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Ecologia del vivere: torna il Burano. Ci darà ancora una mano?

Di Stefania Taruffi
Sta per accadere qualcosa che accadde nel lontano 1956: tornerà in Europa e probabilmente anche in Italia, il Burian (Burano), il vento delle steppe Russe che da allora, non è più riuscito ad entrare nelle nostre latitudini.
Nel 1956 accaddero molte cose. Mentre da soli due anni la Rai aveva iniziato le proprie trasmissioni televisive, limitate al Programma Nazionale, l’odierna Raiuno, ma già Lascia o raddoppia spopolava al punto di doverlo spostare dal sabato al giovedì per non lasciare i locali pubblici desolatamente vuoti nel giorno più importante della settimana.
L’Italia, e il mondo che la circondava, erano molto diversi da oggi, quasi incommensurabili. La seconda guerra mondiale era finita da poco e le contrapposizioni da essa generate si facevano sentire, eccome. L’ex Unione Sovietica mandava l’Armata Rossa a normalizzare un’Ungheria che, a seguito della Rivoluzione, voleva uscire dal Patto di Varsavia, provocando laceranti ferite non solo al popolo ungherese ma anche, metaforicamente, all’interno del fortissimo Partito Comunista Italiano, dove importanti voci dissidenti si levarono contro la linea ufficiale del Partito.
Mentre Fidel Castro approdava a Cuba per iniziare la guerriglia contro il Presidente Batista, anche la destra italiana, all’ombra della dicotomia allora imperante tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, in quell’anno alleato con il Partito Socialista di Nenni, si lacerava a seguito dell’uscita di Pino Rauti dal Movimento Sociale per fondare Ordine Nuovo, non esattamente una forza che definiremmo oggi moderata.
Non ci furono però solo separazioni. Il Principe Ranieri di Monaco sposò la bellissima Grace Kelly e Marilyn Monroe il terzo marito Arthur Miller, mentre l’Andrea Doria entrava in collisione non con uno scoglio, ma con un transatlantico svedese, generando uno dei maggiori disastri marittimi della storia, clamorosamente aggiornata dalle vicende della Costa Concordia 56 anni dopo.
Forse, però, il 1956 venne ricordato per un altro evento, che è rimasto nella memoria collettiva e impressionò fortemente gli europei del tempo, un tempo in cui i mezzi di comunicazione di massa erano ben diversi e la documentazione di quell’evento è arrivata a noi in forma soprattutto scritta nei giornali dell’epoca e di racconto dei contemporanei, divenuto con il passare degli anni quasi mitologico. Premesso che la terra gira da ovest verso est e con essa i venti atmosferici che trasportano alle nostre latitudini le grandi masse d’aria. Normalmente, quindi, l’aria che respiriamo ogni giorno in Italia e nell’Europa Centro-Occidentale arriva dall’Oceano Atlantico, dall’Africa  settentrionale o al massimo dai Paesi scandinavi, quindi complessivamente, anche d’inverno, mai eccezionalmente fredda.
Tuttavia, nel febbraio 1956, dopo un inizio d’inverno mite e incolore, improvvisamente accadde un evento molto raro e potente. Per una serie di motivi, la circolazione atmosferica improvvisamente s’invertì e le correnti, impetuose, cominciarono a portare verso la mite Europa l’aria che normalmente soggiornava nella gelida Siberia.
Anche l’Italia ne fu investita in pieno e durante il mese di febbraio del 1956, a più riprese, molte località italiane di pianura e di mare vennero investite da ricorrenti bufere di neve e il ghiaccio s’impossessò di luoghi normalmente intrisi dei profumi della macchia mediterranea, lasciando temporaneamente spazio ai silenzi delle steppe russe.
Questa eccezionale ondata di gelo fece vittime e danni, ma segnò un’epoca e ci piace pensare che l’inversione delle correnti atmosferiche generò anche un’inversione dei nostri destini, trascinando un Paese ancora sofferente per le ferite della Guerra, litigioso e disunito, verso il miracolo economico della decade successiva.
Dopo quel febbraio, il grande inverno russo se n’è tornato nei propri luoghi d’origine e l’aria della steppa non è più venuta a farci visita, se non per brevissimi periodi e in maniera poco convinta.
56 anni dopo, è pronta a tornare dalle nostre parti, difficile dire per quanto tempo, ma l’orso siberiano ha deciso nuovamente di fare una vacanza in Europa e l’aria delle steppe si sta già mettendo in moto verso di noi, dove giungerà questa settimana facendo parlare di sé intensamente in un mondo dove la comunicazione è la prima risorsa di massa.
Ancora una volta farà vittime e danni, non risparmiando con il suo alito gelato il nostro Paese, ancora una volta, come 56 anni fa, litigioso e disunito.
Anche in questo caso, però, ci piace pensare che possa preparare una nuova epoca, quella del miracolo economico prossimo venturo. Come negli anni ’60.

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