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Luca Buonaguidi: la poesia è la madre della psicologia

È impossibile quindi parlare di psicologia senza parlare di poesia, l'origine stessa della parola "psicologia" indica già il suo legame con la poesia come un "discorso sull'anima", che invero appartiene ai poeti prima che agli psicologi e non solo.

Luca Buonaguidi con ‘POESIA E PSICHE – dall’ispirazione poetica alla terapia della poesia‘ realizza un sogno costruito con anni di ricerche e studi, fatto di intuizioni e citazioni inedite. Un manuale a tutti gli effetti. “Questo libro è dedicato ai poeti -spiega l’autore – consigliato a chiunque si sia chiesto da dove vengano le poesie e a chi utilizza la scrittura come espressione di sé, necessario per coloro che con l’elemento poetico del linguaggio si prendono cura degli altri.”

Se la psicologia nasce dalla poesia e non viceversa, vanno considerati scenari prima sottovalutati sul prendersi cura delle persone e delle parole.

Luca Buonaguidi, psicologo, membro del comitato scientifico della redazione di PoetryTherapy Italia, utilizza quotidianamente la poesia nella clinica.

Quando la Poesia può risultare terapeutica?

In tutte le condizioni in cui la persona possa beneficiare dell’espressione del proprio vissuto profondo. Chiariamo subito che per poesia si intendono anche canzoni, lettere, eccetera perché non è una questione di forma ma di sostanza: usare le parole per dire se stessi. In tal senso, nella prassi clinica odierna la poesia è utilizzata soprattutto come terapia ausiliaria a terapie già in essere. La poesia da sola difficilmente basta a prendersi cura del disagio della persona, ma è altrettanto vero che faremmo prima a dire quando non è consigliabile usarla in tal senso. Son poche eccezioni ma di rilievo clinico, ciò fa sì che resti materia da maneggiare con attenzione e conoscenza profonda della parola e del prendersi cura se declinata in ottica terapeutica.

Che rapporto c’è fra Poesia e Psicologia?

La psicologia è una scienza che i poeti cantano dalla notte dei tempi. La poesia precede la scienza, la nascita della coscienza e, secondo alcune mitologie, la nostra stessa esistenza. È impossibile quindi parlare di psicologia senza parlare di poesia, l’origine stessa della parola “psicologia” indica già il suo legame con la poesia come un “discorso sull’anima”, che invero appartiene ai poeti prima che agli psicologi e non solo.
La psicologia è stata scoperta per mezzo della poesia: Freud era alle prese con un problema clinico e ha utilizzato un poema classico di 2500 anni prima per risolverlo. “Non io ma il poeta ha scoperto l’inconscio”, disse infatti, nasce così la psicoanalisi.

Dopo di lui tutti i più grandi psicologi del XX secolo si sono occupati di poesia, è un debito originario che oggi troppi colleghi ignorano. Compito del mio libro è riaffermare questa relazione antica, rovesciata rispetto a quanto si è portati a pensare. La poesia non è uno strumento della psicologia, ben prima che esistessero gli psicologi i poeti aiutarono le persone ad affrontare le loro emozioni più profonde attraverso le loro opere e tale utilizzo è testimoniato presso qualsiasi cultura ed epoca storica. Oltre che dagli stessi poeti in prima persona, come Mario Luzi: “il poeta è anche un diagnostico. Uno che, con lo sguardo improvviso, può cogliere la sostanza dubbia che ad altri sfugge”.

La poesia è la madre della psicologia, è sentire e capire insieme, è un fossile vivente di ciò che fummo e, nonostante la mente, continuiamo ad essere.

Come nascono e quali sono gli sviluppi della poetry therapy?

Fin dall’antichità la cura medica e le cerimonie di purificazione venivano officiate per mezzo della poesia. In ogni epoca sono rinvenibili segni della potenzialità terapeutica che oggi è stata finalmente colta e designata nel XX secolo negli Stati Uniti sotto il nome di poetry therapy. Questa neonata disciplina si basa sulla premessa antica che la scrittura e la lettura di poesie abbia proprietà curative, ma la poesia terapia è solo la manifestazione recente di questo fossile prescientifico: l’utilizzo clinico, terapeutico della poesia è rinvenibile a partire dall’Egitto del 4000 a.C., quando medici e sacerdoti non solo raccomandano la lettura dei canti poetici per guarire gli invasati, ma per un effetto più rapido imbevono i papiri con una soluzione che permettesse di ingerirli.

Quattromila anni dopo, nel I secolo d.C., a Efeso, Alessandria e Roma il medico Sorano tratta i disturbi mentali facendo recitare versi poetici ai suoi pazienti: tragedie per i pazienti maniacali, commedie per i depressi. Oggi associazioni di professionisti che si sono dati il compito di sistematizzare questa valanga di intuizioni, prassi sparse e conoscenze antiche entro la cornice contemporanea del sapere scientifico, operano secondo criteri aggiornati e condivisi a beneficio di sempre più persone attraverso una parallela ricerca sempre più ampia e rigorosa sul tema.

luca buonaguidi
Luca Buonaguidi

Per Freud il mondo poetico è condannato ad assimilare le nevrosi. Perchè? E come si è sviluppato il pensiero moderno in merito?

Provo un tale rispetto per la sua figura che non posso rispondere al posto suo, e allora cito testuali parole da una sua conferenza americana per poi commentare di par mio: “Noi conosciamo la sublimazione, grazie a cui l’energia delle eccitazioni di desiderio infantile non viene bloccata, ma resta suscettibile di applicazioni, mentre per le singole eccitazioni, invece di rimanere inutilizzate, viene fissato uno scopo più elevato, scopo che alla fine non è più sessuale”. Il poeta per Freud regredisce come un bambino, perché la poesia è regressiva come i sogni, “non si cura della negazione e esprime i contrari mediante identici mezzi di rappresentazione”, serve a immergersi nel profondo ma non può rappresentare un punto di equilibrio in quanto fuga, quindi difesa e non risoluzione della sottostante nevrosi.

Bisogna capire il suo punto di vista, è un medico e da questa prospettiva aveva sicuramente ragione a preoccuparsi di ciò visto che tra gli individui sani non esiste categoria più a rischio suicidario o di psicopatologia degli artisti. È innegabile che la poesia per Freud sia anche questa incapacità di vedere il mondo così com’è: elogia il poeta come interlocutore privilegiato dell’Es ma lo diffida per la sua scarsa capacità di sottostare all’Io, così come Platone condanna il poeta ponendolo al di fuori della sua Repubblica in quanto poco propenso a sottostare al principio di giustizia.

Per esempio, nella sua personale psicoterapia con Freud, la poeta Hilda Dolittle commentò il suo uso del “flusso delle immagini associate” e disse che “avrebbe difeso e avrebbe riportato la corrente della consapevolezza nell’utile, nei canali di irrigazione”, forse è per questo che Rilke rifiutò di sottoporsi a un trattamento con lui, temendo un’inibizione alla creatività. Freud, tuttavia, lungi dall’essere un castratore di poeti selvaggi, non solo fornì a questi un nuovo e irrefutabile vocabolario per attingere all’enigma del mondo poetico, ma ebbe anche il pensiero che essi potessero giungere a verità più profonde. Certo non considerava la poesia come terapia, era semmai interessato nell’investigare la dimensione della personalità del poeta e della poesia come processo intrapsichico privilegiato per l’analisi. Il pensiero moderno non può prescindere da Freud perché, ancora prima che un grande clinico, è stato il poeta che ha strutturato la metafora chiave del Novecento, l’inconscio, qualcosa che non esiste eppure nessuno di noi, oggi, può negare di avere.

di Mario Masi

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