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Il noise strepitoso di Lightning Bolt e Zu sull'isola che c'è

Ieri sera il palco due protagonisti d’eccezione, che insieme hanno rotto le barriere della musica canonica, e dato uno scossone sonoro alla lineup del festival estivo Villa Ada Incontra Il Mondo.

Gli Zu arrivano, come sempre, come un fulmine a ciel sereno. Ad aspettarli c’è chi come me ha già idea della potenza del loro sound – e per questo freme già da subito – ma ne rimane folgorato ogni volta come se fosse sempre la prima. La  noise band di Ostia, formatasi nel 1997 dalle ceneri dei Gronge, band degli anni Ottanta che dagli anni Ottanta ha ereditato ben poco, se non la lungimiranza, subisce alcuni cambi di batteria nel tempo, con musicisti di fama internazionale, mentre vede fissi Luca Mai al Sax baritono e Massimo Pupillo al basso. Molte le collaborazioni con artisti come Mike Patton, The Melvins, Dälek, Jim O ‘Rourke, NoMeansNo, Peter Brötzmann, Eugene S. Robinson, Steve MacKay, The Ex, Thurston Moore. Fino ad oggi il gruppo ha inciso 14 album, inclusi due live e tre split, e suonato in festival in Europa, America, Asia ed Africa.

Il trio sale sul palco e ci inonda con il loro consueto impatto sonoro unito alle atmosfere cupe e alle dissonanze tonali create dal Sax. Quello che all’apparenza potrebbe sembrare un suono indecifrabile, che non segue un filo logico, è in realtà una coordinazione incredibile di questi tre strumenti che pare che si inseguano, si lascino violentemente, si ricongiungano in momenti di pace, e poi tornino a fare la guerra.

Gli Zu depongono le armi lasciandoci frastornati come di consueto, per lasciare il posto ad un’altra noise band, il duo di Rhode Island, i Lighning Bolt, ovvero il batterista Brian Chippendale e il bassista Brian Gibson. Se con gli Zu pensavamo di aver toccato il culmine dell’impatto sonoro, ancora non sapevamo cosa i Lightning Bolt avevano da offrirci. Non a caso le loro performances vengono chiamate guerrilla gigs. Il loro sound è caratterizzato dalla distorsione del basso, accordato come un violoncello, e dalle percussioni frenetiche, unite a liriche molto spesso incomprensibili, provenienti da un microfono che Brian Chippendale tiene attaccato alla bocca tramite una maschera colorata che gli copre il volto durante le sessioni live. Il risultato è qualcosa di incredibile, una scarica di energia coinvolgente, che ti fa sudare da fermo. Sempre che sia possibile rimanere fermi. “Fantasy Impero” è il loro sesto album e nei brani che eseguono ritroviamo il ritmo e la potenza che da sempre caratterizza la band.

Tutto in questa band è disorientante. A partire dall’ aspetto di  Brian Gibson, che sembra il ragazzo della porta accanto, tranquillo, pacato, ma in grado di creare un livello di loudness difficile da immaginare per un solo strumento. Per arrivare, dall’altro lato, alla figura di Brian Chippendale, brutale sulla batteria, quasi animalesco, che lascia interdetti quando più volte durante il concerto è costretto a togliersi la maschera per riacquistare fiato e ci mostra un viso tutt’ altro che grottesco, ma anzi cordiale e divertito.

Insomma, questo appuntamento a Villa Ada è quasi come un viaggio dentro una lavatrice. Se ne esce strizzati, un po’ disorientati, ma con la sensazione che tutto sia al suo posto, e la consapevolezza che tutto quel vorticare abbia un suo ordine ben preciso, una sua armonia, una storia interessante da raccontare. Basta solo saper leggere.

di Giorgia Atzeni

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