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Cancro alle ovaie: nuovo farmaco da organismo marino

di Marco Milano

 

La Ectenascidia turbinata è un abitante dei fondali marini, una via di mezzo tra una spugna e un corallo. Sconosciuto finora, quest’organismo marino ha conquistato nelle ultime ore una grande attenzione, grazie al fatto che se ne può estrarre un particolare principio attivo: “dal mare una cura per il cancro” è lo slogan che accompagna la scoperta della trabectidina, il farmaco presentato al Congresso della Societa’ Europea di Ginecologia tenuto a Milano dall 11 al 14 settembre. Stando a quanto emerso durante il convegno, la trabectidina potrebbe essere impiegata in tempi brevi per contrastare alcune forme diffuse di tumore, come quelle che colpiscono i tessuti molli e le ovaie. Il principio attivo – scoperto e prodotto dalla PharmaMar, azienda biotecnologica per farmaci antitumorali spagnola – è stato intanto approvato dalla Ema, Agenzia Europea del farmaco, e dalla italiana Aifa, mentre è all’Istituto Europeo di Oncologia che si stanno portando avanti degli studi più specifici per verificare e confermare l’efficacia anche sul carcinoma del pancreas.

Ma perché tanta attenzione e speranza su questo nuovo farmaco? Sono due gli studi condotti durante la ricerca, ad aver fornito risultati particolarmente positivi: nel primo, le pazienti affette da cancro alle ovaie sono state sottoposte a un trattamento antitumorale a base di Dlp (doxorubicina pegilata liposomiale) a cui è stata poi aggiunta la nuova trabectidina, aumentando in questo modo le aspettative di vita di 6 mesi – oltre ad un miglioramento della qualità della vita. In un secondo studio, la specifica sensibilità di alcune pazienti al platino è servita per completare le fasi dello studio precedente con un trattamento al platino, appunto. La sopravvivenza alla malattia è aumentata fino a 9 mesi, con una diminuzione al 42% delle probabilità di morte. Nicoletta Colombo, ricercatrice dell’Ileo, sottolinea l’importanza di quest’ultimo studio in relazione alla possibilità che la sensibilità del platino possa provocare recidive in un intervallo tra i 6 e i 12 mesi: “Questo suggerisce che la terapia di seconda linea con trabectidina e Dlp è in grado di ristabilire in queste pazienti la sensibilità al platino“.

I dati più promettenti sono, per il momento, questi relativi al cancro ovarico, ma la scoperta potrebbe fornire speranza per altri rami dell’oncologia, per contrastare, ad esempio, il tumore al seno e i tumori pediatrici.

 

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