Segnala un evento
HomeIn primo pianoL’Europa a un anno dal Trattato di Lisbona: intervista a Marco Scurria

L’Europa a un anno dal Trattato di Lisbona: intervista a Marco Scurria

di Paolo Cappelli
L’Associazione di studi giuridici e criminologici ‘Silvia Sandano’, unitamente all’Università degli Studi Roma Tre,  ha promosso il Convegno “L’Europa a un anno dal Trattato di Lisbona”, che si è celebrata ieri presso l’Aula Magna dell’Ateneo e oggi presso l’Esedra di Marco Aurelio in Campidoglio. Nei due giorni di convegno, l’uditorio, formato da giuristi e da molti studenti, ha potuto ascoltare i saluti dell’On. Andrea Ronchi, Ministro per le Politiche Europee, dell’On. Vincenzo Scotti,  Sottosegretario agli Affari Esteri, del Professor Guido Fabiani, Rettore dell’Università Roma 3, dell’Ambasciatore del Belgio, S.E. Jan De Bock e naturalmente dell’ospite della seconda giornata, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Tre le sessioni, nell’ambito delle quali sono stati sviluppati gli interventi degli oratori, professori e dirigenti esperti nelle discipline del Diritto e della Procedura Penale: il modello democratico e il quadro istituzionale di fronte alla crisi, nel corso della prima giornata; l’idea di Europa, dalle sue origini al Trattato di Lisbona e oltre e la cittadinanza europea, nel corso della seconda.
Il Dott. Nicolò Cavalcanti di Verbicaro, Presidente dell’Associazione promotrice, ci ha fornito alcune informazioni sul convegno: “Il 1 dicembre 2010 segna il primo anniversario da quando il Trattato di Lisbona di riforma dell’Unione Europea è entrato in vigore. Le Facoltà delle Scienze sociali dell’Università Roma Tre (Economia – Giurisprudenza – Scienze politiche) hanno deciso di prendere spunto da questa ricorrenza per procedere insieme a una riflessione e organizzare a questo fine un convegno intitolato, per l’appunto, “L’Europa a un anno dal Trattato di Lisbona”. Il convegno vuole cogliere sotto il profilo interdisciplinare dell’economia, del diritto e della scienza politica alcune problematiche essenziali con le quali l’Europa è chiamata a  confrontarsi nell’attuale contesto, per vari aspetti critico e complesso, degli assetti mondiali, nonché, a seguire, all’interno dell’Europa e degli Stati che la compongono. E’ questo il motivo per il quale abbiamo invitato studiosi, personalità istituzionali che hanno vissuto, vivono o sono importanti testimoni della attuale fase di sviluppo dell’Europa a presentare le proprie considerazioni al convegno”.

On. Marco Scurria

Di particolare interesse, la presenza dell‘On. Marco Scurria, europarlamentare, membro della Commissione Cultura e della Commissione per i rapporti con l’Iran del Parlamento Europeo, nonché relatore della legge istitutiva dell’Anno Europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva. L’abbiamo avvicinato al termine del suo intervento introduttivo.

Onorevole Scurria, qual è il suo bilancio, a un anno dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona?
Il Trattato è una grande opportunità. Senza questo trattato, l’Europa sarebbe stata oggi più povera, a rischio, anche di fronte a una serie di crisi internazionali, quella finanziaria, quella economica, ma anche quella politica. Oggi, solo il Trattato di Lisbona permette di affrontare queste crisi e permette al tempo stesso di far sentire l’Unione Europea più vicina ai cittadini.

Il Trattato nasce però come un provvedimento sostitutivo della Costituzione Europea che non si è riusciti ad approvare. Voi che operate nei corridoi di Bruxelles e Strasburgo, avete percezione del se e del quando si potrà giungere alla stesura di una testo di Costituzione condivisa da tutti?
Vede, non credo sia molto importante soffermarsi sui nomi. Quello che è importante, soprattutto in Europa, è la sostanza. Un qualsiasi processo che permetta di sentire 27 Stati, magari domani saranno di più, oggi mezzo miliardo di cittadini, più uniti anche sotto valori comuni (e normalmente una Costituzione mette sicuramente in rilievo proprio questo nella sua prima parte) è certamente importante. Se poi si chiamerà ‘Costituzione’, o se ci fermiamo al Trattato di Lisbona, questo non è importante. L’importante è capire dove vogliamo andare e quindi quali sono le direttive politiche sulle quali l’Europa si vuole incamminare”.

Lei oggi parlerà di una legge, della quale tra l’altro è relatore, che tratta di volontariato e cittadinanza attiva. Si parla in particolare di solidarietà e non discriminazione. A suo giudizio, qual è la situazione in Italia riguardo a questi due ultimi aspetti?
Penso che su questo tema siamo all’avanguardia in Europa. Tutti i Paesi guardano all’esperienza italiana, perché il modello di solidarietà e volontariato esistente in Italia, il suo modello di sussidiarietà e quindi di partecipazione, anche tra pubblico e privato, in particolare privato no profit, è qualcosa cui guardano anche e soprattutto i Paesi dell’est, i quali, anche per motivi contingenti, quali il muro di Berlino e il regime comunista vigente fino a 20 anni fa, non avevano alcun tipo di organizzazione della società civile. Quindi, in questo il nostro sistema viene visto come qualcosa cui ispirarsi.

On. Marco Scurria

In qualità di membro della Commissione del Parlamento Europeo per i rapporti con l’Iran, Lei gode, rispetto agli altri, di una posizione privilegiata: un Iran nucleare e un suo conseguente ruolo nella regione, preoccupa?
Preoccupa molto. Intanto, qualunque Paese che sviluppa l’energia nucleare per fini anche militari e politici preoccupa. In particolare se ha ripetutamente, per bocca dei suoi leader politici e religiosi, paventato la cancellazione di un altro Paese, quello di Israele, dalla cartina geografica. Preoccupa perché è un Paese in cui la democrazia è ancora un sogno lontano e perché non è un caso che anche molti Paesi arabi, come abbiamo avuto occasione di leggere e di ascoltare, vedono nell’Iran un pericolo per la pace mondiale.

Però Ahmadinejad dice che i paesi confinanti con l’Iran sono tutti amici e che le notizie sulla propria nazione sono fabbricate ad arte dagli Stati Uniti…
Ecco, dobbiamo solo stabilire se quello che leggiamo è vero o meno. Penso che, proprio perché i Paesi arabi conoscono la realtà, si possano considerare equilibrati. Certo, alcuni sono democratici, in altri il livello di democrazia può migliorare, ma comunque tutti in quell’area respirano la tensione che le dichiarazioni e le attività dell’Iran evidentemente manifestano, dall’appoggio ad alcune forme di terrorismo internazionale, ad alcuni estremismi in alcune regioni già calde, ovviamente il riferimento è al Libano, alla Palestina, a Israele, e anche a ciò che non sta accadendo all’interno dell’Iran. Al Parlamento Europeo abbiamo ospitato e stiamo ospitando una serie di interlocutori credibili della cosiddetta minoranza iraniana, difensori dei diritti civili, che non sono riconosciuti; c’è la vicenda della pena di morte, dell’uccisione di una ragazza come Neda, della condanna di Sakineh, ci sono le lapidazioni, ovvero una forma di condanna a morte, che di per sé è sempre orribile, ma che lo è ancor di più, talvolta per reati opinabili. Quindi, mi sembra che qualunque Paese possa leggere nell’Iran, per lo meno, una forma di instabilità.


SCRIVI UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome

- Advertisment -

più popolari