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“Il delitto di via Poma”: non c’è il colpevole ma c’è il film

di Erika Sambuco

Sono passati ventun anni da quel 7 agosto 1990 quando, in un condominio del quartiere Prati (all’interno di un ufficio AIAG), una ragazza veniva assassinata con 29 colpi inferti. Questa ragazza si chiamava Simonetta Cesaroni e, da quel momento, tutti la ricorderanno come “il delitto di via Poma”.Stasera la sua storia che va in onda su Canale 5. Realizzato da TAODUE e prodotto da Pietro Valsecchi, con la regia di Pietro Faenza, “Il Delitto di via Poma” è il racconto romanzato di questo orribile omicidio dove, oltre la verità di comodo e di facciata, oltre i presupposti e le indagini ufficiali, dentro il nucleo invisibile e la barriera impenetrabile, si delinea un vero e proprio “inganno strutturale”: un contenitore segreto degli errori, dei travisamenti, degli artifizi e dei raggiri che hanno permesso all’assassino della ragazza di farla franca.
Questo film è un excursus dove vedrete “sfilare” ifatti ed i protagonisti veri di questa vicenda e la figura immaginaria unica di un uomo, l’Ispettore Capo Niccolò Montella (interpretato da un grande Silvio Orlando) che sarà segnato da questo caso facendone quasi ragion di vita; un eroe grigio e silenzioso che tenta di districarsi in questa ingarbugliata matassa ma, soprattutto, un uomo normale che si pone domande normali, le stesse che tutti noi ci siamo posti.
Dati i recenti risvolti che condannerebbero Raniero Brusco (fidanzato della vittima ai tempi dell’assassinio) a ventiquattro anni di carcere, potremmo definire questo un instant-movie dove, a parte gli interrogatori un po’ troppo calcati, viene fatta una buona ricostruzione dei dubbi ma senza spingere troppo sul “pedale della colpevolezza”, dove traspare il dolore di una famiglia, specie la disperazione della sorella della vittima, Paola (co-protagonista della storia, interpretata da Giulia Bevilacqua).
“Il Delitto di via Poma” mostra una umanità reticente, bugiarda, connivente, collusa e forse addirittura colpevole; uno spaccato sociale e tristemente tipico del nostro paese dove, purtroppo, la legge da rispettare è quella della convenienza e non quella della verità.
Simonetta scriveva: “Io merito qualcosa di più, qualcosa di vero e pulito”… Se lo meritava e se lo meriterebbe davvero… Non si può morire così a venti anni… E non avere nemmeno giustizia.

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