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Legge Levi: vietati gli sconti su libri

di Valentino Salvatore
 

E’ entrata in vigore all’inizio di settembre la nuova legge sull’editoria, approvata con largo voto bipartisan. Una norma che si propone di cambiare il panorama editoriale italiano e che già fa discutere. Ribattezzata “legge Levi” dal primo firmatario, il senatore Pd Ricardo Franco Levi, è stata presentata assieme a Franco Asciutti (Pdl).

Nelle intenzioni dei sostenitori, vuole colmare il gap della concorrenza tra grandi e piccole case editrici, nonché tra le potenti catene di rivenditori e i distributori meno blasonati, alternativi e di nicchia. Per dare una mano a quelli che faticano a stare sul mercato, cioé piccole librerie ed editori. Quelli che non possono contare sui bestseller. E puntando a limitare lo strapotere dei grossi marchi, che di fatto sfocia nell’oligopolio e che utilizza come leva anche sconti, impossibili da applicare per molte librerie.

Lo strumento per arrivare ad una normalizzazione del mercato? Secondo Levi e coloro che hanno appoggiato il disegno di legge, sta nell’imporre limiti definiti agli sconti che è possibile applicare sui libri. In base alla nuova norma infatti chi vende libri – anche su internet – potrà applicare sconti al massimo fino al 15%. Oppure arrivare al 20%, ma solo in occasioni specifiche e per edizioni particolari. Ovvero durante le fiere del settore, o per formati rari, artigianali e fuori catalogo, nonché per vendite a istituti, associazioni no profit, scuole e biblioteche. Mentre gli editori potranno arrivare fino al 25%, ma solo per promozioni mensili. E non durante l’allettante mese di dicembre.

Misura presa per dare ossigeno al mondo dell’editoria in crisi, piuttosto fiaccato dalle offerte su internet, soprattutto per l’ascesa di colossi virtuali che ormai vanno conquistando fette sempre più ampie di mercato. Gli stessi promotori ammettono che possa creare dei disagi a breve termine, scoraggiando i consumi, ma prevedono che sulla lunga distanza porterà ad un calo generalizzato dei prezzi a beneficio dei lettori. Infatti Paolo Pisanti, presidente dell’Associazione Librai Italiani (Ali), parla di “normativa che corregge l’anomalia italiana”, dove “i grandi editori sono anche venditori, con inevitabili squilibri sui prezzi”. D’altronde, normative simili – e anche più restrittive – da anni sono in vigore in nazioni come Germania, Francia, Svizzera e Spagna. Si tratta quindi di prendere spunto da realtà dove il mercato dei libri è più dinamico che in Italia.

Ma i detrattori la bollano come legge “anti-Amazon”, appositamente studiata per tagliare le gambe agli acquisti sul web. Una legge che andrebbe contro il libero mercato, ponendo limitazioni rigidissime, inaccettabili. Una legge ritenuta anche inutile, perché di fatto è aggirabile proprio rivolgendosi a siti di vendita esteri. Inoltre, non si applica all’usato: difatti Amazon ha già escogitato il modo per contenere gli effetti della norma, con l’introduzione in Italia di Marketplace, spazio per la compravendita dei libri di seconda mano. Senza contare che la nuova legge non prende in considerazione gli e-book, un settore che al momento nel nostro Paese incide in maniera trascurabile sulle vendite complessive, ma che va espandendosi soprattutto grazie alla diffusione dei lettori portatili di ultima generazione.

In un periodo di crisi e di minore disponibilità di denaro, i prezzi stracciati proposti da alcuni siti facevano gola ad una folta schiera di lettori avvezzi ad usare internet. Anche le associazioni per la difesa dei consumatori sono sul piede di guerra. Come l’Adoc (Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori), il cui presidente Carlo Pileri chiede all’Antitrust di intervenire: “riteniamo che il tetto violi le regole di mercato e della concorrenza”.

Tant’é che in vista dell’approvazione della legge Levi, molti rivenditori hanno in pratica svenduto le loro dotazioni, con offerte molto convenienti durate fino al 31 agosto. Moltissimi ne hanno approfittato, per non rimanere a bocca asciuta poi e fare incetta di titoli. La protesta si è diffusa sul web, ad esempio con una petizione promossa dall’Istituto ‘Bruno Leoni’, che ha collezionato in pochi giorni migliaia di firme ed è stata indirizzata al presidente della Repubblica. Ma nemmeno le biblioteche sono contente, perché potranno usufruire degli sconti solo fino al 20%. Cosa che ridurrà le spese per rimpolpare i cataloghi da offrire agli utenti, complice la necessità di tirare la cinghia a causa della congiuntura sfavorevole. Il rischio, paventato da molti, è che in Italia si vendano ancora meno libri a causa di questa legge, in un Paese dove già il mercato è depresso e la cultura del libro scarsamente diffusa.

La maggioranza dei librari e della distribuzione si é orientata comunque a favore della legge Levi-Asciutti, sebbene alcuni nomi come Quidlibet, Liberilibri, Rubettino abbiano espresso la loro opposizione. Particolarmente attive le piccole case editrici, mobilitatesi per sostenere la norma ad esempio col gruppo ‘Mulini a vento’, che raccoglie tra i tanti minimum fax e Sellerio. Anche l’Associazione Italiana Editori (Aie) ha visto però contrasti interni. Sfociati nelle dimissioni di Mario Grimaldi, contro la norma giudicata “fuori dal mercato” e “antiliberista”, che non ha condiviso la posizione favorevole del presidente Marco Paolillo.

Intanto il popolo dei lettori é stato messo di fronte al fatto compiuto, con una norma approvata in sordina e senza troppi problemi dal Parlamento. Nella speranza che possa davvero dare uno slancio alla diffusione della lettura, favorendo pluralismo e al contempo prezzi abbordabili. Anche se dovremmo ormai dire addio agli sconti ‘selvaggi’.

1 COMMENTO

  1. ma come possono anche solo lontanamente pensare che aumentando i prezzi la gente sia piu propensa alla lettura?
    ma chi ci governa?!?!?! sono dei decerebrati!

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