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2 giugno, il FAI mette in scena la Costituzione

Di David Spiegelman
L’idea di tutela “ambientale” della Carta repubblicana italiana era fino a ieri una prospettiva estranea al diritto costituzionale puro, figlio della visione positivistica kelseniana e quindi alieno ai misticismi giusnaturalistici. Ma  di fronte a un’incombente estremizzazione del realismo giuridico, che identifica le architetture statuali nella piana descrizione cartografica dei rapporti di forza, ecco che una riscoperta dei valori alla base della Costituzione assume il significato emblematico dell’indicazione dei contenuti minimi essenziali della nostra Repubblica, di là dai quali si varcherebbe la frontiera di quanto stabilito nel 1946.
Per celebrare il 2 giugno, il FAI ha scelto di promuovere la lettura scenica di alcuni discorsi del padre costituente Piero Calamandrei, in sette siti gestiti dalla Fondazione: Villa Necchi Campiglio a Milano, Parco Villa Gregoriana a Tivoli (Roma), Castello di Masino a Caravino (Torino), Giardino della Kolymbetra nella Valle dei Templi di Agrigento, Villa Della Porta Bozzolo a Casalzuigno (Varese), Monastero di Torba a Gornate Olona (Varese) e Castello di Avio a Sabbionara d’Avio (Trento).
Si tratta di una decisione irrituale, che si iscrive nella linea culturale aperta quattro anni fa dalla Fondazione Bellonci, che volle assegnare oltre al Premio Strega per la Narrativa un riconoscimento speciale alla Costituzione della Repubblica Italiana.
Il significato dell’iniziativa del FAI è chiaro, per quanto dal 1948 il testo elaborato dalla Commissione dei Settantacinque abbia già attraversato non poche vicissitudini, tra organi entrati in vigore in ritardo (la Corte Costituzionale venne effettivamente istituita nel 1956, superando le resistenze delle forze politiche riluttanti a un controllo di legittimità fatalmente destinato a prevalere sulla “volontà popolare” contingente, le Regioni addirittura nel 1970), modifiche secondo iter prefissato (la riforma del Titolo V decisa nel 2001 e l’abrogazione della disposizione di esilio a carico dei Savoia) o più tortuose come la ridefinizione per via giurisprudenziale del potere di grazia, fino a enunciazioni rimaste prive di applicazione come la registrazione dei sindacati ex art. 39. Malgrado le modifiche in corso d’opera o le circostanze di malfunzionamento, la Costituzione resta comunque un punto di partenza imprescindibile per ogni italiano che voglia porsi il problema dell’identità e delle ambizioni personali e sociali.
L’ipotesi che si tratti di un documento perfettibile, visione che nessuno nega, non va a detta del FAI – così almeno si legge tra le righe dell’iniziativa per la Festa della Repubblica – ampliata nell’idea che occorra riscriverne una nuova.
 Il decorso del tempo può rendere obsoleti i ritrovati della scienza e della tecnica, non i valori democratici che sono alla base della convivenza civile tra italiani. Proprio nelle parole di Calamandrei si trova traccia puntuale delle radici storiche della Carta: «Quando io leggo nell’art. 2, ”l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, o quando leggo, nell’art. 11, “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, la patria italiana in mezzo alle alte patrie, dico: ma questo è Mazzini; o quando io leggo, nell’art. 8, “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour; quando io leggo, nell’art. 5, “la Repubblica una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, ma questo è Cattaneo; o quando, nell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate, “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi; e quando leggo, all’art. 27, “non è ammessa la pena di morte”, ma questo, o studenti milanesi, è Beccaria. Grandi voci lontane, grandi nomi lontani».
Per questo, almeno per un giorno, il FAI ha sostituito ai propri monumenti, ai propri giardini, alle proprie ville, le parole della Costituzione e quelle di uno dei suoi più acuti architetti. Tra l’altro, la tutela dell’ambiente e del paesaggio è – o dovrebbe essere – uno dei punti fondamentali del dettato costituzionale.
Il FAI ha voluto, probabilmente, applicare alla Carta Fondamentale il parametro valoriale che serve per difendere il Bello dal Tempo: il decorso degli anni non soffoca, semmai valorizza quel che merita. «In questa Costituzione – ribadisce Calamandrei – c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli».
Occorre perciò tenerli a mente, comprenderli e valutarli non come fossili ormai inutili, buone cose di pessimo gusto superate, ma come attualissimi strumenti di orientamento per interpretare e governare un presente altrimenti indecifrabile, sterile e disperato.
Il Teorema di Pitagora è stato enunciato almeno 2500 anni fa; eppure varrà, esatto e spietato, fino alla fine dei tempi. Perché le cose antiche non invecchiano.

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