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Black Block: storia di una violenza improvvisa

di Paolo Cappelli
In questi giorni si sente da più parti richiamare la memoria del 2001 e dell’attacco alle Torri Gemelle negli Stati Uniti. Si è trattato dell’evento che molti riconoscono essere stato determinante nel creare il mondo come lo conosciamo nell’ultimo decennio. Ma nel 2011 ricorre anche un altro decennale, quello di un evento che è anteriore rispetto alla tragedia americana. Il prossimo 15 settembre uscirà un cofanetto contenente un libro e un DVD sugli accadimenti del G8 di Genova e in particolare su ciò che è accaduto alla scuola Diaz e nella caserma della polizia di Bolzaneto nel luglio di quell’anno.
Il film-documentario è stato scritto e diretto da Carlo Bachschmidt, architetto genovese, specializzato nel campo della comunicazione sociale e già organizzatore del Genoa Social Forum (il coordinamento del contro-G8) e successivamente consulente tecnico del Genoa Legal Forum, l’iniziativa volta all’acquisizione, catalogazione e analisi di tutto il materiale video e fotografico relativo ai giorni delle violenze di quell’estate del 2001.
La particolarità del documentario è che dà voce a chi è venuto in Italia, ma italiano non è, con la ferma convinzione di manifestare per un’ideale.
Muli, Niels e Lena sono tedeschi, Chabi e Mina spagnoli, Michael francese, Daniel inglese e tutti parlano con tranquillità davanti alla macchina da presa, raccontando i dettagli di ciò che hanno subito insieme agli altri ragazzi con i quali si sono ritrovati per passare le notte nella scuola Diaz di Genova. Dalle loro parole emerge fortemente il clima di panico che si viveva nei pochi momenti in cui la polizia colpì violentemente le porte d’ingresso prima di entrare nell’edificio. Il documentario intervalla interviste e videoclip degli avvenimenti per ricordare, più o meno esaustivamente, anche ciò che il documentario espressamente non dice: i migliaia di manifestanti in ogni angolo della città, l’azione violenta dei Black Block, quella dei No Global, la morte di Carlo Giuliani, rimasto ucciso in quell’occasione durante gli scontri con la polizia. La città si trovò in stato di assedio per diversi giorni e le sue cicatrici sono ancor oggi evidenti.
Chiariamolo subito: il documentario non contiene scene di violenza. E’ piuttosto un guardare indietro, un tornare con la mente a quei momenti di violenza attraverso le parole di chi quelle violenze le ha vissute sulla propria pelle. E il connubio parole-immagini sembra aver convinto anche la giuria del Festival del Cinema di Venezia, dove il documentario è stato presentato nell’ambito della sezione Controcampo Italiano, che gli ha concesso il proprio plauso «…per averci fatti partecipi di un’esperienza altrimenti relegata a una minoranza di lotta».
La pellicola è prodotta dalla Fandango di Domenico Procacci ma non la vedremo nelle sale. Per una scelta di produzione, infatti, uscirà solo in cofanetto: documentario di 77 minuti più 47 minuti di contenuti extra in cui si parla dei blitz delle forze dell’ordine alla scuola Diaz e le fasi più rilevanti del processo e un libro dal titolo “La costruzione del nemico” (con testi di Carlo Bachschmidt, Donatella della Porta, Laura Fazio, Chabi Nogueras, Salvatore Palidda e Mina Zapatero). Non stranamente, è proprio la Fandango la casa produttrice di un altro film le cui riprese sono in corso in questi giorni (Diaz), che vedrà come protagonisti, tra gli altri, Elio Germano e Claudio Santamaria, per la regia di Daniele Vicari. In realtà, quello di Vicari è un film di fiction, mentre Black Block un documentario che fa delle testimonianze dei sette ragazzi il suo punto di forza. La scelta della produzione, quindi, è chiara e si spiega in termini di fatturato: un film che esce nelle sale deve portare gente al cinema e fare cassa. E allora perché non trasformare la sofferenza in fiction? Storicamente, ha sempre venduto bene.
In conferenza stampa a Venezia, Bachschmidt è stato abbastanza diretto: “Per 10 anni il termine ‘Black Block’ è stato sempre associato alla violenza dei manifestanti ed è per questo che spesso viene ricordato il G8 del 2001. Ho chiamato così il documentario provocatoriamente, perché volevo raccontare un’altra violenza, molto più grave, non contro le cose ma contro le persone. Una violenza, quella della notte alla Diaz, fortissima, improvvisa. Questo film raccoglie il ricordo di chi ha vissuto quell’orrore, anche quello di Bolzaneto, che in seguito ha fatto i conti con la difficoltà di affrontarlo, che ancora oggi non è stato superato del tutto. Il documentario nasce sotto forma di progetto collettivo, voluto dopo la sentenza del 2008 per rendere pubblico tutto ciò che era emerso durante il processo, dando voce alle persone che erano state protagonisti di questi eventi. Abbiamo scelto quelle più affini al mio punto di vista, casualmente tutti stranieri“. E infatti un ruolo centrale nel documentario ce l’ha Muli, al secolo Ulrich Reichel, il quale vive a Berlino con la sua compagna italiana in una casa occupata e aspira a una laurea in psicologia. “E’ la figura più affine al mio punto di vista – ha detto Bachschmidt – e ho voluto cercare di comprenderne le motivazioni politiche, come ha vissuto quello stare insieme a Genova, la repressione fisica e psichica, ma anche il tentativo di superare il trauma attraverso il ritorno a Genova in occasione dei processi”. Protagonista della sua storia e allo stesso tempo di quella collettiva, Muli ha dovuto reinventare il proprio quotidiano, cercando nuove motivazioni e scoprendo nuove forme di azione. Per dirlo con le parole del regista, “Muli è una delle possibili risposte alla repressione subita dieci anni fa”.
 

Un film di Carlo A. Bachschmidt
Produttore associato Carlo A. Bachschmidt
Soggetti e sceneggiatura: Carlo A. Bachschmidt
Produzione Fandango
Prodotto da  Domenico Procacci
Fotografia:  Stefano Barabino, Harald Erschbaumer
Montaggio:  Alesandro Pantano
Musiche:  Francesco Cerasi
Durata: 76’
HD Colore
Intervistati: Ulrich Reichel (Muli), Lena Zuhlke, Niels Martensen,
Mina Zapatero, Michael Geiser, Daniel Mc Quillan, Chabi Nogueras

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