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Quando si dice ‘un concerto che spacca’

di Francesco Corbisiero
Che il Management del dolore post-operatorio fosse meritevole di esser visto dal vivo, lo sapevo già da quando Windows Media Player finì di far scorrere il secondo disco dei quattro di Lanciano, quando l’acquistai, a maggio. E mi trovai di fronte a un ottimo lavoro, incazzato al punto giusto, abrasivo nei suoni quanto irriverente nelle parole. Ma quello che ignoravo è il fatto che il 29 dicembre ( a due giorni da Capodanno ) avrei preso la guida della mia auto e insieme a due cari amici, spostati almeno quanto me nonché inseparabili compagni di bagordi notturni, avrei macinato 80 km all’andata e 80 al ritorno partendo dalla mia città natale in provincia di Lecce per raggiungere una sperduta località nei dintorni di Taranto, Pulsano, per un loro concerto.  L’impresa è valsa la spesa, e ora ve lo racconto.
Un concerto on the road è molto meglio di un concerto-e-basta. Il lunghissimo tragitto in macchina riesce a farti crogiolare nell’attesa di ciò a cui assisterai e se porti con te le persone giuste ti ritrovi in una vecchia Hyundai Getz a ridere tra bottigliette d’acqua, dolcetti portati per sopperire alla mancanza di una cena decente e sigarette accese che trasformano l’aria dell’abitacolo in quella di una bisca clandestina, spaccando uno per uno tutti i comuni dell’entroterra leccese e tarantino che separano il tuo ridente paesello dalla destinazione del viaggio e quando arrivi al Villanova di Pulsano, che più che il solito centro concerti è un ristorante-pizzeria con un ampio spiazzo in cui è adibito il palco, senti già in qualche modo di aver vinto, essendo arrivato sano a salvo lì, in seguito a peripezie indicibili e dopo esserti perso un po’ di volte nonostante il navigatore satellitare.

Management del dolore post–operatorio
foto di Gianluca Distante

Le aspettative son altissime quando si ascolta un disco come ‘Auff!!’ ( una tra le migliori uscite del 2012 ), ma Luca Romagnoli, Marco di Nardo, Nicola Ceroli e Luca di Bucchianico ( in sostituzione di Andrea Paone, che a inizio dicembre ha annunciato la sua uscita dal gruppo ) salgono sul palco e offrono al pubblico una presenza scenica da capogiro, fanno suonare gli strumenti in maniera tale da dare una veste nuova alle canzoni, che già sul disco sembravano punk-rock al modo dei CCCP-Fedeli alla Linea con distorsioni portate al massimo, ma dal vivo hanno un’insolita e piacevolissima veste dance alla Franz Ferdinand e ti muovono le gambe e ti fanno sgolare. E nei testi son tutte un gioiello, in bilico tra nuovo cantautorato e declamazione disperata, con ritornelli killer che entrano in testa e rimangono lì.
A partire da ‘Macedonia’ in cui gli abruzzesi se la prendono con la scienza troppo lontana dall’uomo e troppo vicina ai signori della guerra e ai loro profitti e da ‘Marylin Monroe’ in cui si scagliano con la bellezza, che non ci salverà ( come invece affermava Dostoevskji  ), ma impedirà soltanto di fare la rivoluzione ‘perchè loro vi vogliono belli e invece voi dovete fargli schifo, dovete essere brutti e non piacergli neanche un po’’. E ancora ‘Il numero otto’, brano bellissimo e intenso sul significato della vita, ‘Irreversibile’, graffiante satira contro la religione e la creazione del mondo, e ‘Amore borghese’ ( che sul disco vanta la collaborazione con Emiliano Audisio dei Linea 77 ). Un discorso a parte merita ‘Nei palazzi’: secondo il sottoscritto la più bella canzone del’album, attuale ed esplosiva come una bomba a orologeria che deflagra durante il ritornello, un invito a non restare chiusi in casa al caldo perché è fuori, nelle piazze e nelle strade che c’è la vita vera, ed è lì che si fa la storia. Si continua con ‘Signor Poliziotto’, un brano contro l’ordine costituito e il suo braccio armato, il cui ritornello riprende la storia di Leo Ferrè che, fermato un giorno al confine e scambiato per un sovversivo a causa del suo aspetto fisico, rispose agli agenti della polizia doganale che lo controllavano ‘Signor Poliziotto, mi dispiace rovinarle la festa, le bombe non ce le ho nella valigia, ce le ho nella testa’. Le ultime tre canzoni poi sono di quelle a presa rapida, che non si dimenticano: ‘Norman’, dedicata dal quartetto a Norman Zarcone, dottorando in filosofia all’Università di Palermo, che volò da una finestra dell’ateneo qualche anno fa perché non vedeva possibilità di ottenere un posto di lavoro grazie alla sua laurea. E anche qui i ragazzi di Lanciano si dimostrano al vetriolo: ‘Norman, amico mio, siamo così piccoli che quando cadiamo non ci sente nessuno. Noi non lo facciamo quel boato che fa l’impresario, che fa l’uomo di Stato’. A seguire, ‘Auff!!’ invettiva neanche troppo velata contro la musica che si ammanta di poesia e di letteratura ( palese la presa in giro verso Pierpaolo Capovilla ) e si chiude con ‘Pornobisogno’. Ma la perla che impreziosisce un live veramente sentitissimo dal pubblico come dalla band è la cover in speaking words a metà concerto di ‘Signora Maestra’ di Luigi Tenco.
La verità è che io e i miei amici siamo rimasti a bocca aperta. Perché sapevamo che sarebbe stato bello, ma non COSI’ BELLO. Perché Luca Romagnoli sul palco ci mette l’anima e si dimena come un folle e fa il giullare, di quei buffoni di corte medievali che scherzando davanti al re riescono a dire cose che neppure il più fido consigliere del sovrano si sognerebbe mai di confessargli. Scherzando si può dir tutto, persino la verità, non lo sapete? Perché Marco Di Nardo alla chitarra è garanzia che il groove sarà sempre teso, ruvido, sporco e va benissimo così, perché a un gruppo del genere non si può chiedere di meglio. Perché grazie a Luca di Bucchinanico e a Marco Ceroli i ritmi sono scanditi perfettamente, sincopati e ossessivi, come la vera musica punk richiede, non lasciano tregua per un solo secondo, proprio come qualcuno che ti spara raffiche di mitra sui piedi perché vuole che tu ti muova e balli, e balli tanto. E poi sul palco – si vede-  si divertono, hanno qualcosa da dire ( ed è qualcosa di totalmente diverso dal messaggio di miriadi di gruppi indie tirati fuori in serie con lo stampino ) e la musica li trascina. E trascinandoli, lascia che loro trascinino con sé gli altri. Per farla breve, ci sono 4 buoni motivi per andare a vedere un concerto del Management del dolore post-operatorio e quei quattro buoni motivi portano i nomi dei suoi componenti.
Auguriamo loro tanta, tanta, tanta, tanta fortuna e che non si perdano mai, lasciandoci ascoltare ancora una voce fresca, velenosa e coerente, senza nessuna smania di autorevolezza eppure così autentica e forte nel panorama musicale underground nostrano.

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