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Referendum Anti-Porcellum: raccolte 500 mila firme

di Valentino Salvatore

 

I comitati promotori del referendum anti-‘Porcellum’ annunciano di aver raccolto mezzo milione di firme. Adesioni che potrebbero teoricamente bastare per sottoporre a consultazione la legge elettorale attualmente in vigore. Il risultato è stato raggiunto in un mese, ma rimane ancora una settimana prima della chiusura ufficiale della raccolta firme. I sostenitori puntano ad un ultimo sforzo per raggiungere la soglia di sicurezza delle 700mila sottoscrizioni. Questo per evitare problemi a causa di possibili annullamenti e contestazioni una volta che i faldoni con le firme arriveranno in Cassazione. Solo così si potrà votare sui due quesiti referendari, per abrogare la proprozionale con liste bloccate a favore del ritorno al vecchio ‘Mattarellum’, con collegi uninominali e con proporzionale per un quarto dei seggi alla Camera. Sono stati pensati due quesiti per avere maggiori possibilità di superare il filtro della Cassazione: uno che chiede tout court l’abrograzione della norma e un altro che punta a rimuovere in maniera chirurgica solo alcuni punti della norma nel caso il primo fosse giudicato troppo invasivo.

L”attuale legge elettorale che porta la firma del senatore nonché ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli, era stata definita col senno di poi “una porcata” dallo stesso promotore. Il politologo Giovanni Sartori, con la sua ironia professorale, aveva quindi etichettato la legge col nome in latinorum appunto di ‘Porcellum’, ormai rimastogli appiccicato. Una legge vista con un certo imbarazzo, soprattutto adesso, da molte forze politiche. Nonostante fosse stata sostenuta da Pdl, Lega e Udc e non fosse stata messa realmente in discussione dal Pd. La normativa elettorale non aveva conquistato molti simpatizzanti perché ritenuta espressione della ‘casta’. Di fatto, nonostante fosse impopolare, la norma ha fatto comodo ai partiti più grandi, che si sono ben guardati dal contestarla con decisione. Per questo si è costituito un comitato per richiederne l’abrogazione tramite referendum. Un fronte di niccha ma combattivo, composto da Italia dei Valori, Partito Liberale, Unione Popolare, Sinistra Ecologia e Libertà, frange di democratici e la Rete di Mario Segni, che si è unito sotto la bandiera referendaria per cancellare la legge.

Il coordinatore politico del comitato, il deputato Pd Arturo Parisi, che ha sostenuto il referendum nonostante i malumori di gran parte del suo partito, avverte però che aver superato la quota 500mila firme non basta. Prima di poter davvero cantare vittoria, bisogna puntare a 700mila sottoscrizioni: perché contano più le firme che si riuscirà a presentare di quelle raccolte. C’è bisogno di “uno sforzo finale nell’interesse di tutti, perfino della maggioranza del governo”, sprona Parisi. Perché “una rabbia contro questo furto di diritti fondamentali, una rivolta di questa misura, se incanalata nei canali istituzionali si trasforma in una crescita di democrazia”. Sebbene si cerchi di coinvolgere la maggioranza per una eventuale modifica della legge elettorale, Parisi punta sempre sulla consultazione popolare peché “senza il referendum ogni cammino finirebbe per chiudersi” e “tutti tornerebbero alle danze del passato”.

Anche l’Idv, partito che da solo ha raccolto 300mila firme, invita ad insistere sulla raccolta delle sottoscrizioni fino alla scadenza fissata. “Occorre restituire la sovranità popolare ai cittadini permettendogli di scegliere il proprio rappresentante”, fa sapere il dipietrista Leoluca Orlando.

Dal canto suo il Parlamento e in particolare la maggioranza iniziano ad entrare in fibrillazione, perché una eventuale vittoria del referendum contribuirebbe a rimescolare le carte alle prossime elezioni politiche. Infatti il neo-segretario Pdl Angelino Alfano si è detto subito disposto ad aprire il confronto per una nuova riforma elettorale. “Si può e si deve cambiare”, ha detto, “salvaguardando il bipolarismo, evitando che i parlamentari siano calati dall’alto e consentendo ai cittadini di scegliere il premier”. Anche nel tentativo di rendere il passaggio meno traumatico possibile per la maggioranza, che questa legge aveva voluto e approvato. Il governatore lombardo Roberto Formigoni parla di primarie e voto, perché “bisogna attrezzarsi in fretta per scegliere il nostro candidato premier, dato che Berlusconi non correrà”. Il presidente della Camera Gianfranco Fini va oltre e getta sul piatto della bilancia anche la riduzione del numero dei parlamentari, perché “se non si fa così, sembrano solo chiacchiere”.

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