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L'Aquila mai stanca

di Roberta Leomporra
Ad un anno dal sisma che scosse l’esistenza di settantamila persone,gli abitanti del capoluogo abruzzese, quanto delle frazioni circostanti,tentano il recupero della normalità.
Non più distese monocromatiche di tendopoli azzurre, sostituite in parte da moduli abitativi ed affini, ma persone, ad intasare le principali arterie il cui transito è stato ormai riaperto, spesso pendolari da città della costa adriatica ben distanti dal centro urbano, o come ad esempio Debora, dall’entroterra abruzzese “ Quella notte ha impresso su ciascuno di noi una ferita di cui, nostro malgrado, conserveremo per sempre le cicatrici, ma cercare di superarle non equivale a fuggire, io per adesso ho preso una stanza in affitto ad Avezzano, perché un anno fa gli affitti a L’Aquila erano altissimi e le case agibili…poche! Ma vado ogni giorno in città per frequentare l’Università.”
Un centro ancora impenetrabile, per ragioni di sicurezza o puramente logistiche, data la persistenza di cumuli di detriti tra i viottoli. Il cuore della città, questo, sulla riabilitazione del quale cittadini aquilani e non, hanno tentato di catalizzare l’attenzione persino forzando le transenne che ne impediscono l’accesso, per attuare una simbolica rimozione delle macerie. “Trentotto secondi ci hanno tolto case, luoghi di aggregazione ma soprattutto figli, dobbiamo impedire che il passar del tempo o l’inerzia ci privino anche della nostra identità.” Risponde Roberto, che insieme al comitato del quale è membro, ha contribuito alla buona riuscita di numerose iniziative.
Dal cosiddetto ‘popolo delle carriole’ a comitati che sin dai mesi immediatamente successivi al sisma, hanno organizzato eventi di elevato spessore culturale ed in grado di far da collante ad una comunità messa duramente alla prova, passando attraverso manifestazioni che hanno registrato una notevole partecipazione (ultima in ordine di tempo quella del 16 giugno), i cittadini aquilani attestano l’intenzione di far sentire l’eco della propria voce, oltre telecamere ed attenzione mediatica, ad ulteriore riprova, qualora ce ne fosse bisogno, di una identità culturale che ha resistito integra al gravame delle macerie.
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