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Canan Aydogan, arte dalla Turchia

di Mariano Colla
Nella Roma un po’ indolente di fine estate, laddove le attività, con un po’ di pigrizia mediterranea, ritornano a pieno regime, si affacciano qua e là iniziative culturali di cui non è detto sapersi, a meno di non essere attenti lettori dei trafiletti che appaiono nella nebulosa di internet o sulla stampa specializzata.
In questo filone culturale, un po’ occultato, inserirei la personale di pittura dell’artista turca Canan Aydogan, organizzata presso l’Ufficio Culturale della Turchia in Piazza della Repubblica 55/56.
La rassegna, dall’accattivante titolo, “Scrivo con i miei quadri”, mi è sembrata non solo interessante ma anche in grado di soddisfare gusti estetici di una certa esigenza.
Canan Aydogan, è nata a Trabzon, città sul Mar Nero del nord est della Turchia, e gode di una certa fama internazionale, avendo partecipato a varie manifestazioni in patria e all’estero.
Recita la locandina di presentazione della mostra: “Canan Aydogan esibisce le opere da lei realizzate su temi quali “Istanbul”, “Astratto”, “Donne” e “Mevlevi”. Le sue opere tendono a riflettere lo sviluppo intellettuale dell’artista, attraverso i profili delle persone, della città, dei volti nascosti e della realtà del mondo interiore.
I ritratti di Canan Aydogan non sono solamente delle narrazioni descrittive ma creano un racconto che mette in risalto la funzione rappresentativa. I volti anonimi sono ritratti in cui appare la sensibilità di un’artista che riflette sulla figura della donna e, pertanto, sono lasciati indefiniti. I ritratti, che non hanno una forma definita, si trasformano in un sogno, dove il punto di equilibrio si è perso”.
Canan Aydogan, esprime tutte le magiche e mistiche atmosfere della sua terra attraverso una lettura rappresentativa, più che raffigurativa, delle città e della gente, lettura che si concretizza in uno stile vagamente impressionista, ove le pennellate dell’artista dosano sapientemente i colori ad olio su ruvide tele.
I volti di donna emergono sfumati e quasi indefiniti da sfondi appena tracciati, volti, che pur nella loro intensa espressività, riflettono la sensibilità dell’artista, particolarmente ispirata nel rappresentare il femminile.
Suggestive e coinvolgenti sono anche le tele che propongono una Istanbul immersa in un’atmosfera da visione onirica, laddove le sagome di quartieri caratteristici, come Karakoy e Kulediby, si alternano con le immagini di una città che non esiste più, rappresentata dalle vecchie case di legno che si affacciavano sul Bosforo. Anche le moschee sono sfumate in un cielo madreperlaceo.
Tele dai colori ambrati evocano atmosfere antiche, di un tempo trascorso che ha lasciato esili tracce della Istanbul che fu.
Presenze cromatiche dai confini sfumati a confermare la dimensione vagamente fantastica del dipinto, laddove il cromatismo, appunto, per quanto intenso, non è mai aggressivo, bensì delicato, ad ulteriore conferma dell’atmosfera da sogno su cui le immagini sembrano galleggiare.
L’arte è al centro della vita di Canan Aydogan; per lei l’arte è un modo di vivere, di riflettere e di esprimersi, tant’è che i quadri in mostra indicano la ricchezza di un percorso che non si limita a una produzione di tendenza figurativa, ma raccoglie anche opere che l’artista definisce “progetti speciali”, lavori in cui l’Aydogan si cimenta con composizioni laddove materiali diversi vengono applicati sulle tele. Nel caso specifico della mostra, sono esposte due opere frutto di un lavoro di collage su tela di foglie appassite, su cui sono dipinti volti di donna.
Particolare attenzione meritano i quadri dedicati ai Dervisci rotanti e alle loro danze mistiche.
Rituale antico che viene fatto risalire al grande pensatore turco Jalai ai-Din al-Rumi e all’ordine dei sufi Mevlevi (Dervisci) da lui fondato a Konya, 800 anni fa, la cui danza è l’espressione delle realtà divina e del mondo, visto come luogo in cui ogni cosa, per sussistere, deve ruotare come gli atomi, come i pianeti, come i pensieri.
Nei quadri di Canan Aydogan si ritrovano le leggerezze di un pensiero trascendente espresse da una cromaticità discreta che sembra accentuare i movimenti dei danzatori, colti nei movimenti rotatori propri della loro danza ieratica.
Nei suoi quadri l’artista fornisce la sua interpretazione del Rumismo, dipingendo i Dervisci quali figure purificate, grazie all’amore, dalla tristezza interiore determinata dalle lotte e dai conflitti del mondo.
Un’esposizione minuta, probabilmente non sufficientemente pubblicizzata, ma che merita una visita per cogliere un po’ di suggestivo spirito della Turchia.
La mostra sarà aperta sino al 19 ottobre dalle 9.00 alle 17.00, dal lunedì al venerdì, con ingresso gratuito.

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