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Aria di "Rivoluzione sentimentale". Intervista alla scrittrice Viola Ardone

“Questa mia generazione vuole nuovi valori/ E ho già sentito Aria di rivoluzione”, così cantava Franco Battiato nei primi anni settanta. Tutti hanno diritto ad una propria rivoluzione, al desiderio di realizzarla, anche Zelda, la bella ricercatrice universitaria di buona famiglia nata dalla penna inquieta di Viola Ardone. Scrittrice napoletana, classe 1974, laureata in lettere moderne, Ardone, una lunga esperienza come redattrice e autrice di testi scolastici, attualmente insegna italiano e latino al liceo scientifico. Dopo quattro anni dal suo esordio letterario con “La ricetta del cuore in subbuglio” (Salani), pubblica il suo secondo romanzo “Una rivoluzione sentimentale” (Salani). Zelda aspira a diventare scrittrice, ma poi finisce invece per diventare insegnante a Scogliano, nella desolata periferia napoletana. Due mondi apparentemente ostili e distanti cominciano a contaminarsi, nell’unico modo possibile, il coraggio di amare e di credere in sé stessi e nel cambiamento che possiamo portare nel mondo. Un desiderio necessario e imprescindibile tanto da divenire addirittura un personaggio, Donnie Tammaro.  Così Zelda che pensava di non aver nulla da insegnare accenderà nei suoi alunni quel desiderio, che li porterà a scegliere la loro piccola “rivoluzione” organizzando lo sciopero contro l’inceneritore che avvelena la loro terra. Prima o poi, se la desideri davvero, la rivoluzione arriva. E tutti hanno diritto ad una Rivoluzione.
Abbiamo rivolto all’autrice alcune domande sul suo ultimo romanzo.
Quando è nata la sua passione per la scrittura e quali sono i suoi autori di riferimento?
“In principio era il verbo”, è scritto. Per me in principio era la parola stampata su carta, quell’oracolo misterioso e indecifrabile che da bambina mi incuriosiva e mi attraeva. Forse perché costituiva un elemento di separazione dal mondo dei grandi, una pellicola, quella della pagina scritta, che catturava la loro attenzione portandola lontano da me, facendo sparire il loro sguardo nell’angolo acuto formato dall’intersezione tra copertina e quarta. Ero gelosa dei libri! Volevo anche io, tutto per me, quello sguardo sognante, avido, commosso, interessato… È così, appena ho iniziato a leggere e a scrivere, ho deciso che avrei affrontato il “nemico” sul suo stesso terreno. Avrei scritto anche io un libro!
Scrissi quattro pagine, con caratteri incerti e tremolanti, disegnai la copertina e ci piazzai il mio nome sopra… È stato il mio “esordio”. Avevo sette anni. Un successo di pubblico e critica: mamma e papà apprezzarono molto lo sforzo!
Nel suo secondo romanzo “Una Rivoluzione Sentimentale” racconta la storia di una ricercatrice universitaria che, suo malgrado, si ritrova a fare l’insegnante di lettere in un liceo di provincia. Come è nata l’ispirazione di scrivere questo libro?
È una storia vera, anche se non la mia. È la storia di tantissimi colleghi che hanno seguito per anni la trafila del precariato universitario, hanno fatto ricerca, hanno tenuto corsi, hanno esaminato gli studenti, corretto tesi ai laureandi, scritto articoli che venivano pubblicati poi a nome dei “Professori” universitari con i quali collaboravano. Poi, dopo anni di lavoro, hanno scoperto che l’università non aveva posto per loro. Hanno scoperto che quello che credevano fosse il loro posto era in realtà il posto di qualcun altro: un parente, un amico, un figlio di un docente universitario, “predestinato” all’insegnamento. E, per fortuna, questi docenti rigettati dall’Università vengono accolti dalla scuola. Per fortuna della scuola, che si arricchisce di insegnanti colti e talentuosi, e per fortuna anche loro, perché insegnare è una professione meravigliosa e la scuola è un luogo magico ed emozionante, dove ogni giorno può accadere una piccola rivoluzione.
Quanto c’è di Viola Ardone nella protagonista Zelda Desiderato?
Il romanzo è ambientato nella scuola e io sono un’insegnante. Avevo bisogno che la protagonista non mi somigliasse per niente e che la scuola descritta fosse diversa da quella dove insegno io. Così mi sono ispirata a un personaggio che amo molto, Zelda Fitzgerald, la bellissima e complicata moglie di Scott Fitzgerald, lo scrittore del Grande Gatsby e di Tenera è la notte. Anche Zelda scriveva. Era una donna seducente e di grande intelligenza, ma allo stesso tempo anche dura e indecifrabile. È così che ho iniziato a fantasticare sul personaggio del mio romanzo… Poi, inevitabilmente, quando si scrive intensamente di qualcuno o qualcosa si finisce per scivolarci dentro. E, dentro Zelda, ci è scivolata anche un po’ di Viola.
“È più difficile imparare a fallire che a vincere. La scuola non deve essere un torneo ma una palestra. È questa la vera Rivoluzione”, può spiegarci cosa intende dire?
La scuola, ultimamente, soffre di ansia da prestazione. Le parole d’ordine sembrano essere diventate: “misurare”, “valutare”, “monitorare”. Schiacciare tutti gli alunni su un di un foglio di carta millimetrata e segnare tacche, mese dopo mese, anno dopo anno, fino ad ottenere un grafico dei risultati ottenuti, delle prestazioni fornite. La scuola vuole insegnare a vincere, a ottenere sempre di più, a saltare più in alto, a totalizzare più punti. Ma chi insegnerà a questi ragazzi a perdere, a fare i conti con i propri limiti, con il fallimento, che inevitabilmente, prima o poi, si insinua nelle nostre vite?
Donnie Tammaro è un compagno invisibile e alunno modello della V Q, che incarna quella voglia di rivoluzione e di cambiamento. Come nasce l’idea di questo personaggio?
Donnie Tammaro è il lusso dell’utopia, che la scuola deve continuare a concedersi. Perché non tutto quello che avviene tra le mura di una classe è quantificabile, relazionabile, descrivibile secondo i criteri della stretta logica. Questo alunno immaginario dal nome improbabile, Donnie Tammaro, un po’ da film americano, un po’ da provincia napoletana, si è intrufolato nella storia con una forza tutta sua e quasi senza chiedere il permesso all’autrice, fino a diventare il simbolo di ogni Rivoluzione, quelle possibili e quelle impossibili, quelle realizzabili e quelle che vivranno solo nel mondo della fantasia.
Riferendosi al sistema educativo, Oscar Wilde ha scritto: “Insegniamo alla gente a ricordare, non le insegniamo mai a crescere”. Qual è la sua opinione sull’attuale condizione dell’istituzione scolastica e sul ruolo che dovrebbe avere oggi un insegnante?
Mi piace immaginare la scuola come un sistema di vasi comunicanti in cui tutti donano e tutti ricevono qualcosa. Imparano gli alunni, imparano gli insegnanti. In questo complicatissimo e delicato sistema, i docenti sono come tubi che portano acqua: c’è chi ne porta di più, chi ne porta di meno. Ma qualcosa passa sempre. Come alunna, credo di aver imparato qualcosa da ogni insegnante che ho avuto, anche da quelli che non mi hanno insegnato niente. Crescere, dice bene Wilde, non significa ricordare, ma essere capaci di apprendere e di sapersi trovare i propri maestri.
di Anna Esposito
Viola Ardone, “Una rivoluzione sentimentale”, pagg. 250, Prezzo 14,90 €, Salani, 2016

 

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