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Streghe o fate?

di Marzia Santella
Halloween è entrata prepotentemente nelle nostre tradizioni seppure condannata come festa pagana e consumistica. Nell’attesa di riuscire ad esportare la festa della befana, come auspica qualcuno,  di fatto in questi giorni si parla di zombie, vampiri e streghe; le fate non vanno di moda in questa atmosfera. Sembra che di fate in giro però ce ne siano poche anche durante il resto dell’anno. Gli uomini, portati naturalmente all’atteggiamento poetico verso il gentil sesso, si trovano di fronte donne che li classificano ancora prima di sentire di cosa vogliono parlare. Una generazione di donne dall’adolescenza ai trentacinque anni sembrano immuni al romanticismo, al dialogo, alla condivisione. Complice un cambio della società degli ultimi trent’anni in cui la donna da compagna casalinga si è trasformata in donna lavoratrice.  Da parte “dipendente” nella coppia, in cui anche comprare un paio di calze poteva essere un lusso che non ci si poteva permettere, è diventata la compagna di vita che contribuisce alla famiglia in modo paritario ma, al tempo stesso, può gestirne una parte per sé. Un’emancipazione in cui le figlie hanno recepito il messaggio per cui “bastare  a sé” diventa la regola, il compagno, il marito non sono più necessari: diventano un optional. Una sorta di  insofferenza all’altro, un accessorio che alla prima difficoltà può essere abbandonato. Non conta se il partner vuole comunicare, capire e risolvere. Una cieca determinazione spinge le “donne moderne” a proseguire oltre, si chiude una porta si aprirà un portone: come recita un vecchio detto. Si pecca di orgoglio spesso, per non fare dietro front, per non ammettere di aver sbagliato, per non cercare di trovare la via dell’incontro a metà strada, che costa metà colpa ad entrambi, ma che regala al contempo la consapevolezza di camminare insieme ancora un po’. Una chiusura della mente, una razionalità che suona come una ghigliottina che si abbatte inesorabilmente sulle storie d’amore, sulle proprie scelte, su di sé implicando la successiva ulteriore aridità di cuore. Servirebbe, allora, una scuola di sentimento per queste fate ferite. Una scuola in cui imparare ad amare, a perdonare, a cercare insieme una via senza ergersi giudice e giuria al minimo inciampare altrui. Un corso in cui si spieghi che l’irremovibilità non è un pregio, che tutti sbagliamo e che tutti, noi compresi, vorremmo un’altra possibilità. Un corso per imparare a mettersi nei panni altrui ma non con la nostra testa. L’amore si moltiplica non si divide e ne sono certa tante donne rimpiangono amori persi per strada per cose che poi, nel tempo, si sono rivelate questioni risolvibili. Una scelta della persona che ci sta accanto fatta ogni giorno consapevoli del proprio e dell’altrui valore. Non preoccuparsi di quanto può durare ma viverlo fin che c’è sapendo che se dovesse finire sarà perchè, veramente, non si può proseguire insieme senza guerre, senza vendette: pacatamente e civilmente e con rispetto di noi stesse e del partner. Certo ormai non ci serve, non a tutte, l’uomo che ci mantiene, ma una compagnia con cui condividere la propria esistenza fa bene al cuore e alla mente….domani, allora, vorrei rivedere le fate.

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