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Kabul: ucciso Rabbani, capo del Consiglio di pace

di Valentino Salvatore

E’ ancora lontana la pace in Afghanistan. Forse da oggi ancora di più. Oltre allo stillicidio di attacchi alle truppe occidentali, serpeggia infatti la guerra civile tra gli stessi afghani. A farne le spese oggi una delle più eminenti personalità afghane, impegnata da tempo nella faticosa opera di pacificazione. Un tentativo di normalizzazione che passa anche attraverso trattative con le frange talebane. Tuttora forti in certe aree del Paese e capaci di logorare sia le forze occidentali, sia il governo di Hamid Karzai. Una componente, quella dei talebani, che per tanto tempo ha imposto un regime inflessibile agli afghani, ma che godeva di un seguito non trascurabile tra la popolazione perché capace di garantire legge (del taglione) ed ordine.

La vittima questa volta è Burhanuddin Rabbani, ex presidente afghano ora a capo dell’Alto Consiglio per la pace, rimasto ucciso in un attentato presso la sua stessa abitazione a Kabul. Proprio nel quartiere di Wazir Akbar Khan, considerato tra i più sicuri perché dentro la ‘green zone’, dove i controlli sono più serrati in quanto ospita tra l’altro l’ambasciata statunitense. Ma proprio in quest’area della città un commando di guerriglieri era riuscito a penetrare colpendo anche il quartier generale Onu e l’ambasciata Usa e facendo una quindicina di morti, prima di essere neutralizzato. Secondo le testimonianze, un kamikaze si è unito ad una delegazione di mediatori che venivano dalle linee talebane a parlamentare. Giunto vicino a Rabbani, ha fatto esplodere il micidiale esplosivo nascosto nel turbante. Il tremendo attacco ha ucciso Rabbani e ferito gravemente gli altri presenti, tra cui due emissari talebani e Masoom Stanezkai, consigliere del presidente Hamid Karzai. La notizia dell’attentato ha costretto proprio Karzai, che si trovava a New York, a ritornare in Afghanistan. Il presidente afghano era atteso per i lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma si è limitato ad un breve incontro con Barack Obama prima di ripartire.

“Rabbani era un leader della resistenza afghana che ha cercato di dare al Paese unità e indipendenza”, ha detto Karzai. La sua uccisione “è il segnale di una grande cospirazione”, una “grave perdita” che però, assicura, “non ci impedirà di creare un percorso che conduca alla libertà e alla sicurezza per gli afghani”. Così ha commentato Hamid Karzai, che a luglio ha perso proprio il fratello Ahmad Wali. Un altro omicidio politico, perché l’uomo è stato ucciso a Kandahar da un killer talebano a casa sua, come Rabbani. Una scia di sangue che fa tornare alla mente l’attentato che uccise Ahmad Shah Massoud, il ‘leone del Panshir’, uno dei capi della resistenza contro i sovetici prima e della coalizione anti-talebana poi. Ucciso proprio da due terroristi arabi, che si fingevano giornalisti e avevano nascosto l’esplosivo dentro la telecamera. Massoud moriva il 9 settembre 2011, due giorni prima il tragico attacco alle Twin Towers.

Unanime il cordoglio internazionale per la morte di Rabbani, sintetizzato dalle parole del segretario dell’Onu Anders Fogh Rasmussen: “l’attentato è stato un atto di codardia, che non impedirà la riconciliazione”. La morte del settantunenne Burhanuddin Rabbani cancella infatti non solo una figura impegnata a ricucire le relazioni tra gli afghani, ma anche un pezzo di storia del travagliato Afghanistan. E’ stato infatti un noto esponente della resistenza contro le truppe sovietiche e della coalizione anti-talebana, che annoverava anche il già citato Massoud. Tra 1992 e 1996, a cavallo tra il periodo dominato dai sovietici e l’ascesa dei talebani, era stato eletto presidente. Dopo la caduta del regime dei talebani, era diventato leader del Fronte Nazionale Unito, partito d’opposizione. Era stato di nuovo eletto presidente, poi lasciando la carica a Karzai. Nell’ottobre del 2010 Karzai aveva caldeggiato la sua elezione a capo del Consiglio per la pace, in modo che guidasse i negoziati coi talebani.

Una delle poche figure che grazie al suo carisma e alla sua autorevolezza poteva avere delle possibilità nell’obbligato dialogo con gli oppositori in armi, ma che non è riuscita a scampare alle insidie di una guerra fratricida fatta di colpi infidi.

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