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E-Cat: tra (facili) entusiasmi e dubbi irrisolti

di Marco Milano

All’ultimo esperimento era presente anche un nuovo, potenziale, cliente dell’E-Cat. Nel capannone della zona industriale di Roveri, a nord di Bologna, lo scorso 28 ottobre sono stati invitati – o meglio ‘selezionati’ –  una trentina di spettatori, come racconta Daniele Passerini, l’unico blogger che ha assistito all’evento. Ma l’identità del cliente interessato al dispositivo produttore di energia pulita più chiacchierato degli ultimi mesi rimane avvolta nel mistero, seguendo l’ormai noto stile comunicativo dell’ingegner Andrea Rossi. E infatti è lo stesso Passerini che precisa, nella cronaca del suo blog, che all’ingresso è stata fatta firmare una liberatoria per evitare fughe di notizie e immagini non autorizzate, pena l’allontanamento da parte della sicurezza. Pranzo e cena garantiti, per premiare questa necessaria disciplina.

Folklore e-cattiano a parte, cosa è successo nel sesto e ultimo test sperimentale?: quello che è dato sapere è che si è trattato di un’amplificazione di quanto avvenuto il 6 ottobre, sia in termini di durata che di dimensioni del dispositivo. Un’impianto di 1 Mw per produrre energia in self sustained mode, cioè senza il supporto di nessuna alimentazione esterna ha riprodotto la fase di autonomia dell’ultimo test producendo un rendimento di energia  in uscita positivo per 5 ore, come dichiara il profeta dell’ECat nei documenti da lui stesso diffusi: “The result of the test are satisfactory to accept the delivery“. A causa di un problema tecnico, in realtà,  si è deciso di dimezzare il megawatt previsto, puntando ad una potenza di 450 Kw per un totale di 2,635 kWh. I dati e i resoconti sono stati ufficializzati su Nyteknik e PESN, come in precedenza.

L’entusiasmo dei presenti e dei seguaci della rete non sono sufficienti a placare i soliti scetticismi e a chiarire dubbi e interrogativi irrisolti: nessuno ha avuto modo di verificare che non ci fossero alimentazioni esterne e perché il generatore a motore di ‘start’ dell’E-Cat sia rimasto collegato durante il test, tra le altre cose. Ma, soprattutto, non esiste ancora l’ufficializzazione di una formulazione teorica chiara di quanto avviene nel dispositivo. A questo proposito  l’ingegnere Nasa Michael A. Nelson ha espresso le sue perplessità circa la scarsa chiarezza dei dati degli esperimenti bolognesi spiegando, in sostanza, che Rossi e il suo team dovrebbero prolungare i test per un tempo più lungo, per provare le sue dichiarazioni e promesse. In Italia è ancora l’Università di Bologna a prendere le distanze, rendendosi comunque disponibile ad un confronto per fornire una voce autorevole dal mondo della ricerca scientifica.

Se la promessa è sempre quella di arrivare, entro due anni, ad una scalabilità dell’impianto per la produzione domestica di energia, il successo è ancora solo di tam-tam nella rete. Sarebbe troppo facile aggirare l’evidenza dei dati puntando il dito contro le non chiare volontà di Andrea Rossi. Ma i dati disponibili non hanno una conferma ufficiale, non sono stati riprodotti da scienziati terzi e imparziali. Il tam-tam rischia di rimanere solo gossip.

E il gossip ha poco a che fare con la scienza.

4 COMMENTI

  1. Per ‘replicabilità’ di un esperimento/fenomeno fisico si intende, generalmente, la riproduzione dello stesso conoscendone i dettagli, sia teorici che pratici. Non mi risulta che Andrea Rossi sia l’unico a sperimentare il Lern – lo stesso Michael A. Nelson se ne interessa i un dipartimento Nasa.
    E, al momento, Rossi si è riservato – con le giustificazioni del caso – di non diffondere tutte le specifiche del suo E-Cat. Non vedo come il report da lei linkato possa essere considerato una replica di Bologna.
    Ma è senz’altro interessante approfondire, grazie per la segnalazione.

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