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Caso De Mattei: la criticità degli integralismi

de matteidi Mariano Colla

Ogni affermazione che mette in luce la presenza di Dio nel mondo e nella storia, soprattutto quando tale presenza viene interpretata come rapporto diretto tra il divino e l’umano, è causa di polemiche e di interpretazioni opposte. E’ accaduto anche per il prof. Roberto De Mattei, vice-presidente del CNR, che, in una trasmissione radiofonica su Radio Maria, oltre a distinguere tra “il dolore procurato dall’uomo con la persecuzione (da combattere) e il dolore che l’uomo non provoca ma che inerme subisce (da accettare e a cui rassegnarsi)”, azzardava la convinzione che “le tragedie umane possano avere una causa divina”. Quest’ultima convinzione ha alimentato roventi polemiche tra religiosi e laici sui possibili significati da attribuirle.

Significati discordi, che vanno dalla visione dell’intervento  divino quale causa delle catastrofi che hanno afflitto l’umanità, non ultima quella che ha colpito il Giappone, intervento punitivo e monito contro i mali del mondo, alla interpretazione di un De Mattei latore dell’impotenza umana dinnanzi al mistero, sino all’ingerenza dell’integralismo religioso nel mondo della scienza e della gestione pubblica della ricerca.

 

Forse non poteva essere diversamente, visto il discutibile clima di collaborazione tra il mondo laico e l’ambiente cattolico instauratosi in questi ultimi anni. Non è mia intenzione alimentare la polemica, però alcune osservazioni mi sorgono spontanee. Il punto è che il labile confine tra scienza e fede si sta progressivamente surriscaldando anche grazie ai costanti progressi scientifici che, inesorabilmente, invadono aree del macro e del microcosmo, della biologia e della genetica, sottraendo spazio al dominio del trascendente. Già solo il fatto che, nel XXI secolo, l’affermazione radiofonica di un laico – perché questo De Mattei è, nonostante sia cattolico – adombri la possibilità dell’intervento divino quale causa delle calamità che colpiscono o hanno colpito l’umanità, non è evento trascurabile.

Ognuno, ovviamente è libero di avere, entro certi limiti, una visione “personalizzata” del trascendente e delle regole ad esso assegnate, pur tuttavia, visti gli effetti procurati dai media, è consigliabile una certa moderazione nel comunicare il proprio “credo”.

In una intervista su “Repubblica”, alla domanda : “ cosa l’autorizza a dichiarare che lo tsunami in Giappone è stato un castigo divino ?” De Mattei rispondeva :“Parlavo a titolo personale da una radio cattolica e non in qualità di vicepresidente del CNR. Ho svolto una riflessione sul grande mistero del male e ho detto che tutto ciò che accade ha un significato. Non si muove foglia che Dio non voglia, verità antica e perenne. Coloro che credono in Dio sanno che esiste una remunerazione. E come si legge nella dottrina di Sant’Agostino e Bossuet anche i popoli possono peccare e per questo essere puniti”.

Al Corriere della Sera De Mattei affermava :” «Gli attacchi contro di me sono un tipico esempio della dittatura del relativismo denunciata da Benedetto XVI. Perché non ho fatto altro che riaffermare la tradizionale dottrina cattolica sulla provvidenza».

Non è un caso che le affermazioni attribuite al prof. De Mattei trovino conforto nelle categorie più ortodosse o conservatrici della gerarchia ecclesiastica, come non è un caso che vi siano, sempre nella Chiesa, posizioni più caute circa l’intervento divino nello svolgersi della quotidianità umana. Giustamente la Chiesa presenta ai propri fedeli un ventaglio di possibili interpretazioni su ciò che non è strettamente regolato dal Magistero. Le affermazioni di De Mattei, che oltre ad essere vice presidente del CNR è anche storico, non mi sembra siano del tutto riscontrabili all’interno del Magistero e, come tali, sono opinabili.
Può essere banale sostenere che le sue affermazioni lo rendono incompatibile con il suo ruolo al Centro Nazionale delle Ricerche, “Ente pubblico nazionale con il compito di svolgere, promuovere, diffondere, trasferire e valorizzare attività di ricerca nei principali settori di sviluppo delle  conoscenze e delle loro applicazioni per lo sviluppo scientifico, economico e sociale del Paese”. Il luogo è, per definizione, deputato a fare ampio uso della razionalità quale strumento per indagare, studiare e portare in evidenza  fatti e situazioni ancora ignote alla mente e all’esperienza umana, situazioni in continua evoluzione epistemologica. Le affermazioni di De Mattei, non ultime “Il paradiso terrestre è una realtà storica, non una metafora”, oppure “Respingo il poligenismo evoluzionista”  non contribuiscono certo ad assicurare un ruolo imparziale nel contesto scientifico che lo vede vice presidente.
Il rapporto tra scienza e fede, da sempre problematico e complesso, difficilmente è costruttivo qualora subentrino forme di integralismo intellettuale o religioso.  L’integralismo non paga, di qualsiasi colore o fondamento esso sia. De Mattei, nella sua figura di laico cattolico, sponsorizza una visione tipicamente biblica del rapporto Dio – uomo, visione su cui, inesorabilmente, si addensa una iconografia impregnata di simbolismi drammatici, in cui il giudizio divino incombe, costantemente, sull’umanità, con punizioni terribili atte a riportarla sulla retta via.

La visione di un Dio castigatore che, sollecitato  dalle miserie umane e dall’irresistibile  tendenza al peccato delle sue creature, agisce di conseguenza e lancia moniti traducibili in tragedie e catastrofi, non sembrerebbe concordare con alcune interpretazioni espresse in questi ultimi anni da  esponenti della Santa Sede. Sono interpretazioni che, con una visione molto più realistica delle sventure umane, non hanno imputato i nostri drammi storici e naturali a logiche trascendenti o, se non altro, hanno alimentato il dubbio, più che la certezza, su motivazioni e cause originarie.

Di fronte alle abissali tragedie che hanno colpito l’umanità in questi ultimi decenni più che ricorrere al giustizialismo divino, si è trovata l’umiltà per ammettere l’ignoranza sulle cause, ipotizzando, metaforicamente, “la  temporanea distrazione di Dio”. Non entro nel dibattito relativo a chi ha colto l’occasione dell’evento del CNR per mettere in discussione il ruolo dei cattolici nelle istituzioni pubbliche, numerosi e qualificati gli interventi in tal senso, perché ci porterebbe troppo lontano, ma qualche riflessione sulla compatibilità, in chiave gestionale, tra i valori di una ortodossia religiosa e i valori laici che devono guidare una istituzione pubblica, mi sembra lecito farla. Un istituto di ricerca quali valori di riferimento deve avere? Se le preoccupazioni cattoliche riguardano la morale insita in tali valori e il presunto relativismo dei valori scientifici, per cui è buona cosa presidiarne la dinamica, non dimentichiamo che la scienza è patrimonio dell’umanità e che nessuna forma di prevaricazione è accettabile.  La morale deve essere libera e autonoma, non deve essere individualistica e valere per tutti, diceva Kant. Nel caso specifico di De Mattei la Chiesa non ha avuto una posizione monolitica. Organi di stampa ecclesiastici e diversi prelati, hanno in sostanza stigmatizzato la posizione di De Mattei come  una posizione personale.

L’idea del castigo divino, così fortemente richiamato nell’antico testamento, è stata in parte mitigata dal messaggio di Cristo, messaggio d’amore, di tolleranza e di comprensione. Una dichiarazione di fiducia nei confronti di una umanità tormentata, che solo nella speranza, e non nella paura del castigo, può trovare ottimismo e gioia di vivere.

Affrontare il mistero divino con affermazioni apodittiche può rivelare una presunzione intellettuale, una conoscenza dei fatti che non è nota a nessuno, neppure ai credenti più ferventi. Diceva Albert Einstein:” credo in un Dio che rivela se stesso nell’armonia di tutto ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del destino delle azioni umane”.
Vale la pena rifletterci.

   

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