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Al Teatro Arcimboldi Milano è tempo di David Bowie

Dal 2 Aprile a Milano è tempo di David Bowie. Una retrospettiva carica di dettagli e ricostruzioni che raccontano la straordinaria avventura di David Bowie, dopo il suo ritorno in Europa a metà degli anni 70.

Dopo il grande successo delle mostre dedicate a Claude Monet, Banksy e alla Street  Art, l’Arte torna a essere protagonista del cartellone del TAM Teatro Arcimboldi Milano con la mostra David Bowie the Passenger. By Andrew Kent.  Con l’allestimento scenografico in uno dei foyer del teatro, la mostra racconta,  attraverso le immagini e le memorie del fotografo americano Andrew Kent, un  periodo ben preciso nella vita di David Bowie.

Tra il 1975 e il 1976, infatti, Bowie decide di lasciarsi alle spalle l’esperienza  americana, culminata con il successo di un LP come Young Americans e le riprese  del film L’uomo che cadde sulla terra, per tornare nella nativa Europa e rifondare la  sua carriera.

Qualche tempo prima di morire Bowie disse che, nonostante vivesse a NY da anni,  si sentiva profondamente europeo. Deve aver provato lo stesso sentimento a metà degli anni Settanta quando tentava di sopravvivere a Los Angeles tra esoterismo, magia nera e cocaina.

©Andrew Kent

Quest’ultima lo stava facendo implodere proprio all’apice del  successo americano e Bowie cercava conforto in Addio a Berlino, il romanzo di  Christopher Isherwood ambientato durante la Repubblica di Weimar, nel suo lavoro e nella musica dei Kraftwerk. Sono questi fattori importanti che spingono Bowie ad  immaginare il proprio ritorno in Europa.

Berlino era la città prescelta, nonostante a Londra – la sua città natale – ci fossero i  segnali di un’altra rivoluzione imminente: il Punk. L’ex-capitale del Terzo Reich non  poteva non esercitare un fascino discreto su Bowie anche per via del muro che divideva due mondi: Est e Ovest, Capitalismo e Comunismo. Una frontiera costruita  nel cuore della città a creare una frizione costante, nella quale artisti come lui trovavano ispirazione.

Durante il tour promozionale del suo ultimo album, Station to Station, Bowie era  diventato “The Thin White Duke” ovvero “Il Sottile Duca Bianco”: un elegante,  sofisticato, pallido – ed eccessivamente scavato in viso – crooner con camicia bianca,  panciotto e pantaloni neri.

Un antistyle per eccellenza che nasceva dalla mente non  convenzionale di un artista che aveva espanso i confini del pop, introducendo nuovi  elementi come la performance, costumi di scena che avrebbero influenzato la  moda, la letteratura, la politica e una teatralità prima sconosciuta in quel contesto.

Le fotografie e le testimonianze di Andrew Kent che compongono questa mostra  raccontano quel periodo concitato nel quale tutto stava di nuovo cambiando sia per Bowie che per il mondo attorno a lui.

Non solo foto da palco, quindi, ma anche testimonianze di quel frenetico viaggiare,  soprattutto in treno e nave (Bowie infatti detestava volare in quegli anni) per raggiungere quei luoghi dove la maggior parte delle persone comuni non poteva andare, come ad esempio il Blocco Sovietico.

©Andrew Kent

Bowie aveva già visitato Mosca nel  1973, ma durante una pausa del segmento europeo dell’Isolar Tour, il tour  promozionale di Station to Station, annuncia al suo entourage che vuole raggiungere di nuovo la capitale russa. Sarà Andrew Kent a occuparsi dei visti per  accedere all’Unione Sovietica. Di quel breve soggiorno rimangono le fotografie  incluse nel percorso della mostra a restituirci un istante unico. Si tratta di snapshot  e qualche foto in posa – davanti al Cremlino o al Mausoleo di Lenin – di un istante  unico nel quale la fame di onniscienza che alimentava la mente di Bowie, lo stava  preparando per Low, Heroes e Lodger: La Trilogia di Berlino.

Nella ex-capitale del Terzo Reich Bowie, assieme ad Iggy Pop, avrebbe scritto e  registrato alcuni dei sui album piiù importanti e influenti. Musica europea: decadente, morbosa, malinconica e rarefatta in alcuni casi. La Cortina di Ferro e il  Muro di Berlino attrassero Bowie e lo stimolarono a produrre la sua ennesima  rivoluzione, nel tentativo appunto di cambiare il mondo e il suo mondo. Due anni  dopo, se ne sarebbe di nuovo andato, non senza aver prima dato tutto, come  ricorda lo stesso Kent. Alla fine dei conti, come canta in Be my Wife (Low, 1976)  “I’ve lived all over the world… I’ve left every place”.

La mostra “David Bowie the Passenger. By Andrew Kent”, è un’anteprima  italiana, e si compone di 60 scatti, diversi cimeli e documenti originali provenienti  dall’archivio di Kent.

Accanto al percorso fotografico verranno fedelmente e  filologicamente ricostruiti gli ambienti protagonisti della avventura Europea di Bowie a metà degli anni ’70: dal vagone del treno che lo portò fino a Mosca, alla  sua stanza di albergo a Parigi. E ancora abiti, microfoni, macchine fotografiche, dischi, modellini, manifesti, memorabilia varia e proiezioni completano la mostra  accompagnando il visitatore in un viaggio spettacolare ed immersivo all’interno di  una delle parentesi più affascinanti della carriera dell’icona della cultura popolare.

Oltre altre all’aspetto emozionale, la mostra è anche occasione di  approfondimento, sia per il grande pubblico che per i fan più appassionati: con  un’analisi scientifica condotta attraverso le memorie di Andrew Kent, infatti, è stato  possibile ricostruire fatti fino ad ora poco conosciuti e svelare dettagli inediti della carriera di Bowie.

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