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Giovanni Paolo II: aspettando il primo maggio

di Maria Rosaria De Simone

Fumata bianca. “Nuntio vobis gaudium magnum. Habemus Papam…”. Quel lunedì del 16 ottobre del 1978, all’imbrunire, il Papa appena eletto, Karol Wojtyla, che prendeva il nome di Giovanni Paolo II,  si affacciava dalla loggia di Piazza S. Pietro. Sulla piazza, nelle proprie case davanti la TV, tutti attendevamo di conoscere il nuovo Papa con quel nome così strano. Lui appoggiò entrambe le mani sulla balaustra,  un gesto assolutamente confidenziale e non clericale e, con un tono sicuro e per nulla intimidito, durante il suo discorso iniziale, disse:“Se mi sbaglio, mi corriggerete..”, ed accompagnò la frase sgrammaticata con un sorriso solare.  E la sua simpatia, così naturale in lui, conquistò tutti. Da piazza S. Pietro salì un’ovazione di benvenuto. Giovanni Paolo II. Il primo papa polacco in assoluto della storia. Il primo papa straniero dopo 455 anni. E così diverso, anche fisicamente da coloro che lo avevano preceduto. Un Papa sportivo, con la passione per la montagna, per lo sci e per il nuoto, prestante ed affascinante,  prete operaio, ma molto colto, anticonformista, semplice nello stile di vita, direi quasi spartano. Un papa che non proveniva dagli ambienti curiali italiani,  ma dalla Chiesa dell’Est, dalla Polonia comunista, dove vivere la fede comportava anche il prezzo della propria vita, dove essere prete significava farsi carico dei problemi della povera gente.

Un prete in prima linea. Che aveva conosciuto la povertà, la perdita precoce dei propri cari, che aveva affrontato tanti travagli quotidiani. Che non aveva vissuto la sua infanzia in un seminario, ma che anzi aspirava ad una vita artistica legata al teatro.  Lolek, così lo chiamavano i suoi amici, aveva perso la madre all’età di nove anni, e poi il fratello maggiore, che lui amava sopra ogni cosa, qualche anno dopo, per una malattia contratta nel suo lavoro di medico. Suo padre era un uomo semplice, un militare, ma  profondamente religioso.  Spesso di notte, Karol lo trovava in ginocchio a pregare. Molti vedevano in Karol una chiara vocazione sacerdotale e lo invitavano ad entrare in seminario, ma Karol non ci pensava affatto: amava stare con i compagni di classe, essere impegnato nel circolo teatrale scolastico, aveva una profonda passione per la letteratura e per il teatro. All’Università si iscrisse alla Facoltà di Filosofia e, con il padre si trasferì a Cracovia. Ma dopo solo un anno di studi proficui, ecco che nel 1939 scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Le autorità tedesche convocarono tutti i professori dell’Università di Cracovia. L’assemblea si concluse con la deportazione di quegli uomini di scienza in un campo di concentramento. Karol, per evitare la deportazione ai lavori forzati in Germania, assieme ad altri studenti universitari, iniziò a lavorare come operaio in una cava di pietra della fabbrica chimica Solvay. Vi andava a piedi ogni giorno da casa.  Gli operai polacchi cercavano di proteggere lui e gli altri ragazzi, cercando di risparmiare loro i lavori più pesanti. Ma, nella clandestinità, il futuro Papa continuava il suo impegno nel teatro. Davanti ad un ristretto gruppo di conoscenti, la sera, avvenivano le recite. Venire sorpresi durante queste rappresentazioni eversive nei contenuti, avrebbe significato la deportazione. Comunque, poco dopo Karol perse anche il padre per un infarto. Fu anche investito da un camion militare tedesco e rimase in ospedale per un certo periodo di tempo. Fu dopo questi fatti, ma anche nella visione quotidiana della violenza e dell’odio nazista che ammantava ogni azione sociale, rivolta contro il suo popolo che andava pian piano annientandosi, che Il giovane comprese che la sua vocazione non era quella del commediografo o dell’attore di teatro, ma quella sacerdotale. Scelta difficile e dura per un ragazzo che aspirava ad altro. Ma anche scelta coraggiosa, che lo portava a rispondere a quella che sentiva essere la sua vera vocazione.

.”Dopo la morte di mio padre -raccontò in seguito in un’intervista-  diventai ogni giorno più consapevole del cammino che avrei dovuto percorrere. Lavoravo in fabbrica e mi dedicavo alla letteratura ed alla recitazione. La mia vocazione sacerdotale prese forma in questa situazione…potevo vedere chiaramente ciò che dovevo abbandonare ed il fine a cui dovevo tendere senza voltarmi indietro.”  Così Karol iniziò gli studi in seminario clandestinamente, mentre ancora continuava a lavorare come operaio e tra la contrarietà dei suoi amici che non potevano più condividere con lui la passione del teatro. Nel novembre del 1946 divenne sacerdote. Fino al giorno in cui, nel 1978, salì sul soglio pontificio.  Un Papa venuto dall’Est, che aveva conosciuto la persecuzione nazista ed il martirio della sua nazione, la morte dei suoi amici, anche di quelli ebrei, con cui era solito giocare a pallone. Un Papa che aveva vissuto anche la dittatura comunista, la negazione di qualsiasi libertà individuale, anche quella religiosa,  la disumanizzazione del lavoro, la riduzione in schiavitù di ogni forma del pensiero. Fu proprio questo Papa, che rese evidente che era giunto ormai il tempo per l’Europa di affrancarsi dalla insensata divisione in due, dallo smembramento delle ideologie contrarie alla dignità dell’uomo e che doveva respirare con due polmoni, quello occidentale e quello orientale. E fu sempre lui che non si chiuse nel sagrato del Vaticano, ma si aprì al mondo in un pellegrinaggio senza fine, sulle orme e sull’insegnamento degli apostoli che furono missionari ed evangelizzatori di Gesù Salvatore fino alla morte. Lui, che girò in lungo ed in largo, tra i poveracci, denunciando i sistemi politici e tra i ricchi ed i padroni del mondo a cui annunciava il Vangelo e chiedeva un cambiamento serio di mentalità. Lui, che in Sicilia tuonò corno la mafia e in altri luoghi contro la violenza e la repressione. Lui, che ormai anziano e sofferente, il 2 aprile del 2005, morì sofferente, mentre tutta la piazza di S Pietro, gremita di giovani venuti da ogni parte del mondo lo piangeva. Lui il papa dei giovani. Ed ora tutti attendono gli appuntamenti nella capitale in occasione della sua beatificazione.

Il 30 aprile ci sarà una veglia di preghiera al Circo Massimo, tutta la notte. Il primo maggio invece, si terrà la celebrazione della beatificazione alle 10.00, Dopo la santa messa, le sue spoglie verranno esposte davanti l’altare della confessione all’interno della Basilica di S. Pietro. I fedeli potranno così venerarle in un flusso continuo. Il 2 maggio, infine, ci sarà la messa di ringraziamento sempre in Piazza S. Pietro.

Per moltissimi quest’anno, cioè per tutti coloro che hanno amato Giovanni Paolo II come il Papa della loro giovinezza,  il primo maggio non sarà il giorno delle gite fuori porta,  dei picnic e del mare. E Roma sarà percorsa da un un fiume di pellegrini.

4 COMMENTI

  1. (ASCA) – Roma, 7 gen – Il quotidiano britannico The Guardian critica la prevista beatificazione di papa Giovanni Paolo II, annunciata come imminente in un articolo firmato nei giorni scorsi sul Giornale dal vaticanista Andrea Tornielli. Con il titolo ”Una fretta mai vista e poco saggia per canonizzare Giovanni Paolo II”, il giornale pubblica oggi un articolo in cui il pontificato di Karol Wojtyla viene messo in discussione a causa dei suoi legami con padre Marcial Maciel Degollado, il sacerdote messicano fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo e del movimento Regnum Christi e coinvolto in gravi casi di abusi sessuali sui minori.
    Il Guardian riconosce che Giovanni Paolo II ”ha un posto assicurato nella storia, grazie al suo ruolo nella caduta del comunismo, ai suoi notevoli sforzi per migliorare le relazioni fra Chiesa cattolica ed ebrei, per la sua presenza scenica, i giri del mondo e la sua abilita’ nel chiedere scusa per gli errori papali del passato”, ma aggiunge che il caso di padre Maciel rappresenta una ”macchia gigantesca” sul suo papato che ”alimenta in molti, anche i cattolici, dubbi sulla sua santita”’. Secondo il quotidiano, ”per anni si sono susseguite le accuse di abusi sessuali” nei confronti del prete, ”ma Maciel ha mantenuto una posizione di potere nel cuore della Chiesa cattolica, accompagnando Giovanni Paolo II in occasione di tre visite in Messico”. ”La saga di Maciel – conclude l’articolo – e’ uno sgradevole scenario di sfondo per una canonizzazione che potrebbe diventare un altro autogol per le pubbliche relazioni del Vaticano”.
    http://www.altalex.com/index.php?idnot=12735

  2. i detrattori e i denigratori esistono da sempre e sempre ci saranno…anche su Padre Pio ne dissero di tutti i colori. Chi lo ha conosciuto sa che aborriva i pedofili e che scrisse anche a proposito rivolgendosi ai sacerdoti. Se il Papa avesse saputo, se lo avessero informato avrebbe fatto fiamme e fuoco. Come ha fatto per il resto.

  3. SIA PADRE, PIO CHE PAPA KAROL CREDO CHE AVEVANO LE STESSE VOCAZIONI ED è GIUSTO AVERLI SANTI, RICORDO QUANDO MIO PADRE VISITò PADRE PIO E MI RACCONTò, MENTRE IL PAPA HO VISTO DA ME LA SUA VOCAZIONE, I DUE GRANDI DELLA RELIGIONE, E SONO VICINO A DIO, MA VORREI CHE CI FOSSERO ANCORA AD AIUTARMI A COMBATTERE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE E LA PEDOFILIA, PERCHè SONO DUE PIAGHE VERGOGNOSE, MA SPERO CHE MI AIUTANO DA LASSù, E LE NOSTRE FIGLIE SARANNO VICINE A LORO SANTE

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