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Festival di Venezia: James Franco minimalista in Palo Alto

Festival di Venezia 2013. James Franco in Palo Alto, film minimalista in linea con lo stile della Mostra nell’affrontare l’inquietudine dell’adolescenza. Alla regia  debutta la piccola di casa Coppola
di Elisabetta Rossi

James Franco sbarca al Lido sia come regista di Child of God, presentato in concorso al festival, sia come protagonista di Palo Alto al fianco di Val Kilmer.

La critica lo definisce semplicemente  “artista”,  in quanto eclettico attore, regista, sceneggiatore, produttore, scrittore, musicista, presentatore televisivo, insegnante, testimonial e benefattore.
Franco, alla Mostra anche l’anno scorso con Springbreakers e che a Venezia campeggia già in versione maxi poster per la campagna Gucci, con Child of God, tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy (1973), ha portato al festival un film minimalista e solitario incentrato sulla follia violenta e maniacale di Lester Ballard (Scott Haze), un uomo solo ed emarginato che vive in un villaggio del Tennessee negli anni ’60.26651472
Uno sguardo inflessibile sull?angoscia adolescenziale e sull?inettitudine degli adulti, Palo Alto è della debuttante Gia Coppola.
Nel film Teddy, April, Fred ed Emily bevono, fumano marijuana e fanno sesso per superare l’inquietudine dell’adolescenza.
James Franco, nato proprio a Palo Alto in California,  deve la sua popolarità internazionale alla trilogia di Spider Man diretta da Sam Raimi.
Da allora l’attore si è diviso tra generi cinematografici molto diversi, dalle commedie come Strafumati al drammatico Milk, fino all’horror Il prescelto e il fantascientifico L’alba del pianeta delle scimmie.
La neo regista  Gia Coppola ci racconta: “ho conosciuto James Franco poco dopo essermi laureata. Gli avevo mostrato alcune mie fotografie e così finimmo con il parlare del suo libro, Palo Alto Stories. Da tempo non leggevo o vedevo qualcosa sui teenager che mi piacesse o che ritenessi realistico. In Palo Alto Stories, le diverse voci dei ragazzi risaltavano vere e oneste, mostrando l?essenza di essere giovani nella vulnerabilità e nell’assenza di un obiettivo: le conversazioni ridicole, le cotte represse, gli errori stupidi. Cercai ispirazione nel cinema, nella fotografia e nella musica. Da The Outsiders a The Virgin Suicides, The Last Picture Show, Diner e American Graffiti, tutti film vividi e con qualche difetto nella trama. Sapevo anche di voler mantenere fissa la macchina da presa e volevo che composizione e colore di ogni inquadratura fossero come le fotografie di Stephen Shore, il mio mentore al college, che riprende solo scene di vita quotidiana. Cominciato il film e conosciuti bene i ragazzi (Jack Kilmer, Emma Roberts, Nat Wolff e Zoe Levin), sarebbero stati loro a dirmi quali cose erano giuste o no. Alla fine, il film ha preso la sua strada e ciò che avevo immaginato inizialmente è finito con il diventare qualcosa con una sua anima. Realizzare un film comporta risolvere tanti problemi ed essere un regista al debutto è proprio come essere adolescente: ti spuntano i foruncoli, ti senti goffo, insicuro e impetuoso. Sono stata fortunata che Franco mi abbia dato fiducia.”

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