia della stessa medaglia. Sono certamente il sintomo di una ferita profonda, di una lacerazione che nel tempo diventa una malattia, ma colludono anche con un sistema “errato” di interpretazione della bellezza operato dai media. Da un difetto di forma e di esegesi che noi stessi abbiamo creato. E infine direi anche di una sorta di mancanza di personalità nell’imporsi su modelli preconfezionati.
Ridare un valore alle curve non significa oggi far passare l’idea che abbuffarsi di cibo e ingrassare a dismisura è cosa buona e giusta! E cioè andare in direzione opposta e contraria alla tendenza precedente.
Dovrebbe significare restituire una dignità al corpo, alla sua forma, alla cura per se stessi. Ad una nuova sempre più crescente consapevolezza che gli esseri umani hanno delle caratteristiche che li distinguono l’uno dall’altro e che è giusto accogliere queste caratteristiche senza discriminazioni né verso se stessi, né verso gli altri.
Non esiste un idea coatta della bellezza. Ogni cosa è relativa, ma il modo in cui trattiamo noi stessi è invece oggettivo e se ci trattiamo male, staremo male…da questo non si puo’ fuggire invece.
Amo la bellezza in quanto forma di armonia. Amo la magrezza e l’abbondanza allo stesso modo, le linee dritte e quelle curve, purchè siano caratteristiche umane proprie e non difetti creati da insanità, idee coatte, ossessioni, malattie, che invece vanno assolutamente riconosciute e curate.
Tutti siamo o siamo stati vittime di ossessioni, ma è sbagliato e bisogna liberarsene, come lo schiavo fa con le catene, altrimenti saremo schiavi per tutta la vita e la vita è una.
“In media stat virtus” dicevano i latini e credo avessero proprio ragione.
fonte: http://www.foryoumag.it/