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Silvio Berlusconi: non siamo un partito ma un popolo

di Valentino Salvatore

Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non perde occasione per tornare sulla diatriba coi finiani e sulla maretta che vive il governo. Questa volta lo fa direttamente da Atreju, già festa dei giovani di An e ora del Pdl che si tiene a Roma, dove è stato invitato stamattina per una intervista-dibattito col ministro della Gioventù Giorgia Meloni.
Accolto calorosamente dai militanti, è partito subito con una battuta, quasi a voler esorcizzare le ombre leghiste sul futuro del governo. “Sicuro che siamo a una festa del Pdl? Con questo verde mi sembrava la Lega”,  ha  detto  il  premier  riferendosi  al colore ufficiale dell’evento.
“Non credo che i parlamentari che abbiano aderito alla nuova formazione che fa capo a Fini vogliano venir meno all’impegno preso con gli elettori”, chiarisce Berlusconi con un tono che pare aprire spiragli, “ciascuno di loro sarà leale anche al simbolo del Pdl su cui è scritto il nome di Silvio Berlusconi”.
Dal pubblico partono i fischi, rivolti al presidente della Camera. Berlusconi però riprende e cerca di rassicurare così gli astanti sul futuro della legislatura. Lo fa con un paragone calcistico: “Speriamo di fare meglio del Milan e della Roma… ma sì che ce la facciamo. Sicuramente”. Poi, sul futuro del partito è ottimista: “il Pdl esiste ed esisterà sempre, perché non è un partito ma un popolo che non si riconosce nella sinistra”.
Il governo, assicura, durerà fino alla fine e “andremo alle elezioni tra tre anni”. In programma per la fine del mese un discorso in aula, “cinque punti che porteremo in Parlamento”, con una “risoluzione che dovrà essere votata e vi dico che ci sarà una grande maggioranza”.  Il ministro dell’Interno, il leghista Roberto Maroni, però ribadisce i dubbi avanzati dallo stesso Bossi sulla tenuta del governo e dal canto suo avverte: “se ci saranno i 316 voti di fiducia Berlusconi andrà avanti; se no si deve dimettere”.
Chiara Colosimo intervistata da Cinzia Colella

Il premier parla anche del possibile sostegno dei centristi. “Molti dei loro eletti”, fa sapere, potrebbero votare “in dissenso con il loro leader” e “non far mancare il loro appoggio al nostro governo”. Secondo Berlusconi i partiti del centro non “possono continuare a non scegliere” da che parte stare e nemmeno converrebbe loro “mettersi in un’altra formazione, che non avrebbe alcuna possibilità” di governare il Paese.
Ma Pier Ferdinando Casini dell’Udc ha già chiuso ogni possibilità di dialogo: “Non siamo ai saldi di fine stagione, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si dimetta e dopo si può aprire nuova stagione politica”.
Un giovane gli chiede se c’è il rischio di una nuova Tangentopoli, ma Berlusconi smentisce deciso: “i giornali della sinistra hanno messo in giro questa idea, ma non c’è nessuna Tangentopoli, nel nostro partito abbiamo individuato i mascalzoni e li abbiamo cacciati”.
La Meloni domanda se sia opportuno sancire l’incandidabilità per chi ha problemi con la giustizia. Il presidente del Consiglio si dice d’accordo, ma sostiene che il giudizio non deve darlo “una certa magistratura, ma un organo interno al nostro partito”. Torna quindi sulla questione delle intercettazioni con tono indignato: “Tutte le volte che allungo la mano sul telefono non mi sento di vivere in un paese civile in cui è garantita l’inviolabilità delle conversazioni”.
Silvio Berlusconi sulla "torre"

Berlusconi come di consueto ha intervallato le sue dichiarazioni e le risposte ai quesiti dalla platea con l’ironia, la battuta anche sarcastica. Non esita a fare politica anche parlando di calcio. In particolare ricorda la sconfitta del Milan per 2 a 0 contro il Cesena: “credo che l’arbitro abbia negato tre gol al Milan. Direi che spesso il Milan ha incontrato arbitri di sinistra”.
Il pubblico si mostra bonariamente malizioso e sottopone anche al premier le domande sul gioco della torre, poste anche agli altri ospiti di rilievo. Lui è restio: “sono il meno adatto a fare questo gioco perché faccio solo cose positive, non butto nessuno”. Dopo varie insistenze pare accettare, nonostante la cosa possa provocare imbarazzi. La Meloni lo convince alla fine così: “Fino ad oggi solo Tremonti si è rifiutato”. Ma in realtà dribla le domande e cerca toni concilianti. Proprio quelli che servono di più questi tempi, col governo in bilico, con la paura di finire per davvero sulla famigerata torre.
Chiara Colosimo intervistata da Cinzia Colella per Itali@Magazine
Silvio Berlusconi saluta i lettori di Itali@Magazine

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