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Scandalo scommesse travolge il calcio e non solo

di Mariano Colla

 

E’ di questi giorni la notizia che un nuovo scandalo scommesse ha investito il già martoriato mondo del calcio nostrano.  I soliti noti ricompaiono sulla scena della cronaca, artefici di intrighi e corruzioni dal sapore sinistro, nonché detrattori della credibilità del nostro sport nazionale. Nuove illegalità si sommano alle inique manovre dei padroni del calcio, messe oggi sotto processo dalla giustizia penale e sportiva per altrettanti scandali maturati, pochi anni fa, a carico di manager e presidenti di illustri squadre di serie A, indagati per aver seriamente minato l’attendibilità di campionati, partite e classifiche. Alcuni giornali riportano che  dietro le partite truccate spunta la mafia, ma io direi, senza tirare in ballo la malavita organizzata, anche la ricorrente abitudine del malaffare di inserirsi in ogni situazione in cui si può disonestamente e impunemente lucrare.

La Procura indaga e, forse, alla fine qualcuno pagherà, ma dubito che la scure della giustizia possa efficacemente incidere sul sistema del malaffare, sistema che stende i suoi perversi tentacoli ben oltre il mondo del calcio, favorito da omertà ed interessi localizzabili nelle caste e nelle corporazioni ampiamente  disseminate nel nostro paese. Lungi da considerazioni qualunquistiche,  non può sfuggire il fatto  che il suddetto “toto scommesse” si inserisce all’interno di un ininterrotto flusso di scandali, corruzioni, concussioni, tangenti, che ultimamente gravano con particolare intensità sulla nostra  cara Italia.  Il sistema Italia, già alle prese con oggettive difficoltà internazionali, rischia un ulteriore indebolimento alimentato dalla diffusione di una illegalità che ne mina credibilità, immagine e prestigio. La sensazione è che i tarli del malaffare stiano agendo lentamente, ma costantemente, sul tessuto politico, economico e sociale del nostro paese, minacciandone l’attendibilità. Le avversità etico-morali in cui si dibatte il mondo dello sport, ricordiamoci anche i casi di doping nel ciclismo, fanno da contraltare ai miasmi di cui è impregnato una grossa parte del sistema istituzionale, nonché del mondo produttivo pubblico e privato. E’ pura illusione auspicare correttezza, trasparenza, chiarezza delle norme e dei comportamenti nell’ambiente sportivo, quando  politica ed istituzioni  non garantiscono quei valori guida che dovrebbero animare la  legalità, sia nel fare che nel giudicare.

Il mondo del pallone non è nuovo a tali eventi scandalistici. Nel lontano 82, a ridosso dei mondiali di Spagna che poi, inopinatamente, vincemmo, l’Italia del calcio sembrò sull’orlo del collasso quando la crema dei giocatori italiani fu messa sotto inchiesta per delle partite truccate.  Allora eravamo in piena “Milano da bere”, ubriacatura di ricchezza e corruzione, ma con la sensibile differenza che oggi buona parte del potere ha costruito il proprio carisma  grazie a corruzione o a pratiche poco limpide. Il fenomeno della corruzione è oggi  “normalizzato”. Io vedo un’Italia malata, un’Italia  in cui il lassismo etico-morale non  riguarda solo lo sport, bensì la vita politica, i media,  il mondo industriale, la funzionalità pubblica. Non passa giorno in cui i mezzi di stampa o la televisione non ci rendono edotti su qualche caso di corruzione, su intrighi tra il mondo economico-produttivo e il mondo politico nella gestione del bene pubblico (vedi, per esempio, le costruzioni in Sardegna per il G8).  Lassismo nella legalità che, non solo viene istituzionalmente tollerato, ma interpretato come spirito imprenditoriale in un paese in cui i lacci e laccioli  della burocrazia impediscono un agile  e libero svolgersi degli “affari”.

E’  ormai notizia corrente l’infiltrazione mafiosa in molte delle attività produttive del nord e  negli appalti pubblici. Ovunque ci sono masse di denaro da muovere, lì alligna il demone dell’inciucio. Il mondo del pallone muove enormi quantità di denaro e gli interessi associati non sono da meno. Ritenere che il mondo dello sport in generale, e quello del pallone in particolare, siano esenti da malversazioni, perché illusoriamente portatori di valori  “de coubertiniani”,   è non solo ingannevole, ma foriero di aspettative inevase. La recente rielezione di Blatter al vertice della FIGC, e tutte le polemiche ad essa connesse, un po’ ci insegna che tutto il mondo è paese, ma di un caso non si può fare la regola. Se proprio si vuole trarre una morale da questo ulteriore caso di “cattivo sport”, si può fare riferimento alla metafora della “purezza perduta”. Chi ha amato lo sport, da ragazzino prima e nell’adolescenza poi, non può dimenticare una certa dose di innocenza e di entusiasmo, diciamo di purezza, quando   si credeva nei valori legati all’attività sportiva, quando lo sport sembrava portatore di principi sani e corretti.

Il tifo, ovvero l’amore incondizionato per questo o quel giocatore, o per la squadra del cuore, è l’ultimo dei sogni a morire. Noi  adulti smaliziati e abituati a tutto, la purezza iniziale l’abbiamo perduta per strada, ci scandalizziamo per il tempo necessario a metabolizzare l’evento sgradito e poi, spesso, rientriamo nei ranghi di una emotività piatta, nell’oblio di un giudizio che non dura nel tempo. Ma ferire questa purezza nei ragazzi e nei giovani che ancora ripongono nella manifestazione sportiva, nel tifo appunto, un sentimento sincero e non ancora inquinato, può avere effetti ben più devastanti, primo tra i quali  autorizzarli a credere che il mondo degli adulti è privo di regole e di legalità. E’ pur vero che la credibilità di un sistema paese non si deve reggere solo sullo sport, ma la società, e in particolare quella giovanile, lo correda di un simbolismo emotivo che se vissuto senza eccessi, può essere utile alla formazione psicologica dell’individuo.

Il rischio, quindi, che gli scandali sportivi possano danneggiare  personalità in formazione, non è trascurabile se non altro perché tali scandali distruggono illusioni e, al contempo, rimuovono fragili certezze.

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