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Indignati

indignatidi Francesco Pattacini (Reggio Emilia)
 

Ho visto una strada deserta, uomo del ventunesimo secolo. Ho visto una strada deserta e ho capito che quello sarà il nostro futuro se non cambieremo le cose. Sarà deserta perché inizieremo ad ammazzarci a vicenda quando il pane non ci basterà più, e se non sarà il pane a finire sarà la libertà, e se non sarà la libertà saranno i sogni. Non è fumando che spezzerai il tuo fiato ma, soltanto, correndo. Correndo verso un obiettivo insieme a qualcun altro, alla stessa velocità. Che non sarà poi così alta e nemmeno troppo lenta, ma non si tratta di fretta o di quello a cui siamo abituati nella vita frenetica di tutti i giorni, sarà il passo di tutti. E così la strada si riempirà. Ma se è vero che bisogna fare il primo passo, uomo del ventunesimo secolo, forse è ora che ci impegniamo e ci proviamo insieme. Prima che quella strada diventi deserta. Prima di accorgerci che abbiamo finito le scorte di quello senza cui non possiamo vivere. Eh sì, uomo del ventunesimo secolo, parlo proprio con te. Parlo con te che guardi la televisione per riempirti il tempo, con te che usi i libri per lo stesso motivo, con te a cui piace correre e stare con gli amici, con te che passi i tuoi week end con la famiglia, con te che a fatica la riesci a mantenere e con te che, nonostante tutto, non ci riesci. Parlo con te che hai già qualche capello bianco e hai già sentito questi discorsi e parlo anche con te che hai una gran voglia di conoscere il mondo perché ci sei appena arrivato e questi discorsi non li hai sentiti mai. Vedi se parlo con te non è perché sia un gran chiacchierone o particolarmente pettegolo quanto perché quella strada, non voglio vederla mai più così vuota. E credo che il momento sia arrivato. E ho visto che parlando spagnolo ha funzionato, ma forse non lo sai, perché chi parla con te di solito attraverso una pagina di giornale o uno schermo televisivo non te lo vuole dire. Perché quello che potresti sentire e vedere potrebbe farti battere il cuore come mai prima d’ora.

Non sono certo che questa sia la volta buona, te lo dico sinceramente uomo del ventunesimo secolo, dico soltanto che possiamo provarci insieme. Dico che per la prima volta ho trovato un motivo per alzarmi la mattina di buon umore e vorrei che almeno un umore simile tu potessi provarlo. Dico che per la prima volta ho capito che il futuro ce lo possiamo conquistare. Non ti dico, uomo del ventunesimo secolo, che questa è l’ultima occasione che abbiamo, ti dico soltanto che potrebbe esserlo. Non ti dico che sia la migliore che ci aspetta, ti dico che è buona e possiamo sfruttarla. Sto parlando, uomo del ventunesimo secolo, di abbassare tutte le bandiere che ci portiamo dietro. Quelle che chiamiamo Orgoglio e che sventoliamo davanti alle persone che amiamo e quelle che si chiamano Ignoranza e ci vergogniamo di avere. Quelle che portiamo tutti i giorni e quelle che portiamo in occasioni speciali. Quelle con colori precisi e che abbiamo visto come la storia ha realizzato, rosso ha portato rosso sangue, nero ha portato ancora più nero. Quelle con i simboli che ricordiamo con nostalgia e che non vogliamo capire di aver già superato. Dopotutto restiamo ore col naso all’insù quando dopo un temporale arriva l’arcobaleno, possibile che non abbiamo capito, uomini del ventunesimo secolo come siamo, che i colori sono più belli tutti insieme? Non sto cercando di convincerti, fratello del ventunesimo secolo, non sto cercando di prometterti che tutto andrà meglio e ci risveglieremo dalla burrasca che affonda il nostro paese in un attimo e ci sarà fuori un arcobaleno di colori a sorriderci, magari hai un buon ombrello e non ti ha bagnato nessuna goccia o forse ti stai riparando sotto il tetto di qualcun altro e non vuoi vedere dalla finestra che ti sta di fronte . Vorrei che fosse così ma non posso.

Queste sono soltanto parole, starai pensando, se non hai già smesso di leggere. Lo so, ma sono abbastanza sincero per dirti che per far smettere di piovere dovremo prima bagnarci fino alle ossa. Dovremo spendere sudore e spillare lacrime. Ma non saremo soli, saremo tutti insieme. Uomo del ventunesimo secolo, è questa l’unica Rivoluzione che possiamo permetterci, quella di lottare insieme per un futuro migliore. Per i nostri figli e per i nostri genitori, per i nostri nonni e per quelli che non sono nostri. E se non ci ascolteranno grideremo ancora più forte finché, non più sordi come una volta, si uniranno a noi. Vedi, uomo del ventunesimo secolo, dobbiamo, prima o poi, pagare il debito della nostra nascita e della nostra fortuna e, tutto, dipende da come vogliamo farlo. Se ammazzarci una vita intera di dolore e di precarietà, lavorativa ed affettiva, senza essere riusciti a ripagarlo effettivamente o provare seriamente a cambiare le cose e fare in modo che quel debito non ci sia più per nessuno. Oppure possiamo fregarcene, ma possiamo fregarci di tutto, tranne della nostra vita, e una vita senza futuro che vita è? Sai, uomo del ventunesimo secolo, ti sto chiedendo tantissimo in questo momento. Ti sto chiedendo di credere in quello che ti sto scrivendo a cuore aperto. Potrei ingannarti è vero, ma per riuscire a scoprire la mia bugia dovrai venire con me. Dovrai superare quello che tutti dicono e nessuno sembra notare magari, però, la vista da quaggiù ti piacerà. Dovrai comunque informarti e non credere a tutto quello che non ti stanno dicendo, le possibilità, fratello del ventunesimo secolo, ce le hai. Basta guardare su internet e digitare le parole giuste.

Ho quasi finito, amico del ventunesimo secolo, grazie per essere stato così paziente da ascoltarmi. Vorrei però dirti un’ultima cosa. Sai quella strada di cui ti parlavo? Sì, quella deserta e di cui ho una tremenda paura, più dell’assenza di un futuro certo. Vedi una volta che ci saranno le persone, non sarà ancora abbastanza. Questo perché una strada completamente vuota non è molto diversa da una indistintamente piena, in cui non ci sono persone ma soltanto corpi. Visi senza sentimenti e senza parole come quando nel metrò sei di fretta o sei troppo impegnato con i tuoi problemi che non guardi in faccia nessuno e, allora, ti sembra di essere da solo. Quello che ti sto dicendo è che, oltre a superare tonnellate di imprevisti per raggiungere quella strada, dovrai portare anche te stesso e le tue mani, le tue idee e i tuoi sogni. La tua faccia è soltanto un inizio, è il foglio bianco su cui partire per scrivere centinaia di parole su centinaia di fogli diversi e con centinaia di mani diverse.

Amico del ventunesimo secolo, non sei il solo a piangere stanotte, non sei il solo ad avere paura per il tuo futuro e per il lavoro che manca, per l’impossibilità di riuscire ad essere felice almeno un giorno nella vita, ora ci siamo anche noi con te. Fratello indignati e scendi con noi in strada, abbiamo bisogno anche del tuo passo per arrivare lontano.

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