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Se 'Arriveranno presto' mica restiamo in casa (cronache dall 42 records)

di Francesco Corbisiero
Da dove cominciamo? Bene, iniziamo da qualche settimana fa e da un confronto che potrebbe sembrare pesante e fuori luogo, ma non lo è. Il vostro inviato seguì la 2 giorni della Tempesta Gemella al Supersanto’s, era fine giugno. Quella però non era destinata ad essere l’unica occasione per un festival di un’etichetta discografica, in calendario era già fissata l’Arriveranno Presto, la maratona no-stop della 42 records, casa discografica romana indipendente, piccola ma non modesta.
E rieccoci al San Lorenzo Estate ( c’ho fatto casa lì, ormai, della serie che quando i buttafuori mi vedono per l’ennesimo concerto ho sempre paura che mi dicano: ‘Oh, ma che te ‘na famiglia NUN CE LL’HAI? Torna a casa e fa’ gli esami, pischè, ché stai sempre qua!’ e avrebbero ragione, ma il critico musicale è uno sporco lavoro e qualcuno dovrà pur farlo ) ad prender parte in questo pomeriggio di domenica alla prova di forza della scuderia di Emiliano Colasanti. Premessa: ogni artista in programma ( crediamo per scelta della 42 records ) ha eseguito pochissimi brani del proprio repertorio e dalle uscite precedenti, presentando invece alla platea le nuove uscite, quasi tutte previste per l’autunno. Scelta antica e paradossalmente d’avanguardia, come a rimarcare che, sì, forse la casa non ha molto all’attivo, ma la qualità e le novità dei suoi musicisti sono colpi in canna e ancora tutti da sparare.
Entro nel cortile ancora presto, c’è poca gente e mi siedo, ordinando una birra. Il sottobosco indie-hipster della Capitale mi regala momenti di insperata felicità ( sì, io sono uno di quelli che ai concerti si diverte un mondo anche a guardare il pubblico e non solo i cantanti, colpa dell’attitudine da Scienze Politiche che ci inietta la Sociologia nel sangue tanto quanto i globuli rossi, concorso di colpa per le ragazze, che sono tutte assai affascinanti coi loro vestiti anni ‘80 e insomma, è estate. Vabbè, basta divagare ). Si parte con Strueia, one-man-band con echi Gorillaz, e i Quartieri, band romana che appoggia melodie impastate di synth e chitarre a testi cantautoriali ricercati, anche se un po’ lenti. Questi ultimi portano sul palco il loro lavoro, titolo ‘Zeno’ in uscita il prossimo novembre. Quando arriva il momento dell’apparizione sul palco dei Mamavegas, il sole è appena calato e la gente è in coda al bar per l’aperitivo. Ma loro sono energici, ci mettono entusiasmo e ricordano tantissimo quello che potreste ricavare mettendo in un frullatore e centrifugando insieme Kings Of Leon e Young The Giant, versando in un bicchere con ghiaccio, vista la calura.
I Criminal Jokers meritano un discorso a parte. Io trovo che loro siano interessanti e tutte le canzoni degli album precedenti ( in inglese ) hanno un tiro gagliardo e sono ritmate da panico. Però presentare la loro nuova fatica ( ‘Bestie’, a settembre sugli scaffali dei negozi di dischi a cui lo chiederete, perché in quelli dove lo cercherete dovrete per forza ordinarlo, sempre-sia-maledetto-il-mainstream ) qualche dubbio sorge: il cantato in italiano acutizza la voce non proprio perfetta e un po’ nasale di Francesco Motta, front-man e batteria ( sì, perché, nota a latere, le percussioni in questo gruppo non le ritroverete silenziose e operaie nelle retrovie, ma al centro della scena a far debitamente macello ). I testi non trascinano abbastanza, troppo eterei, sfuggenti. Per un gruppo che sconta la somiglianza molto accentuata con gli Zen Circus è pecca, specie perché poi tra l’originale e la copia, si va a scegliere sempre l’originale. Ma troppo facile stroncarli così: certe tracce alla Arctic Monkeys sono piacevoli, però ragazzi, ecco, a mio parere, vi riusciva meglio in inglese.
Chi rimane? Colapesce, giusto. Ci eravamo dimenticati di dirvi che nell’intervallo da cambio palco tra i Mamavegas e i Criminal Jokers, sul palchetto laterale va in scena  una bellissima perla: l’accoppiata Urciullo/Meg dà sfoggio delle sue doti canore. Solo chitarra acustica, percussioni e tastiere ( su iPad ).I due sono meravigliosi, cantano una canzone della carriera solista della napoletana ex-99 Posse, ‘S’illumina’ e soprattutto ‘Satellite’, duetto vero e proprio tra i due, uscito lo scorso 26 giugno in anteprima per Moby Dick, su Radio 2. Belli, bravi, talentuosi. Ci piacciono, ve ne sarete accorti. Lui lo ritroviamo sul palco, delizia finale prima dell’arrivo di Niccolò Contessa & Co. E fa una scelta che stupisce, ma lascia con l’amaro in bocca: si mette a suonare tutto ‘La voce del padrone’. Stupisce perché quell’ album di Battiato è mitico, pietra miliare della discografia italiana anni ’80 e autentico punto di svolta in cui cantautorato e pop s’incontrano e vanno a braccetto, dando alla luce un nuovo modo d’intendere la musica e la scrittura delle liriche, frutto della commistione di cultura alta e bassa e perché definisce in maniera inequivocabile il solco all’interno del quale Colapesce  intende muoversi. Ma la delusione è tanta perché ‘Un meraviglioso declino’, primo lp del cantante siciliano, è un cd bellissimo di atmosfere calde e sospese, un momento particolare in cui le suggestioni strumentali di Wilco e Fleet Foxes si fondono insieme alla lezione di Franco Battiato e Lucio Battisti nelle parole, e avrebbe meritato di avere un posto in scaletta ieri sera, e a noi che siamo dei maledetti egoisti sarebbe piaciuto davvero ascoltarlo live, tutto qui. Giudizio? Colapesce merita proprio un sacco, fa le mosse giuste senza troppo strepitare e ha l’umiltà di chi, consapevole del proprio talento, ha fame ma non fretta. Seguitelo, seguitelo, seguitelo. Ha un luminosissimo futuro davanti a sé. E se dal cortile, riempitosi di persone nel frattempo, non volevano che scendesse dal palco per far posto al gruppo successivo ( molto più conosciuto di lui ), fatevi due calcoli.
Bene, eccoci arrivati alla conclusione. I Cani ( bau! No, sto scherzando ). Li avevamo lasciati a inizio marzo, location Piper. Li avevamo promossi anche se li avevamo visti tiepidi. Avevamo detto, e lo confermiamo, di voler aspettare il secondo album prima di fornire un’immagine dettagliata del posto che spetterà/non spetterà loro nel panorama indipendente. Quello di questa sera, lo annunciavano le locandine in pompa magna, è il loro ultimo concerto estivo prima di una lunga pausa. Il loro ‘Sorprendente album d’esordio’ uscì giusto un anno fa e nel frattempo loro hanno girato per lo Stivale e ricevuto i complimenti ( nientepopodimenochè ) di Roberto Saviano, che ha parlato dei loro testi come di un ‘ manuale di antropologia elettronica del nostro Paese’. SBAM! Aprono con ‘Asperger’, nuovo singolo. Deboluccio, esile, senza la cattiveria necessaria a guadagnarsi un posto nel cuore di chi ha eletto gli MGMT all’amatriciana come colonna sonora dei  propri momenti cinici e disillusi. ( se la prossima fatica è così, calcinculo e avanti il prossimo! ). Ma poi svelano un aspetto ancora nascosto agli occhi del sottoscritto: Contessa non canta, ringhia. E lo fa con la rabbia di chi deve mostrare gli artigli prima d’andare in letargo per un po’. E sfodera una ad una tutte le canzoni del disco da ‘I pariolini di 18 anni’ a ‘Door Selection’ a ‘Velleita’. Bene, ma nulla di nuovo. Dopo la performance cinofila, la messa è finita e andate in pace.
Conclusioni: vi ricordate il paragone tra la Tempesta Gemella e l’Arriveranno presto che abbiamo proposto all’inizio di questa recensione? Bene, dalla parte dell’etichetta di Pordenone c’era la caratura e l’importanza del cast, gente navigata ed esperta. Il secondo pallone Toffolo e soci lo mettono in rete per il coraggio delle loro  band di parlare della realtà intorno, del Paese, del microcosmo sociale che diventa macrocosmo collettivo. Dell’impegno, insomma ( la 42 records, molto più giovane, intimista e post-moderna, da questo punto di vista difetta visibilmente ). Per l’etichetta romana il punto a favore è il portare in scena brani ancora sconosciuti ( scelta ardita ma lodevole, concetto antico caduto in disuso, sottolineato invece da Neil Young  in una sua intervista a Patti Smith contenuta nel numero di XL di questo mese, in cui il cantante americano sottolineava appunto l’importanza della prova preventiva dei nuovi dischi sul pubblico come termometro di gradimento e partecipazione ). Da rilevare la dimensione casereccia e intima dell’evento,  molto lo-fi, che l’ha reso veramente meritevole d’essere partecipato. Vi sembra poco? Beh, è finita 2-1 per i nordici, ma il tempo, le occasioni e le potenzialità per un pareggio ci sono tutte. Crescere, con queste basi di partenza, non sarà un lavoraccio ingrato. Alla prossima!

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