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L'Aquila, la rivogliamo com'era

di Roberta Leomporra
Per comprendere quel che è accaduto a L’Aquila negli ultimi tre anni, occorre almeno per un istante mettersi nei panni di un aquilano.
O meglio, capire quel che non è accaduto.
Per evitare che questo suonasse come il solito articolo di giornale teso a commemorare un anniversario che, come ogni ricorrenza, fa gola ai media, ho allegato delle immagini risalenti al primo pomeriggio del 3 aprile 2012.
Ieri. Percorro le vie del centro e non passeggio perchè questo termine implica una spensieratezza che chi ha conosciuto L’Aquila prima del terremoto non può provare oggi, trovandola nello stato di degrado ed abbandono che si evince dalle immagini sottostanti.
Ho come l’impressione che la nostra città sia diventata teatro di una farsa: si costruisce, non ho un elicottero altrimenti avrei effettuato una ripresa dall’alto che avrebbe mostrato una distesa di blocchi di cemento sospesi e gru.
Si costruisce in maniera sorda, perchè gli aquilani che ho ascoltato, con i quali ho scambiato opinioni a tre anni dal sisma, non sono stati interpellati, altrimenti credo avrebbero ripetuto la necessità di ricostruire, che non è sinonimo di una cementificazione scriteriata e massiva, a dispetto di una popolazione che si aggira nostalgica lungo la manciata di viottoli del centro storico in cui è consentito il transito.
Nell’immediata periferia della città sorgono palazzi nuovi, il cui aspetto nulla ha a che vedere con lo stile architettonico che ha distinto L’Aquila per secoli, caratterizzandola come uno dei centri più belli d’Italia.
Si procede a cambiarle volto, dunque.
Ma una città cementosa ed eticamente distante dai tratti del proprio centro storico, è un’altra città, non la stessa.
Potremmo quindi dedurre che ad occupare la pole-position dei registi di questa costruzione, sia soltanto il tornaconto economico, di certo non è loro premura restituire ai cittadini i luoghi a loro così cari.
L’Aquila dei portici che ne avvolgevano l’ombelico vuole essere trasformata in L’Aquila dei centri commerciali, credendo questi ultimi possando diventare centro di aggregazione, ipotesi naturalmente infondata perchè un centro commerciale non incarna nè contiene l’identità di una città: è una mega struttura identica in ciascun luogo, non è peculiare.
Le piccole attività i cui proprietari non hanno possibilità di prendere in affitto un sito nei nuovi centri commerciali sono chiuse, gli ingressi ostruiti da macerie, immondizie d’ogni sorta depositate con noncuranza dagli addetti alla messa in sicurezza. Messa in sicurezza di strade alle quali, ad oggi, ci è negato l’accesso.
Un centro storico costellato di bar e nient’altro, eccezion fatta per alcuni coraggiosi commercianti che, avendo ottenuto l’agibilità parziale dei loro negozi, sono tornati ad occuparli. Si contano sulle dita di una mano.
Persone anziane che schivo perchè non ho il coraggio di incrociarne lo sguardo, le volte in cui ho commesso questa leggerezza mi son sentita loro: privati della città in cui sono nati, cresciuti, moriranno senza rivederla perchè coloro i quali dovrebbero impiegare tempo e soldi nella restituzione di una L’Aquila più sicura, vogliono dargli indietro una città diversa, omologata e priva di strutture atte a soddisfarne le reali necessità.
Si stanno confondendo gli interessi economici degli imprenditori ed enti locali che li supportano, con i bisogni concreti dei cittadini.
A quelli che mi chiedono “ma L’Aquila oggi, com’è?” rispondo d’acquistare un biglietto d’autobus per raggiungerla ed acquisire una coscienza di fatto che superi opinioni mediatiche dettate da opportunismo e politica.
Artisti del calibro di Jovanotti lamentano l’inutilizzo dei fondi ricavati dalla vendita del singolo “Domani”, alla realizzazione del quale, lo ricordiamo, presero parte molti cantautori e cantanti italiani; articoli avvicendatisi nel tempo dai quali si apprendeva la donazione di fondi da diversi Paesi ed Istituzioni che non si è capito dove siano finiti, soldi investiti nella costruzione di nuove strutture poco distanti dalle precedenti che abbisognavano di restauro.
La triste necessità di smentire chi dichiara “a L’Aquila nulla è cambiato” rispondendo “Purtroppo non è vero, a L’Aquila si compie una costruzione egoistica e snaturata dall’identità cittadina, palazzi dall’indicibile valore storico artistico che tre anni fa erano gravemente danneggiati, oggi lo sono in maniera quasi irrecuperabile, perchè non sono stati ristratturati nè protetti, pioggia e neve ne hanno permeato la struttura, persone che si trovano costrette a vivere in albergo nonostante la reale volontà di tornare a casa, in contrappunto a coloro i quali hanno usufruito di alberghi pur non avendone diritto nè bisogno. Aiuti giunti ma sottratti. Responsabili di siti l’irregolarità dei quali ha causato dei morti che alla mia età (26 anni) non sono mai arrivati, giovani o meno che non voglio abbandonare L’Aquila e son costretti a spalmare tra distributori di benzina e casello autostradale tutto il compenso ricevuto, dovendo lavorare altrove, perchè a L’Aquila l’aspetto lavorativo non è tutelato da chi percepisce profumati stipendi per ricoprire incarichi di responsabilità.”
Ma non c’è soltanto chi ricorda solo il 6 aprile di commuoversi, risentirsi ed essere aquilano, come i politici che per quanto si avvicendino attorno ai loro rossi scranni curano sempre innanzitutto i propri interessi, dimenticando che dovrebbero essere lì per noi, che seppure a breve ci saranno le elezioni noi a L’Aquila c’eravamo prima, la rivogliamo com’era e rechiamo le cicatrici della loro negligenza.
Per tutto questo e non solo, L’Aquila non è in vendita nè merce di scambio per giochi di potere.
E’ innammissibile dopo tre anni giustificare ancora una serie di errori con l’emergenza.
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4 COMMENTI

  1. Mentre leggevo l’articolo ho avvertito un groppo alla gola, la situazione dell’Aquila a tre anni dal terremoto è inaccettabile, sono d’accordo con l’autrice dell’articolo quando dice che è necessario ristrutturare le belle case del centro storico e riportare questa citta agli antichi splendori. Basta costruire asettici palazzoni freddi dove gli aquilani non si riconoscono.

  2. Non è possibile che non si parli più dell’Aquila, una città che ha molte belle chiese, case nel centro storico.
    Sono d’accordo con l’autrice dell’articolo nel ristrutturare tutti i bei palazzi storici, le meraviglise chiese per consentire di riavere l’Aquila come era prima. Hanno costruito, per accontentare gli aquilani, grandi palazzi senza anima. Ho dei parenti in provincia dell’Aquila che hanno avuto le proprie case sventrate che probabilmente devono finirle di demolire. Tutto questo non è accettabile.

  3. Grazie Roberta per il bellissimo articolo che ha riscoperto ferite profonde anche nei nostri cuori.
    Mai ci arrenderemo ai poteri della politica ed alla logica degli affari, è la nostra storia ed il nostro passato
    che ci aiutano a trovare la forza per il futuro.
    Un giorno quel cartello della Università della facoltà di lettere e filosofia, tornerà dove è giusto che sia.
    Grazie ancora che ci hai aiutato a non dimenticare.

  4. Grazie per i commenti, sono lusingata. Spero di aver interpretato al meglio il pensiero dei cittadini aquilani ed aver reso in maniera nitida l’idea dello stato dei fatti a coloro che non abitano a L’Aquila. Grazie a Marco De Nuntis per il supporto arrecatomi durante gli scatti fotografici.

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