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Aids, 30 anni dall'inizio del contagio

di Marco Milano

 

5 giugno 1981, la sede del Centro per le Malattie degli Stati Uniti diAtlanta diffondeva un breve comunicato sul suo bollettino, il Morbility and Morbidity Weekly Report, segnalando dei casi di non ben definite patologie in cinque omosessuali maschi. Quello che si ricorda oggi, è un anniversario non solo simbolico. 30 anni fa, la diffusione di quel comunicato segnò l’ingresso nella storia contemporanea di una malattia diventata poi un’epidemia non ancora sconfitta, l’ Acquired Immune Deficiency Syndrome: l’AIDS.

Uno degli ultimi rapporti dell’ Unaids – il programma delle Nazioni Unite per combattere la malattia – calcola in più 33 milioni di persone infette l’attuale diffusione dell’Hiv, con 2 milioni di vittime nel solo 2009, a fronte di 60 milioni di casi, e almeno la metà di vittime, in questi ultimi trent’anni. Un mese dopo la segnalazione di quelle strane forme di polmonite, il New York Times pubblicò “Rare cancer seen in 41 homosexuals”, un articolo che descriveva quelle segnalazioni- intanto cresciute statisticamente – riferendole al sarcoma di Kaposi, fino a quel momento osservato solo in casi sporadici in giovani soggetti maschi. Nel 1982  arrivò la denominazione ufficiale della malattia, suggerita dal grave danneggiamento del sistema immunitario, e sarebbero passati tre anni da quell’estate per identificare nell’Hiv – il virus che causa l’aids – la vera causa di quei tumori e polmoniti. Quella che all’inizio venne etichettata come ‘malattia dei gay’, per via dell’alta concentrazione del contagio nella comunità omosessuale, rappresenta un rischio ancora oggi, con una crescita esponenziale di diffusione del virus nel sud del mondo, dove colpisce in particolar modo i bambini, e con dei focolai preoccupanti rilevati in Cina e India. E’ tuttavia in ogni parte del mondo che il vero problema continua ad essere l’impossibilità di riconoscere la sieropositività, nella maggior parte dei casi, prima della diagnosi.

In occasione dell’anniversario, Stefano Vella, direttore del Dipartimento del Farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità ha così dichiarato “Fondamentalmente la grande svolta sono state le cure: hanno cambiato la storia dell’Aids nei Paesi occidentali, trasformandolo da una malattia non curabile ad una malattia cronica. Tuttavia il virus continua a circolare circolare e compaiono nuovi focolari vicino a noi, come sta accadendo nell’Est europeo”. Anche in Italia non si può certo abbassare la guardia: l’Hiv infetta statisticamente una persona ogni due ore, l’età media alla quale si contrae la malattia è aumentata negli ultimi vent’anni (39 e 35 anni rispettivamente per gli uomini e le donne), nell’80% dei casi la trasmissione avviene per via sessuale.

Non è certo la prima volta che si riporta sotto i riflettori dell’opinione pubblica il pericolo ancora vivo dell’Aids, anzi. La paura della ‘peste degli anni ‘80, caratterizzata inizialmente da confusione e disinformazione – spesso sfociata in intolleranza verso il mondo gay a cui si attribuiva le maggiori responsabilità di contagio – ha, in qualche modo, stimolato negli anni passati iniziative di finanziamenti volontari da parte di organizzazioni pubbliche e private, consentendo di salvare migliaia di vite. Oggi sono più di sei milioni i soggetti che assumono regolarmente i trattamenti farmacologici che consentono di rallentare il decorso della malattia, ma ce ne sono, specularmente, altri che ancora aspettano di poterne usufruire. Due giorni fa è stato presentato alle Nazioni Unite un rapporto speciale dell’agenzia Onu responsabile della battaglia contro l’Aids, per incrementare finanziamenti, programmi di ricerca mirati e all’avanguardia.

Secondo Asha-Rose Migiro, vice segretaria dell’Onu “Siamo a un crocevia: il numero delle persone infettate e il numero dei morti va diminuendo, ma le risorse internazionali necessarie per mantenere questo progresso, per la prima volta negli ultimi dieci anni sono diminuite. Il progetto di arrivare entro il 2015 a un livello universale di accesso alle cure e alla prevenzione deve diventare realtà”. Il nostro paese ospiterà un evento importante per rafforzare questa sfida: dal 17 al 20 luglio prossimi, si terrà a Roma l’International Aids Society, un’occasione per pianificare le prossime mosse di una battaglia non ancora vinta.

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