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Cari Kasabian: vi aspetto al varco

testo di Francesco Corbisiero – foto di Stefanino Benni

Cari Kasabian,
so perfettamente che vi rivedrò. Non poteva bastare lo scorso I-Day a Bologna, il 3 settembre, in cui vi dividevate la scena sgomitando con White Lies e Arctic Monkeys. Rivedrò solo voi, il 18 luglio a Roma, all’Ippodromo delle Capannelle, teatro principale delle mie razzie musicali estive. Pazienza, anzi tanto meglio, è un’ottima occasione per precisare alcune cose. Abbiamo tante cose da dirci.
Ecco, io vi scrivo perché mi piacete. Se non fosse così, me ne fregherebbe meno di zero. Non avrei ascoltato con attenzione tutta la vostra discografia, se non fosse stato così. Quella discografia che spazia prendendo qua e la qualcosa e altrove qualcos’altro: i Pink Floyd dei tempi di Syd Barrett, i Beatles di ‘Revolver’, qualcosa di vostri illustri predecessori ( gli Stone Roses ), brit-pop mischiato con l’elettronica dei Prodigy più in gran spolvero, la tendenza a fare delle vostre canzoni colonne sonore perfette per spy story anni ’70, i tocchi arabeggianti, esotici. E non è che la vostra ultima fatica, ‘Velociraptor’, m’abbia aiutato granchè a togliermi quest’impressione dalla testa. Voi mi piacete, potreste essere davvero la punta di diamante dell’indie-rock. Però ho l’impressione che manchi ancora qualcosa. O meglio, che qualcosa vada rifinito, limato, cesellato, perfezionato. E non solo.
Qualcosa come un baricentro preciso attorno a cui ruotare, il mentore principale, la guida ispiratrice. Troppi dèi nel vostro Pantheon, tante idee, ma manca il mordente. Come quando ci si ritrova con l’imbarazzo della scelta perché si hanno troppi sentieri da scegliere e allora si resta lì ad aspettare. Per l’amor di Dio, il vostro primo album omonimo ed ‘Empire’ erano bellissimi, con dentro ‘Lost souls forever’, pazzesca, e ‘Shoot the runner’, che rimandava un sacco ai Led Zeppelin, per non parlare di ‘Club Foot’. Però rimangono lì, soli soletti. Poi, per i restanti due dischi seguenti solo tante buone intenzioni, tanta carne a cuocere e troppo fumo che esce dal barbecue. Insomma, vi pare modo? Nella musica ( così come pure nella vita ) non si può rimanere ‘next big thing’ per tutta la vita. Bisogna diventare grandi, sapere cosa si desidera. Sennò si è condannati a veder comparire le proprie canzoni solo come sottofondo di qualche pubblicità di automobili o del nuovo gioco di calcio per la Playstation ( e con voi succede già troppo spesso e volentieri ).
E poi, per cortesia, non eccedete con questa grandeur esibita, voi non siete gli Oasis, voi non riempite ( ancora ) stadi interi di gente che sa a memoria non solo i testi, ma pure tutti i minimi passaggi armonici di ogni vostro brano. Abbiamo capito perfettamente che avete tanto potenziale e un’etichetta discografica che supporta tutto ciò che vi passa per la testa ( secondo me, anche lei sperando come noi che arrivi il momento in cui metterete la testa a posto e deciderete di sfornare finalmente un album che spezzi le reni a tutte le incertezze o almeno un singolo di quelli che si ricordano DAVVERO nella storia della musica ). Però potreste fare di più, difettate di lavori che entrano in testa al pubblico e non se ne vanno più. Non ci siamo, non ci siamo ancora.
Vi servirebbe, per esempio, un viaggetto in India, o magari sulle pendici dell’Himalaya, come i Fab Four o, tanto per rimanere in ambiente domestico, gli Afterhours. Non prendetela a male, lo dico nel vostro interesse, eh, io ci tengo a voi. Staccare la spina a tutto per un po’, schiarirvi le idee, sperimentare, ma in maniera meno confusionaria, mettervi a dieta dai quintali di musica che ascoltate e da cui attingete. Poi magari tornare, altrettanto ganzi, pronti a spaccare il doppio di quanto già fate, ma più sobri e soprattutto con un album o proprio una serie di cd che sia/no il passaporto per la Storia.
D’accordo, so anche che quando ci rivedremo mi farete ballare come al solito, griderò all’aria i vostri testi e voi esporrete la vostra consueta, adorabile paraculaggine agli spettatori italiani, perché tutto sommato siete bravi guaglioni e il pubblico lo sapete tenere bene e Sergio è un eccellente chitarrista, così come Chris è un poderoso bassista, mica roba da poco. Ma a me non basta l’appuntamento del 18 luglio, io vi aspetto al varco del prossimo album. Chi vivrà, vedrà.
Organizzatori degli eventi VIVO Concerti –  Daniele Mignardi – D’Alessandro e Galli

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