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Alfie: un viaggio emozionale tra le profondità dell’anima

Un’arte che tira fuori il senso profondo dell’anima attraverso un percorso emozionale tra le tele di Alfredo Tramutoli, in arte Alfie.  Quarantunenne, fa dei numeri il suo lavoro e passa le notti con i pennelli in mano. I suoi dipinti sono un’esplosione di energia, dal realismo di corpi e mani come rappresentazione di una realtà viva fino a rullate irrazionali di colori accesi, rivelando il pensiero prima dell’uomo, poi dell’artista. Da venerdì 6 dicembre e fino al 13 dicembre saranno esposte le sue opere nella Galleria Arte in Regola di Via dei Cappellari 92 a Roma. Sabato 7 dicembre dalle ore 17.00 fino alle 21.00 il vernissage di inaugurazione con un live painting dell’artista. Lo abbiamo intervistato per Italia Magazine:

  • Chi sono Alfredo Tramutoli e Alfie?

Penso che in ognuno di noi ci sia una parte razionale ed una irrazionale che vanno soddisfatte e nutrite come penso anche che dalla loro contrapposizione e continuo rincorrersi, nasca  un bisogno di creatività o di esprimere messaggi interiori che ognuno porta con sé.  Quindi direi che Alfredo e Alfie sono “me stesso” che fa una partita a tennis con i pensieri.
Da un lato quelli razionali, abituati al rispetto delle regole, educati e col “nodo alla gola” della cravatta, dei compromessi con gli istinti e che ti fanno vivere il reale nel riguardo della società, che portano anche all’agire ad un senso del “fare”.
Dall’altro quelli che vogliono rompere quelle regole, che vedono poesie a colori ovunque, a tratti silenziosamente maleducati, pacificamente violenti e poco coerenti che mi fanno sognare, immaginare, dipingere mille tele nella testa. Dunque non potendo cambiare all’anagrafe il mio nome e cognome facilmente, ho chiamato questo pigro sognatore “Alfie”.

  • Come nasce e in che modo riesce a conciliare la sua natura artistica con l’attività lavorativa? 

Difficile. All’inizio e in alcuni momenti, ho pensato di mollare la natura artistica. L’educazione mi ha spinto a condurre una vita basata sul rischio zero , sul senso del dovere anche dove non motivato, alla serietà borghese di stampo pasoliniano.
La “conciliazione” e il superamento di questi momenti è avvenuto quando ho realizzato che il vero denaro di oggi è il tempo. Il tempo che ti arricchisce l’anima e ti mette di buon umore. Quello che passa veloce e ti fa star sveglio la notte rinunciando al sonno. Quello che trascorro tra tele pennelli, olio e trementina insomma.
Dico sempre che tanto denaro e poco tempo fanno una Ferrari impolverata in garage. Poco denaro e tanto tempo, quello buono, portano con altissima probabilità, la serenità di non desiderare una Ferrari.

  • Ha organizzato un live painting in galleria. Di che si tratta?

La pittura è di base un incontro con la propria solitudine e la propria fantasia di qualsiasi genere essa sia. È una passione da Pink Floyd nelle orecchie, un silenzioso oban e spazi bianchi da riempire o lasciare così come pause tra i colori. Fare un live painting è una sfida ammiccante e che soddisfa da un lato il mio amore per la condivisione e allo stesso tempo potrebbe rendere “utile” la mia solitudine intrattenendo, divertendo e magari emozionando.

  • Come nascono i suoi quadri?

Sono convinto che un bravo pittore prima di raccontare il mondo interpretandolo con i suoi occhi, debba essere in grado di riprodurre su carta o tela il mondo così come lo vediamo tutti.
Picasso diceva che a quattro anni dipingeva come Raffaello ed ha impiegato una vita per dipingere come un bambino, oppure Klimt prima  di essere il re dell’astrattismo faceva ritratti come fotografie.
Quindi, senza affatto volermi paragonare a tali giganti dell’arte, all’inizio è nato come un gioco autodidatta di disegnare la realtà, gioco mescolato sicuramente ad un bisogno di esprimere  un’irrequietezza, dalla provenienza indeterminata, che passando per la scrittura, il tango e una breve esperienza teatrale, quasi richiamato dalle matite, dai pennelli e dai colori, mi ha fatto riprodurre freneticamente cavalli, mani e corpi.
Oggi nascono quadri non appena vedo il mondo che mi emoziona. Il tutto avviene naturalmente con il vantaggio di poter immortalare con il cellulare il momento giusto.

  • I suoi dipinti richiamano qualcosa di profondo, come un percorso esperienziale di un’arte che passa dai corpi per toccarne l’anima: c’è dentro la sua o vuole parlare a quella dell’osservatore?

Mi piace pensare che il cervello sia uno strumento che riceva un senso alla volta ma che sia l’anima a mischiarli tutti contemporaneamente. Mi piace pensare che tutti i corpi siano diversi ma che l’anima sia fatta della stessa sostanza. Rispondendo quindi alla domanda dico entrambe le cose perchè se un mio quadro riesce ad emozionare i sensi di un’anima certamente dentro quella tela c’è una parte della mia.

  • Come si fa a toccare l’anima attraverso la pittura?

Vorrei trasmettere un sentimento attraverso la materia. Vorrei essere degno di emozionare come hanno fatto con me scrittori, scultori, musicisti. Si dipinge da soli, ripeto, e dietro ogni ispirazione, dentro ogni tela c’è desiderio di esprimere un sentimento, non di rappresentare solo la realtà. Mi capita di ricevere complimenti o di trovarmi d’accordo sul quadro preferito con persone con cui c’è una sintonia immediata pur avendole conosciute pochi minuti prima!
Perché non pensare allora che accanto alla crescita tecnologica del genere umano, l’arte in tutte le sue forme, non lo faccia crescere in un sentimento universale, comune e che, in qualche modo, ci nobiliti? Penso al testo di “Immagine” allora e mi viene da sorridere.
Non so se la mia sia arte o non lo sia né pretendo che lo diventi, per ora, è un “demone” che deve sfogarsi in qualche maniera. È un bisogno privato non procrastinabile.

  • Cosa, di un dipinto, mette a nudo la sua personalità artistica?

Certamente una sensibilità spiccata e una ricerca della bellezza. Molto spesso però, quest’ultima cosa non so se mi riesce bene. A volte mi capita di sbagliare una pennellata ma quella subito dopo le da un senso e creo così nell’errore qualcosa che mi emoziona, una visione che era lì nascosta alla mia razionalità, invisibile all’occhio. Forse in quel momento, per un fenomeno sconosciuto prende controllo assoluto delle mani solo la parte destra del cervello che dicono essere quella collegata all’arte in cui abita Alfie riprendendo il discorso di prima.

  • Ha qualche mentore artistico o qualche artista a cui si ispira?

Non ho mentori, sono autodidatta e mi baso ad oggi molto sull’istinto. Ho pensato di iscrivermi a seminari o a corsi ma a volte, temo che studiare la tecnica annebbi l’impulso creativo. Mentori del passato? David Caspar Friedrich e i suoi quadri “sturmer” mi hanno dato il LA certamente. Oggi ci sono artisti a livello mondiale che mi migliorano dentro quando vedo le loro opere. Due nomi? Costa Dvorezky, Henrik Aarrestad Uldalen. Ma tanti altri…tantissimi

  • Come è arrivato ad esibire una mostra nel centro di Roma?

Una coincidenza scaturita dall’aver chiesto alla mia compagna di comprarmi dei pennelli. Degli eventi a catena poi, mi hanno fatto conoscere artisti bravissimi e l’art promoter Luigi Rosa che mi accompagnerà in questa mia prima mostra personale. Se penso che in questa vita mi sono laureato in economia mi sembra tutto ironico. Ma non è mai troppo tardi per nulla e per nessuno. Appena Laureato,  pensai che sarei diventato un uomo grigio, che indossava scarpe grigie, per camminare su strade grigie, che sarebbe entrato in uffici grigi con schermi con una foto dei Caraibi e  che poi quando alzava la testa per vedere il tuo cielo azzurro, si accorgeva che una nuvola grigia delle dimensioni del sud America l’aveva appena cancellato, ma mai avrei pensato un giorno di arrivare fino a qui col rischio di emozionarvi!
di Mario Masi

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