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Chiara Narracci: A star bene si impara!

E’ possibile imparare a gestire noi stessi e le nostre relazioni in un periodo storico caratterizzato da una eccessiva emotività? Chiara Narracci: A star bene si impara!

Chiara Narracci affronta l’argomento nel suo ultimo libroA star bene si impara!.

La prima parte del libro è una “guida per amarsi”, nata dal desiderio dell’autrice di diffondere la cultura della relazione, partendo dall’amore per noi stessi.

Alla fine di ogni capitolo c’è una sezione dedicata agli esercizi da compilare e delle pagine vuote riservate dove il lettore può riportare ai propri pensieri. La seconda parte del libro è dedicato alla favole, non solo per bambini, per tutti.

Ne parliamo con l’autrice.

1) Quanto è importante conoscere le dinamiche relazionali della propria famiglia? 

Conoscere la propria storia di vita e le relative dinamiche relazionali è fondamentale per comprendere, perdonare le mancanze ricevute e per darsi il permesso di cambiare, scegliendo di volta in volta come muoversi.

Senza questo passaggio di consapevolezza si tende a ripetere modalità istintive, legate all’infanzia, con la pretesa antica di essere accettati dagli altri pur essendo in quei momenti non amabili.

2) Come possiamo prenderci cura del nostro mondo emotivo? E perchè tendiamo a decodificare istintivamente gli eventi con le percezioni di quando eravamo bambini?

In tanti anni di esperienza come consulente e mediatore familiare posso dire con certezza che ciò che ci destabilizza ad ogni età è il mondo emotivo, il quale ha subito un imprinting la prima volta che si sono presentate le emozioni, non solo a livello di volume con il quale le percepiamo e istintivamente le agiamo ma anche nella pretesa che sia qualcun’altro a rassicurarci, come nell’infanzia erano le figure di riferimento.

Possiamo però imparare a rassicurarci da soli non ascoltando i pensieri disturbanti e dicendo a noi stessi ciò che ci vorremmo sentir dire dagli altri.

Viceversa continueremo a pretendere dagli altri ciò che noi per primi non diamo a noi stessi, facendoli sentire ingiustamente non in grado di starci vicino.

Imparare ad osservarsi, ascoltarsi, conoscersi e rispettarsi scegliendo di volta in volta come comportarci, anche solo ponendoci semplici domande come: cosa senti? Cosa pensi? È buono per te? Aiuta a mettersi a fuoco e a gestirsi con maggiore autonomia relazionale.

4) Nel libro si sofferma anche su come comunicare efficacemente le proprie emozioni? Cosa è necessario evitare?

Parto dal presupposto che non ci insegnano a comunicare, abbiamo infatti tanta paura ad esporci e ad investire a livello autentico nelle relazioni. Ma non farlo porta alla solitudine anche nelle relazioni. La comunicazione è efficace quando si impara a darsi una voce parlando in prima persona, assumendosi quindi la responsabilità di cosa sentiamo e di cosa pensiamo rispetto a certi comportamenti o situazioni che viviamo.

Aiuta a rispettarsi e a rispettare la relazione con l’altro, per la quale è infatti importante non puntare il dito contro ma chiedere come mai? Tu cosa ne pensi? Tu cosa provi? Apre le porte del dialogo caratterizzato dall’interesse per l’altra persona e per sua percezione della realtà. L’altro non sta lì per assecondare le nostre aspettative ma per esser rispettato, ascoltato e considerato da noi.

Nel libro indico quali sono le regole di base della comunicazione ed indico quali sono gli errori da evitare, primo fra tutto le generalizzazioni perché non sono ancorate alla realtà pertanto non fanno sentire visti. Nessuno è sempre pigro, mai gentile, ecc. Deformano pertanto la percezione della realtà ed ingigantiscono i problemi fissandoli in una dimensione indefinita, senza tempo… senza via di fuga!

5) Perché le favole? 

Perché creano intimità.  Sintonizzano le persone al livello emotivo, normalizzandolo e rendendolo gestibile perché parlano direttamente al cuore. Nel libro ho indicato il significato socio pedagogico per ogni favola presente, nel quale esplicito sia il messaggio di fiducia nelle risorse dei piccoli per uscire dai problemi sia il messaggio per gli adulti di lasciare maggior  libertà ai piccoli di imparare a muoversi.

Viviamo infatti in un’epoca storica caratterizzata dall’iperprotezione genitoriale, anche nelle vesti della delega il controllo è spesso opprimente per i figli ai quali lasciamo sempre meno spazio e tempo per dimostrare a loro stesso di cavarmela, ledendo la loro autostima ed amplificando l’ansia e la paura di non farcela da soli.

di Mario Masi

Chiara Narracci

Narracci

 

Chiara Narracci

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