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Anche i piccioni parlano

di Giorgia Petrini
Matteo 9, 33
Scacciato che fu il demonio, il muto parlò. E la folla si meravigliava dicendo: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele».
Urca vacca! In effetti, nella vita ho perso un sacco di occasioni per stare zitta. Avrei parlato anche da muta. Del resto, sono femmina, dai su. Si sa, le femmine parlano spesso a vuoto e usano almeno il triplo delle parole necessarie per esprimere un pensiero, anche banale, semplice. Sono teatralmente avvezze allo sperpero discorsivo e naturalmente dotate di saliva in abbondanza. Non si stancano. Nemmeno quando neanche loro capiscono più cosa stanno dicendo. L’unico limite che, raramente, le tiene un po’ a freno, è la cassa toracica. Gli viene il fiatone dopo un po’, non so se ve ne siete mai accorti: “N’ardanno i resti!”, si direbbe in folignate.

Leggendo il Vangelo di oggi, non ho ben capito se la folla si meraviglia di più del muto che parla o del fatto che non si è mai vista una cosa simile in Israele. Siamo tutti un po’ così. Almeno, io lo sono stata certamente e, a volte, lo sono ancora. Ho un miracolo davanti agli occhi e, invece di catturare in un sol pensiero quel momento e tutto ciò che vedo, mi metto a commentarne i contorni. Eh già, sono femmina. Il fatto è che spesso si tende a fare uso e abuso dei nostri sensi, senza stare attenti a usare quelli giusti. Siamo delle Ferrari super accessoriate e ci perdiamo ormai quasi solo in chiacchiere da bar. Al cinema parliamo perfino durante il film – sul genere del commento del regista negli extra dei dvd – neanche fossimo ancora nell’era Chaplin!
Abbiamo perso il gusto di certe cose. In questo tempo, non si parla più e si ascolta molto poco: più che altro, si chiacchiera e si sente. In questo tempo, non si gusta e non si offre: si ingurgita e si conserva per sé, si ruba al prossimo. In questo tempo, non si guarda e non si scopre più quasi nulla di ciò che non si sa: si viaggia a colpo d’occhio e si impara in modo più o meno approssimativo quello che tutti sanno. Se sia vero o meno, è un’altra storia. Se ci faccia bene o no, non interessa a nessuno. Se ci serve o ci da gioia, è una domanda da non farsi. Basta continuare a chiacchierare, a farsi quattro risate, a fare di tutta l’erba un fascio o ad avere pensieri simili a quelli degli altri. Non sappiamo più neanche quali sono le cose davvero importanti. Perfino le priorità, in questo tempo, sfuggono alla nostra comprensione, alla nostra capacità di poter educare i nostri figli che prima imparano a vestire ‘griffato’ e poi a domandarsi “La vita cos’è?”. E’ tutto soggettivo, tutto relativo. Ma chi se ne infischia del muto che parla se la Roma perde! Il pregiudizio gareggia con la diffidenza e la paura che un passante ci prenda a picconate mentre passeggiamo per la strada è come l’ansia che si ha di vivere ai piedi del Vesuvio. Nessuno si accorge più che anche un muto avrebbe un sacco di cose da dire. Siamo troppo occupati ad ascoltar noi stessi e a guardare da vicino le nostre meraviglie. E pensare che anche i piccioni, in fondo, parlano…

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