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Prostata, bere caffè previene i tumori

di Marco Milano

Più caffè, meno tumore. Dalle 3 alle 6 tazzeal giorno, per la precisione, per diminuire il rischio di cancro alla prostata. Lo afferma l’Università di Harvard, attraverso un studio di ricerca condotto dal Dr. Kathryn Wilson della Harvard School of Public Health e pubblicato in questi giorni sul Journal of National Cancer Institute, nella versione online. Un consumo quotidiano regolare di caffè, nelle quantità indicate, aiuterebbe a ridurre del 30 e 60%  la probabilità di contrarre il carcinoma per gli uomini. I risultati ufficiali arrivano dopo 20 anni di un lavoro che ha coinvolto un campione di più di 45mila cittadini americani uomini, per i quali è stato registrato il consumo di caffè tra il 1986 e il 2006, con una scadenza regolare ogni quattro anni. Durante il periodo di monitoraggio, più di 5000 soggetti hanno contratto il tumore alla prostata. Per i bevitori più assidui di caffè, la possibilità di ammalarsi è risultata essere minore del 20-30% circa, mentre per i più accaniti – oltre le sei volte al giorno, il rischio poteva abbassarsi addirittura del 60%, appunto. La ricerca è stata concentrata non solo sul consumo del caffè tradizionale, ma anche su quello decaffeinato, indicando che non è necessariamente dalla caffeina che dipende il legame tra caffè e tumore alle prostata. Il vantaggio sembrerebbe invece derivare dalla presenza di antiossidanti (e altri agenti chimici presenti nel caffè). Assimilazione degli zuccheri e regolazione dei livelli degli ormoni sessuali sono i due meccanismi su cui agiscono, entrambi responsabili dello sviluppo della malattia. I dati di Harvard si aggiungono ad analoghe ricerche incentrate sugli effetti benefici della tazzina quotidiana. Non è solo nella prevenzione di questa forma tumorale, infatti, che si misurano gli effetti benefici del caffè: un altro recente studio, condotto in Svezia, presso il Karolinska Institutet di Stoccolma e pubblicato su Breast Cancer Research, afferma che la bevanda aiuterebbe anche ad arginare il rischio per le donne di tumore al seno post-menopausa; nel 2009 ricercatori finlandesi hanno monitorato un campione di 26000 fumatori maschi, rilevando un rischio di infarto più basso del 23% per coloro che consumano otto o più tazze di caffè al giorno; sempre nel 2011, il Journal  of Epimediology and Community Health ha pubblicato i risultati di uno studio giapponese riguardo la possibilità di prevenire la morte per malattie cardiovascolari per consumatori anche più moderati; o, ancora, secondo l’Università di Honolulu, il caffè potrebbe svolgere un ruolo importante nella prevenzione del Parkinson.

Stato di veglia, stimolazione mentale, cardiaca, diuretica, aumento delle capacità in campo sportivo (in particolare in esercizi a bassa intensità prolungati nel tempo, ritardando la fatica muscolare), sono alcuni benefici ben noti agli amanti del caffè. A questi è generalmente associata una serie di possibili danni ed effetti collaterali, a cui si fanno risalire processi responsabili dell’invecchiamento dell’organismo: ansietà, insonnia, stimolazione della produzione di adrenalina, insulina – con conseguenti alterazioni ormonali, legate alla riduzione dell ormone ipofisario – tra le ‘responsabilità’ tipiche attribuite al caffè. I dati di Harvard aspettano, dopotutto, diverse conferme sperimentali ed è necessario accoglierli con cautela, nonostante siano una nuova e inaspettata speranza per la lotta a questi tipi di carcinoma. Il caffè consumato dai pazienti monitorati della ricerca è, inoltre, quello americano. Una tazza troppo più grande di quella a cui sono abituati gli italiani – tra i pochi rimasti, insieme ai brasiliani, a consumare caffè ristretto. Meglio non esagerare, per il momento.

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