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Solstizio estivo: la magia del rito contadino

Il 21 giugno è una data importantissima per tutta l’Europa antica. Immaginate di vivere tra i 3000 e i 4000 anni fa, quando le manifestazioni celesti erano l’indiscussa dimostrazione della presenza divina. Arare i campi, preparare le celebrazioni, sposarsi, sognare… tutto era strettamente collegato alla vita spirituale del popolo e ogni gesto quotidiano era un rito propiziatorio.

Il Dio Sole, il 21 giugno, raggiunge la sua massima potenza e per tre giorni sembra essere fisso sullo stesso punto dell’orizzonte celeste. E’ il sol status ed è il giorno più lungo di tutto l’anno. Poi il sole comincia lentamente a scendere quasi impercettibilmente giorno dopo giorno, inesorabilmente verso il basso. Il Dio Sole “muore” e discende verso gli Inferi.

Fino al 21 dicembre, quando per tre giorni sembrerà di nuovo fisso, ma ne punto più basso stavolta, per poi risalire dagli Inferi come a rinascere a nuova vita a partire dal 24 dicembre… e noi sappiamo bene chi nasce in quella notte…

Ma torniamo a noi. Così gli antichi vedevano l’eterno ciclo solare manifestarsi a loro ed è in questo modo che ce l’hanno raccontato, anche se non erano poi così ciechi da pensare che l’essenza divina non si potesse misurare e calcolare. Infatti in molte parti del mondo comparirono vasti siti megalitici per la misurazione dei fenomeni solari. Noi conosciamo bene Stonehenge per la sua notorietà, ma esistono tantissimi luoghi simili, molto più antichi, in tutta Europa e anche sul suolo Italico, per la precisione in Umbria.

In una notte così importante è naturale pensare che succeda qualcosa anche nei livelli invisibili della nostra realtà. Noi moderni facciamo finta di non crederci, di non sapere, ma gli antichi conoscevano la natura molto più di noi e sapevano connettersi ad essa in ogni momento. Tanto che alcune tradizioni antiche si sono conservate, seppur leggermente trasformate, fino ai giorni nostri. Grazie al sincretismo con la festa di San Giovanni oggi abbiamo molteplici rituali popolari affascinanti e suggestivi sotto ogni punto di vista.

Acqua e Fuoco

Una leggenda racconta che nella notte del solstizio estivo il Sole e la Luna si sposano, ecco perché ci sono così tanti riferimenti all’Elemento Acqua e all’Elemento Fuoco.
E’ l’Acqua che San Giovanni utilizza per battezzare i nuovi fedeli e il Cristo stesso. Ed è sempre acqua quella in cui si fa cadere l’albume dell’uovo per trarre auspici sul futuro matrimonio di cui le giovani ragazze in età da marito si preoccupavano. La prima acqua attinta al pozzo la mattina del 24 mantiene la vista buona. Recarsi all’alba sulla riva del mare per bagnarsi preserva dai dolori reumatici. Mentre una leggenda tramanda che, vicino al famoso Noce di Benevento, ci fosse un laghetto o un torrente in cui le donne si bagnavano proprio in questa notte, per aumentare la propria fertilità.
E poi c’è la famosa rugiada. Si sa: “la guazza di Santo Gioanno fa guarì da ogni malanno”. Perciò ci si sveglia all’alba del 24 per gettarsi nude sull’erba affinché la rugiada propizi figli belli e sani. Ci si può anche bagnare il viso per diventare più belle. Oppure la si raccoglie in una boccetta per usarla negli incantesimi d’amore.

Anche il Fuoco ha tantissimi usi. Il primo fra tutti è quello di mantenere viva la potenza solare fino all’ultimo, nonostante il sole sia destinato a “perire”. Anticamente (ma presente ancora oggi in molti paesi dell’est Europa) la notte precedente al solstizio si accendevano grandi falò, tutto il villaggio si radunava per ballare e mangiare attorno ad esso, e alla fine si dava fuoco ad alcune ruote di legno che venivano fatte rotolare giù dalle colline come gesto apotropaico per mantenere vivo il potere del sole.

Il Fuoco veniva utilizzato anche per scopi diversi, soprattutto in combinazione con le erbe sacre. Tradizionalmente si bruciano 9 erbe: Iperico, Lavanda, Ruta, Verbena, Artemisia, Piantaggine, Finocchio, Timo e Vischio per propiziare fortuna e abbondanza.
In Veneto fino a pochi decenni fa si soleva allestire dei fuochi agli incroci. Mentre a Pamplona, in Spagna, si bruciano alcune erbe per scongiurare fulmini e tempeste (due manifestazioni atmosferiche tipicamente estive). Anche i Berberi che stanno in nord Africa hanno dei festeggiamenti in concomitanza del 24 giugno e per questa occasione accendono dei fuochi molto fumosi per propiziare il raccolto dei campi e per guarire chi vi passa in mezzo (decisamente simile al rito celtico in occasione del Beltane). In Brasile, a Fortaleza, c’è la Festa Junina in onore di São João (sincretizzato con Xangô) e i falò fanno da sfondo all’unione delle coppie.

Ma qualunque sia il falò che abbiate scelto di fare, la mattina del 24 dovete girare tre volte intorno alla cenere lasciata, passatevela tra i capelli o sul corpo: questo scaccerà ogni male.

Fate, Elfi e Piccolo Popolo

Una forte impronta nord europea, conosciuta anche in Italia, ci ha fornito un vasto folklore sulle fate e sul loro avvicendarsi nella notte del solstizio. Chi non conosce il famosissimo “Sogno di una notte di Mezza Estate” di Shakespeare? La notte in questione è proprio quella solstiziale e il surrealismo che la permea non è altro che l’eco degli antichi racconti celtici.
Una dicerìa popolare sconsiglia di dormire sotto ad un biancospino, poiché verranno le fate per rapirci… si sa le fate sono esserini molto dispettosi. Ma per vederle? Niente di più facile: un olio a base di timo e lavanda spalmato sulle tempie ce le mostrerà luminose e scintillanti.

Il Sidhe, ovvero il Piccolo Popolo, è uno dei misteri più forti mai studiati dall’uomo. Molti di voi probabilmente ricorderanno le foto di fine ottocento che raffigurano dei bambini intenti a giocare con le fate… Oggi sappiamo bene che fu un clamoroso falso, ma all’epoca qualcuno volle crederci. Tutti, sotto sotto, vogliamo credere alla fate e agli gnomi, perché dentro di noi lo sappiamo che esistono, come una memoria ancestrale.

L’antropologa Margaret Murray, nel suo libro “Il Dio delle streghe”, sostiene che il Piccolo Popolo esisteva davvero un migliaio di anni fa, ma non aveva nulla di sovrannaturale: semplicemente si trattava di una popolazione nordica con caratteristiche genetiche particolari che avevano giocato un ruolo importante nella statura. Era una popolazione rimasta per molto tempo isolata, di cultura matrifocale, in cui le donne, chiamate Fate, erano persone di conoscenza, praticavano i culti antichi ed i relativi rituali, per questo considerate “magiche”.
Qualunque sia la verità, oggi ci piace pensare che le fate, gli gnomi e gli elfi, siano gli spiriti della natura, che abitano alberi, piante e fiori… e in un certo qual modo è così davvero.

Concludo qui questa carrellata solstiziale pur sapendo che ci sarebbe ancora moltissimo da dire. Per farmi perdonare stanotte metterò dei biscotti alla lavanda fuori dalla porta di casa e un bicchierino di idromele, di modo che le fate si plachino un po’ e non mi facciano lo sgambetto in giardino!

di Monica Casalini 

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