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'Morti Bianche', Siapa: 18 anni di silenzi e di ingiustizie

morti bianche di Federica Ricci
 

Ieri 20 maggio si è svolto a Roma, davanti al Tribunale Fallimentare, l’ennesimo sit-in dei congiunti dei 50 operai caduti sul lavoro, che avevano prestato la loro attività presso la Siapa oggi Agricap. Dopo diciotto anni ancora si trovano costretti a manifestare per ottenere il risarcimento dei danni negati dal liquidatore, l’avv. Michele Tamponi. Nonostante la Cassazione Sez. IV penale abbia dato loro pienamente ragione e condannato il Presidente della società a 4 anni di reclusione per omicidio plurimo aggravato, il liquidatore a tutt’oggi non intende ancora pagare i congiunti della vittime e i lavoratori ancora in vita colpiti da gravi patologie a causa delle sostanze tossiche utilizzate dalla società. Vittime che in base alle norme del nostro ordinamento dovevano essere risarcite ancor prima degli altri creditori quali banche, consulenti società estere che hanno ricevuto dall’Avv Tamboni decine e decine di miliardi.

Ricordando la strage che tra il 78’ e il 98’, nella fabbrica di pesticidi Siapa, ex Federconsorzi, oggi Agricap, ha coinvolto decine di operai morti di tumore al polmone o di gravissime malattie dopo aver lavorato per anni e anni a contatto con diserbanti e anticrittogamici tra le quali il DDT vietato dal 1969, le morti bianche ancora rappresentano una piaga nel nostro paese.L’ordine di grandezza è di circa due milioni di morti annualmente nel mondo, di cui circa 12 mila bambini. Il numero di morti in Italia al 2007 è di 1260. L’Italia, nel decennio 1996-2005, è risultato il paese con il più alto numero di morti sul lavoro in Europa. Gli incidenti con danni permanenti che comportano mutilazioni, e danni alla salute non guaribili, negli ultimi 10 anni sono saliti ad oltre 30.000 infortuni all’anno in Italia. Gli infortuni meno gravi, solitamente guaribili in un periodo di tempo variabile da alcuni giorni ad alcuni mesi, sono stati circa 600.000 incidenti con danni temporanei all’anno. La statistica delle malattie temporanee è piuttosto aletoria, in quanto i criteri di controllo sanitario e di monitoraggio variano nel corso del tempo. Indicativamente in Italia si registrano oggi (dal 2000 al 2005) circa 25.000 malattie professionali di vario tipo registrate dall’INAIL.

Invocare una strategia concreta che parta dalla classe dirigente politica del Paese in grado di imporre il rispetto degli obblighi e di applicare agli strumenti sanzionatori per dissuadere chi ne ha la responsabilità dal disertare le basilari norme di sicurezza nei luoghi di lavoro. A cominciare da alcuni datori di lavoro che, non applicando le norme di sicurezza danneggiano anche chi invece le rispetta e creano situazioni di sleale concorrenza. Ciò che manca non è la normativa a riguardo, bensì una cultura della sicurezza. La conferma giunge dalle statistiche dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro, soltanto quest’anno nel primo trimestre del 2011 il 35,1 per cento delle vite si è spezzata proprio nei settori edile e agricoli, con punte del 46,2 per cento a Nordest, nei cantieri il 22 per cento.

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