di Marco Milano
A Washington sono stati subito evacuati gli uffici del Pentagono e la sede del Congresso, così come molti edifici pubblici a New York, la City Hall, il cantiere del World Trade Center e tutti i musei. Bloccati anche la torre di controllo del John F. Kennedy International Airport e del Newark Liberty Airport, e annullati momentaneamente i viaggi in aereo e treno. Gente per strada all’ora di pranzo, uffici e sedi istituzionali fermi immediatamente dopo il tremore e il boato, con un l’unico, istintivo timore di un attentato. Gli effetti della scossa di terremoto di 5,8 gradi sulla scala Richter, registrata ieri sulla East Coast americana – nel tardo pomeriggio, ora italiana – sono stati solo in termini di panico e sorpresa. A ben vedere, il rischio c’era, considerando che meno profonda è la rottura della crosta, maggiore è la probabilità che si senta in superficie, con un conseguente potenziale distruttivo.
Secondo l’USGS (U.S. Geological Survey), la scossa che ha fatto tremare la costa americana del nord est ha avuto come epicentro un’area di 8mila chilometri quadrati, localizzabile nella zona di Mineral, in Virginia – a nordovest di Richmond e a est di Charlottesville – con una profondità di pochi chilometri. Per comprendere quanto sia stato sfiorato il pericolo, il terremoto dell’Aquila del 2009 è stato di 5,9 richter con una profondità di 8,8 chilometri. E a differenza dei temuti terremoti della costa opposta, gli eventi sismici del lato orientale degli Stati Uniti tendono a viaggiare più lontano, con una velocità che può coprire in breve tempo anche distanze di 500 chilometri: la scossa si è avvertita anche a Toronto, in Canada. Non ci sono stati, però, danni significativi, nessun ferito e nessuna vittima. Tra i danni degni di nota per la cronaca americana, sono crollati due pinnacoli della torre centrale della Washington National Cathedral oltre a qualche rottura superficiale per gli edifici di New York. Ed è stato scongiurato il pericolo per due reattori nucleari nella centrale in Virginia, a North Anna, dove sono subito entrati in funzione i sistemi di sicurezza. Il database dell’ USGS fornisce dati sulla storia geologica statunitense, il sisma di ieri risulta essere il terzo più grande registrato negli ultimi 228 anni, subito dopo i terremoti di 7.3 del 1886 a Charleston e di 5.9 del maggio 1897 a Giles County. Ma è l’assenza negli ultimi anni di eventi rilevanti che ha fatto temere il peggio – l’ultima scossa significativa è del 2002 – visto che possono passare intere generazioni senza terremoti di entità rilevanti, amplificabili in maniera devastante proprio per le caratteristiche geologiche della zona. E’ la costa ovest degli Stati Uniti, come noto, la più interessata statisticamente dal rischio sismico, dall’Alaska alla California, in attesa di quell’inevitabile – secondo le previsioni – BigOne che potrebbe devastare la California, replicando il disastro di San Francisco del 1906. Il sisma del 23 agosto 2011 ha fornito agli americani l’ (ulteriore) esperienza per ricordare quanto imprevedibili siano questi eventi, e quanto in effetti ci si possa trovare impreparati.
Lo scorso maggio, il governo ha simulato un terremoto massivo che potrebbe uccidere 100.000 persone e bloccare 7 milioni di individui nelle loro case, il National Level Exercise 11, un’ipotetica replica del disastro del 1811 di New Madrid. Si è trattato di una simulazione di un livello 7.7 richter, ma l’evento di ieri basterebbe a confermare i risultati ottenuti a maggio, che non verranno resi pubblici.
[…] aver vissuto momenti di panico per la scossa di terremoto di martedì scorso, la east coast statunitense si prepara ad affrontare l’evento climatico più temuto e annunciato: […]