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A che serve la vita? A che servono i libri? Notturno cileno di Roberto Bolaño

Servono poco più di cento pagine, a Roberto Bolaño, per mettere in scena la vita paradossale di un uomo prigioniero di un astruso rigore morale incrociato con l’ignavia. L’ultimo romanzo pubblicato in vita dall’autore sudamericano, Notturno cileno, arriva adesso in Italia, sempre per Adelphi che ha in catalogo gli altri titoli cardinali, come un requiem e al tempo stesso un’allucinazione.
Sebastian Urrutia Lacroix, radici onomastiche basche e francesi come si convenga a ogni apolide, ha trascorso un’esistenza di seminarista, sacerdote, numerario dell’Opus Dei, poeta e critico letterario, fino a trovarsi nel cuore di tenebra del colpo di Stato militare, in un inopinato ruolo di attore non protagonista. L’alter ego dell’autore conversa così con Neruda nella casa dell’anfitrione Farewell, discettando su Sordello da Goito, si intrattiene con oscuri emissari quali Oido e Aruap, fino a trovarsi a impartire lezioni di marxismo al generale Pinochet e agli altri esponenti della giunta militare. Eppure Sebastian riflette: «Abbiamo l’obbligo morale di essere responsabili delle nostre azioni e anche dei nostri silenzi, sì dei nostri silenzi, perché anche i nostri silenzi salgono al cielo e Dio li sente e solo Dio li comprende e giudica, per cui molta attenzione ai silenzi». E ancora: «Madonna dei Dolori, Madonna della Lucidità, Madonna della Poesia, non lasciare il tuo servo alle intemperie».
Considerato uno dei massimi autori latinoamericani contemporanei, giunto alle soglie di una fine precoce Bolaño affida al suo personaggio una meditazione che, a distanza di anni, pare raggelante: «A che serve la vita, a che servono i libri, sono soltanto ombre». Eppure proprio questo spaesante Notturno conferma la potenza insondabile della letteratura, che può spingersi dove la realtà non arriva. Anche in un territorio fatto di rancore e di nuvole. «E mi domando: sono io – si chiede Bolaño – il giovane invecchiato? E’ questo il vero, il grande terrore, essere io il giovane invecchiato senza che nessuno lo ascolti? E se il povero giovane invecchiato fossi io? E allora passano a una velocità vertiginosa i volti che ho ammirato, i volti che ho amato, odiato, invidiato, disprezzato. I volti che ho protetto, quelli che ho attaccato, i volti da cui mi sono difeso, quelli che ho cercato invano…». Un caleidoscopio implausibile, fondato solo sull’incantesimo della letteratura.
Roberto Bolaño, Notturno cileno, Adelphi, Milano, 2016, p. 123, euro 15
di Elena Orsini

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