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Mezzo secolo di Piero Pelu’

di Francesco Corbisiero
Ah sì, dunque: gli anni ’80. Volete una diapositiva degli anni ’80 in salsa tricolore? Bene, prendete le hit caserecce e trashissime di Donatella Rettore e Loredana Bertè e nascondetele per bene in un baule o fateci quello che volete (se possibile, dimenticatele). Ora, mettetevi comodi e focalizzate l’attenzione su quella striscia di montagne chiamata Appennino tosco-emiliano che collega le due tra le più importanti città del centro Italia. Gli anni ’80 dell’Italia del rock si snodano lì, tra la Reggio Emilia rossa dei CCCP-Fedeli alla Linea (consultare la voce Giovanni Lindo Ferretti o, in alternativa, Massimo Zamboni, tutti e due andati a risciacquare i panni nello Spree percorrendo allegramente l’autostrada del Brennero) e la Firenze new-wave dei Diaframma e soprattutto dei Litfiba di Ghigo Renzulli e Piero Pelù, i tre gruppi che hanno saputo tradurre al massimo livello nella lingua nostrana e nell’immaginario collettivo le influenze del Bowie nella stagione berlinese, dei Joy Division, e del punk morente della Londra di fine anni ’70.
Sì, tutta roba di fine anni ’70, conosciuta, trita e ritrita altrove, ma non in questo Paese dove tutto arriva in pauroso ritardo. Perché se in Inghilterra a segnare il periodo ci furono i Talking Heads, i Police e i Blondie, all’Italia toccò sorte diversa e prima che queste suggestioni arrivassero al grande pubblico di tempo ne passò e gli anni ’80 sgattaiolarano via svelti tra cd storici che hanno formato tutta la nuova leva della classe musicale italiana (per delucidazioni chiedere a Francesco Bianconi la rilevanza che ha avuto Federico Fiumani nella sua decisione di imbracciare una chitarra e mettersi a fare musica). Ma nel passaggio si dimenticarono di portar con loro i Litfiba, che nel frattempo passarono dall’underground nichilista di una città senza sbocchi e senza vita (la Firenze di quegli anni) con i mentori che abbiamo sopra citato al megafono potente di major che puntarono su di loro in una piroetta artistica con Stooges, Led Zeppelin e Black Sabbath come numi tutelari (complice in questo la loro fortissima versatilità musicale). Da album come ‘Desaparecido’ e ‘17 re’ a ‘El Diablo’ e ‘Infinito’. Da locali come la Rockoteca Brighton a folle di fan festanti a scandire una notorietà mediatica enorme, incentrata sulle liriche visionarie e orientaleggianti  di Pelù e sulle chitarre cattive di Renzulli. Il tutto alla faccia di un Franco Battiato che a inizio decennio in ‘Centro di gravità permanente’ emanava tra l’altro la sua personalissima fatwa contro i cori russi, la musica finto-rock  e in particolar modo la new wave italiana (ma anche il free-jazz e il punk inglese).
Risultato? Alla fine degli anni ’90, dopo la prima fase della ‘trilogia del potere’ e in seguito al periodo calante della ‘tetralogia degli elementi’, il gruppo, privato ormai da tempo di un bassista della caratura di Gianni Maroccolo, andato a ridar fiato ai CSI (versione riveduta e aggiornata dei CCCP dopo la caduta del muro di Berlino, semper fidelis all’ortodossia sovietica di nome e di fatto) si scioglieva. E in lascito ci donava un Piero Pelù che, tra valanghe di duetti, album solisti e cover, vinceva sì, ma non riusciva mai a convincere del tutto, sempre schiavo (come un soldato che la storia sul campo di battaglia l’ha fatta non da solo, ma coi suoi commilitoni) dell’etichetta del reduce. Come se non bastasse, ad arrancare non fu solo, accompagnato anche in questo dal fido Renzulli. Non poteva durare.

Foto: © StefaninoBenni

Infatti, anno domini 2009, i Litifba si riuniscono e, storia dei nostri giorni, diedero alla luce un ultimo album inedito (dopo la raccolta live di ‘Stato libero di Litifiba’). ‘Grande nazione’, uscito pochi giorni fa e già centralissimo e chiacchierato nel dibattito discografico. Prova del nove dello stato di salute dei due ragazzacci di via de’ Bardi, non memorabili come un tempo ma ancora capaci di ringhiare e dire la loro, il disco è già balzato alla sua uscita al n°1 della classifica FIMI degli album più venduti. E già questo basterebbe a far capire che di orfani dei Litfiba ce n’erano, ed erano proprio tanti. Ora, per cortesia, dopo 13 anni di assenza, provate a saziarli.
P.S.: oggi, 10 febbraio 2012, è il compleanno di Pierò Pelù e questo doveva essere un articolo su di lui. Invece eccomi qui a scrivere la cronologia appassionata  (e appassionante) della new wave italiana. Sì, perché la storia non la scrivono i singoli, gli individui da soli. Ma nemmeno le masse. La storia la scrivono quei pochi, geniali, illuminati elementi che si fanno portavoce di generazioni intere, le prendono per mano e le conducono con loro. E lui, insieme a tutti gli altri che ho citato, è uno tra questi.
Buon compleanno, Piero. Di anni ne compi 50, ma tanto lo sappiamo tutti che su di palco non s’invecchia mai.

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