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Sarkozy-Cameron: un'intesa sempre più forte che sbilancia l'Europa

di Paolo Cappelli
 

La questione libica ha dissipato anche gli ultimi dubbi sul tandem SarkozyCameron in tema di trattati militari. L’atto firmato il 2 Novembre 2010 tra Londra e Parigi è qualcosa in più di una semplice collaborazione tecnica tra le due principali potenze militari europee, come è stato riconosciuto in modo esplicito anche dall’ambasciatore britannico a Parigi, Sir Peter Westmacott, e dal presidente Sarkozy in persona.

Nella famiglia europea si è formata una nuova coppia di fatto, quella franco-britannica. Ora bisognerà attendere le prossime elezioni presidenziali in Francia del 2012 per capire se si tratta solo di una “cotta” o di un amore duraturo, destinato a riconfigurare la politica estera e di difesa europea. In attesa della campagna elettorale, è chiaro che gli altri membri dell’Unione, Germania in primo luogo, hanno contribuito fortemente a gettare Parigi tra le braccia di Londra, perché è stata Parigi ad attraversare la Manica e non il contrario. Dodici anni di riforme istituzionali e accesi dibattiti non hanno aiutato la difesa europea a ottenere i risultati desiderati in termini di condivisione e rafforzamento delle capacità militari comuni. Inoltre, il disimpegno tedesco dalle attuali sfide alla sicurezza stride con l’attivismo di Berlino nei confronti dei paesi emergenti e della Russia, con la quale i rapporti diplomatici sembrano avere nuova vita.

Ma come potrà Parigi rilanciare la difesa europea e allo stesso tempo evitare di compromettere il suo nuovo rapporto con Londra? Un’opzione, peraltro invocata dall’Italia ma lasciata senza riscontro, potrebbe essere quella di far salire sul treno degli accordi franco-britannici anche altri paesi membri. In un’intervista rilasciata a DefenseNews.com, l’Ambasciatore Westmacott ha però chiarito che tale treno è ormai in corsa e che se mai dovesse fermarsi in qualche stazione, i posti disponibili saranno solo nei vagoni passeggeri e mai nella motrice. È difficile pensare che altri paesi che giocano ruoli da protagonisti nello scacchiere europeo, come la Germania e l’Italia, possano sottostare a tali condizioni. Anzi, l’iniziativa franco-britannica potrebbe offrire l’occasione per la costituzione di alleanze alternative, dentro o fuori del quadro europeo.

Ecco che, venti anni dopo la crisi dei Balcani, Francia e Regno Unito restano gli unici paesi europei in grado di proiettare le loro forze in una grande azione militare congiunta. Londra e Parigi non perdono occasione per sottolineare, anche implicitamente, che il rispettivo bilancio della Difesa è pari a metà dei bilanci della difesa dei paesi europei. Il messaggio rivolto agli altri Paesi membri dell’UE è chiaro. In pochi mesi di negoziati, Nicolas Sarkozy e David Cameron hanno deciso di fare (e hanno fatto) quello che l’UE sta cercando disperatamente di fare da un decennio, ovvero avviare un processo di parziale ma reale condivisione delle risorse militari. Da un lato, la strada intrapresa da Francia e Regno Unito rappresenta senza dubbio una semplificazione delle difficoltà politiche e istituzionali di un’Unione farraginosa. Nel lungo periodo, tuttavia, c’è il rischio concreto che nascano delle micro-Europe, tra loro contrapposte. Per carità, le differenze e le rivalità tra gruppi di stati in seno all’Unione Europea ci sono sempre state, ma la sottoscrizione di accordi strategici e militari in competizione tra loro è tutt’altra cosa.

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