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15 ottobre italiano: tra violenza e disorganizzazione

di Francesca Lippi

 

La manifestazione di sabato scorso è degenerata e ancora l’argomento non si è esaurito. Essendosi trattato di una vera e propria guerriglia che ha messo a ferro e fuoco la Capitale, questo è normale. Sono stati in molti a fare dietrologia. Alcuni hanno detto che i black bloc erano fascisti arrivati per rovinare le buone intenzioni del manifestanti. Secondo altri, invece, non erano altro che infiltrati della polizia. La polizia, dal canto suo, afferma che avevano l’ordine di non caricare i violenti: non i manifestanti, ma proprio gli artefici dell’inferno romano. Ed i pochi che sono stati arrestati (dodici su circa 500) sono stati assicurati alla giustizia dai… privati cittadini.

La manifestazione italiana è stata differente rispetto alle altre. Sabato hanno protestato in mille città in tutto il mondo e solo in Italia è successo quel che è successo. Il corteo romano era diverso dagli altri anche per molteplici questioni. Quella principale è che non tutti hanno capito che la giornata (internazionale) avrebbe dovuto puntare il dito contro le istituzioni europee, la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale, le multinazionali e i potenti. Anche contro i governi, certo, ma il serpentone che si snodava per Roma fino ad arrivare a piazza San Giovanni è stato quasi esclusivamente contro il Premier, snaturando la motivazione originale. Non solo, questo atteggiamento ha fatto il paio con il continuo tentativo di dare un cappello ai manifestanti. Il servizio reso dai black bloc è stato quello di esonerare le istituzioni dal confronto con gli ‘indignados’ riducendo la protesta al capitalismo finanziario in un mero affare di ordine pubblico. L’attenzione è stata alla fine indirizzata su di loro invece che sulle tematiche della manifestazione, le quali non sono state nemmeno affrontate nemmeno a livello mediatico. Fino ad oggi, infatti, nessuno aveva mai osato levare una critica nei confronti della Banca d’Italia, soprattutto non la massa. Questo invece sarebbe dovuto accadere a Roma dal 12 al 15 ottobre, ma a questo punto è lecito domandarsi se i manifestanti pacifici sapessero su cosa vertesse la marcia. Infatti, fin dalla sua organizzazione, il corteo di sabato scorso è stato stravolto anche nell’imposizione di un percorso privo di senso, con un arrivo a piazza San Giovanni, luogo del concerto del Primo Maggio: non certo un bastione della finanza. In più, sono stati troppi quelli che hanno concepito “il 15 ottobre” come una manifestazione contro l’esecutivo, dimostrando così di essersi lasciati usare da chi voleva che l’argomentazione reale passasse in sordina. In più, il corteo era organizzato solo da gruppi connotati “a sinistra” (Arci, Unicobas, Cobas, Federazione Anarchica Italiana,Federazione della Sinistra, Il Popolo Viola, Partito comunista dei lavoratori,Rete 28 Aprile-Cgil, Rete dei Comunisti, Sinistra Ecologia Libertà, SinistraCritica ecc.), che –fra i propri cavalli di battaglia- tutto hanno fuorché la lotta agli istituti di credito, al signoraggio bancario e alla perdita di sovranità monetaria.

Altra cosa che è stata “tipicamente tricolore” è quanto denunciato dagli stessi agenti , ovvero che avessero l’obbligo di non caricare i black bloc. Ma oltre confine non è affatto accaduto nulla del genere. A Londra bastava il sospetto per far scattare il fermo. A Berlino arrestavano tutti coloro che indossavano un casco o un passamontagna, poiché tutti dovevano essere ben visibili. A Parigi invece era necessaria un’autorizzazione da rilasciarsi entro tre giorni prima e concordare i dettagli con la polizia stessa: senza il pezzo di carta, infatti, scattava la denuncia. In poche parole, regole certe e collaudate da tempo, con tanto di restrizioni per chi ha precedenti penali e collaborazione con gli organizzatori dell’evento.

Allora il ministro dell’Interno Roberto Maroni invoca una legge ad hoc, che sia strumento adatto a sedare i rivoltosi. Gli risponde Antonio Di Pietro: anche lui, infatti, vorrebbe “Leggi speciali” per i violenti nelle manifestazioni affinché “queste persone dopo tre giorni non escano in quantomanca una legislazione adeguata”. Fin qui nulla da eccepire, se non fosse che il leader dell’Idv va oltre e propone una ‘legge Reale due’, alias Di Pietro, “contro atti criminali come quelli di Roma. Si devono prevedere arresti e fermi obbligatori e riti direttissimi con pene esemplari”. Ma cosa è la Legge Reale? Iltesto è nato nel 1975, nel pieno degli anni di piombo e dà –di fatto- pieni poteri alle forze di polizia. Attualmente non è stata abrogata, nonostante untentativo di referendum nel 1978, avvalorato da una lunga lista di vittime dellalegge stessa. All’epoca, l’allora ministro della giustizia, il Repubblicano Oronzo Reale, creò un testo in base al quale –appunto- si autorizzava la polizia a sparare, ovviamente a discrezione degli agenti. Così, il 22 maggio 1975 venne approvata la legge numero 152 sulle “Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico”,stabilendo il diritto delle forze dell’ordine fare uso delle armi qualora ne ravvisassero la necessità operativa, estendendolo ai casi di ordine pubblico. In più ampliava il ricorso alla custodia preventiva, sostituendo il precedente articolo 238 del codice di procedura penale, anche in assenza di flagranza di reato, di fatto permettendo un fermo preventivo di 96 ore entro le quali va emesso decreto di convalida da parte dell’autorità giudiziaria. Non solo: testo prevede, fra le altre cose, la perquisizione sul posto anche senza l’ordine del magistrato. A questo si aggiunga che l’articolo 4 estendeva la definizione di armi improprie prescrivendo l’arresto a chiunque avesse portato con sé “qualsiasi strumento, non considerato espressamente come arma da punta e da taglio, ma chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona” e all’articolo 18 si ripristinava l’istituto fascista del “confino” per ragioni politiche.

La Reale è ancora in piedi, quindi si comprende poco perché cipossa essere la necessità di concepire una Reale-due: forse dovrebbe essereancora più aspra? Almeno nel ’75 c’erano ripetuti atti terroristici, con tanto di bombe, rapimenti ed atti di violenza, ma al momento siamo ancora lontani da un ritorno agli anni di piombo. Ma tant’è. Di Pietro è convinto che, a seguitodi quanto accaduto a Roma sabato scorso, sia necessario inserite “nuove figuredi reato, aumenti di pena per i reati già previsti, fermi e arresti obbligatorie riti direttissimi effettivamente eseguiti in costanza di fermo, in modo chein pochi giorni ci sia la sentenza di primo grado”.

Alla fine, sabato non solo non si è parlato di cose serie,ma in più –se sono tutti d’accordo- non vi saranno più occasioni per farlo.

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