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La verità è che la verità è banale

di Giorgia Petrini

…E finalmente, caro Mario, il già non poco tempo trascorso per questo governo tecnico ha sfatato nei fatti le attese di molti: la crisi non è più neanche globale ormai, è interplanetaria. Esasperando (ma neanche troppo) il concetto, direi che ci vuole solo la fantasia di chi non ne comprende appieno le profondissime radici etiche per continuare ad imputare questo disastro sociale e umano (storicamente unico nella memoria della mia generazione) a fattori lontani anni luce dall’essere quelli realmente sostenibili. Il vero problema, a mio parere, non è più nemmeno attuale: se fossimo in un film, il futuro premio Oscar ammiccando leggermente guarderebbe dritto nella cinepresa e direbbe… “siamo rovinati”, punto. E adesso che si fa? Voglio dire: o conosci la bestia che hai intenzione di combattere o non la conosci. Come “si abbatte” il drago Bund-Btp? Questa creatura ormai ultra divina e ultraterrena che governa le intenzioni, le vite, le anime, le paure, il futuro, i giovani, la politica mondiale, le menti e le guerre di un mondo del quale tutti, a vario titolo chi più chi meno, pensavamo di essere padroni? Per “i più bravi” c’è X-Factor, dove il Facchinetti di turno ci insegna a diventare campioni di talento per vivere meglio (ottimamente riconciliati nelle nostre angosce di non riuscire ad essere mai nessuno per tutta la vita); mentre per “i poveri d’arte” che non sanno cantare né ballare (anche qui Santa Maria De Filippi “insegna”) c’è… il terrore del drago Bund! E’ rimasto solo quello, no? Lavoro non ne avrai, famiglia non ne manterrai, casa non ne comprerai, civiltà, educazione e amore non ne conoscerai… che ti resta? Decisamente di fare amicizia col drago Bund? Passeggiamo a piedi nudi su un mondo intero che, nel corso di tutto il ventesimo secolo, ci siamo vantati di saper difendere ognuno con il proprio baluardo (dall’economia alla scienza esplicativa di tutti i perché della Terra) e, con “fare europeista” all’improvviso, ci sentiamo un po’ in difetto nella consapevolezza di essere un pugno di polvere in mano ad una… cancelliera tedesca che, udite udite, si è scoperto: “non fa gli interessi dell’Europa”! Ooooooooh…. Mo si che abbiamo capito! Allora il problema, se non era Berlusconi, è la signora Merkel! Ambè! Ecco…! Certo, ovviamente il drago Bund (nota figura mitologica del 2011, straripata a 7 teste nel 2012), ha preteso un competitor quanto meno europeo, certamente si… Ecco, ecco…
Da un paio d’anni ormai, la mia stima nei confronti del potenziale riflessivo dell’essere umano (compreso il mio) in quanto tale si è radicalmente ridotta, per una serie di motivi che sarebbe riduttivo tentare di riassumere in questo post. Senza dubbio però, ci sono domande che non riesco a smettere di pormi. Crediamo in un universo infinito nel quale siamo scientificamente certi che esista almeno un altro pianeta come la Terra (che cerchiamo da anni senza risultati di alcun tipo e senza alcuna prova certa se non quella di sostenere che non è possibile credere il contrario per motivi “probabilistici e dimensionali”) però non crediamo in un Dio Creatore di un universo infinito nel quale ha posto solo noi “a cercare altri noi stessi” che non troveremo mai (con il grande senso dell’umorismo che gli è proprio e che io ammiro, va sicuramente detto). Nessuna delle due cose sono a dimensione e ad altezza “della nostra vista” o esperienza tattile, però la prima è certa al punto da giustificare fiumi di risorse nella ricerca del pianeta che non c’è (e non voglio dire che non lo si debba fare), mentre la seconda è una necessità degli uomini stolti (quelli che non bastano a se stessi) che, secondo i più, hanno “il bisogno esistenziale” di credere in Dio, di fatto frutto di una loro proiezione, invenzione, aspirazione spirituale o mentale di non so che tipo. Ma secondo questa equazione, chi crede nella Terra 2 la vendetta “che bisogno ha” allora? E’ un “credo invisibile” anche quello, o no? E secondo questo principio il drago Bund-Btp non è altrettanto il mostro mistico di un problema che, pur non toccandolo, non vedendolo e non conoscendolo, tu credi essere oggi il domatore della tua vita, qualunque condizione esistenziale e umana tu stia attraversando?

Globalizzazione, crisi economica, giovani senza lavoro, liberalizzazione dei o del mercato, pensioni, equità… tutti temi che sbrodolano caldissime opinioni (spesso di poco peso e grande banalità) sulle bacheche di Facebook senza centrare mai il punto vero. Non si parla mai, o se ne parla troppo poco, di valori assoluti, che sono la vera causa di tutte le origini di tutte le crisi del mondo e di tutte le guerre che scriviamo anno dopo anno sui libri di storia… Il problema non è che la mamma mette il figlio nella centrifuga della lavatrice, che il crack finanziario ha portato alla crisi, che i giovani non hanno un lavoro, che gli anziani vogliono andare in pensione, che i tassisti e i notai vogliono tenersi la pagnotta tutta per sé (come se un imprenditore, un ristoratore o un negoziante non avessero anche loro fatto ognuno i propri investimenti o non avessero il bisogno di difenderli), che Monti è bravo o non lo è, come chiunque prima di lui, che la scuola non insegna, che il lavoro non paga, che il merito non esiste più dagli anni ’20 (nel caso si possa dire che prima esisteva), che la globalizzazione non è equa o che i camionisti scioperano… A monte di questi eventi (che ormai siamo abituati a fruire solo attraverso la conseguenza, la causa diretta, belli che pronti alla fine della fiera quando ormai ti viene difficile di tornare indietro a capire come ci sei arrivato li) c’è una causa primaria… Quello è il problema. Quello è il vero male. Quello è il morbo da curare. E’ quello che è cancerogeno, non il sintomo. Il sintomo manifesta un disagio e come tale è un dono, perché è espressione (appunto) di qualcosa che non va e che se non vedi non puoi curare. L’evasione stessa, ad esempio, non è il primo livello di sofferenza o di male sociale, ma è l’aggravamento di una polmonite trascurata per anni. Non dovrei insegnare agli uomini a non essere evasori se loro prima non avessero perso il senso dell’onestà (che qualcosa ha contribuito a fargli smarrire) e non fossero diventati evasori; non avrei timore dei frutti marci della globalizzazione se prima di questa “avessi posto” (educando l’umanità) dei valori assoluti comuni a tutti (indiscutibili, inattaccabili, universali); se al capitalismo fine a se stesso (che si chiama avidità) avessi anteposto valori assoluti e universali come la solidarietà, la collaborazione, l’etica o l’umanità, oggi non avrei il problema di dovermi “difendere” dalla delocalizzazione (perché ad esempio non sempre, anzi quasi mai, è umano andare per forza in cerca di ciò che costa meno per soddisfare, nella maggior parte dei casi, la propria avidità, la propria capacità di arricchimento, in cambio di sfruttamento o basso costo della mano d’opera)… Il succo è che finché si continua a credere che la crisi sia frutto dei default, delle bolle, dell’Europa, di Monti o di chi/cosa volete voi, il problema vero non lo risolviamo e il male dilaga perpetuo a nostra “perenne insaputa”. Ci sentiamo tutti dei perfetti geni “perché Twittiamo” (lo fa anche il Papa, pensa un po’, la Chiesa cattolica ha stile su web, molto spesso più di tanti blogger) senza accorgerci che in realtà la nostra presunta genialità ci sta opponendo di essere perennemente dipendenti da qualcosa che ne dimostri la validità, che invece esula dalla nostra capacità di porre un governo vero a posteriori su ciò che ci circonda e su ciò che di fatto domina le nostre vite: lo Stato non è mai come lo vogliamo, le manovre non ci vanno mai bene, le manifestazioni pacifiche sfociano in piccole guerre civili, la famiglie sono intimorite dal futuro, il risparmio non è mai abbastanza, liberalizzare i taxi non serve, riformare la scuola ci rende nervosi… e così via. Spiace deludere i più, ma la colpa non era di Berlusconi, tanto quanto non lo è di Monti, tanto quanto non lo sarà di chi verrà dopo di loro. Il peggior parassita tossico perfino a se stesso è l’essere umano: “fatta la legge trovato l’inganno”. E’ facile dire che i veri problemi sono altri, che bisognerebbe intervenire qui, li o la, ma il fatto vero che resta è un altro: e dopo? Dopo sarà come prima se l’essere umano non ha intenzione di cambiare, ovunque sia l’Europa che non c’è mai stata, e ciò non significa che non si può cercare di immaginare che debba esserci in futuro, o che sia opportuno e utilissimo che ne esista una… Dopo sarà come prima perché dietro a qualunque crack c’è l’omissione di almeno un valore assoluto (tra etica, giustizia sociale, avidità… scegliete uno di questi, vanno bene tutti), guardate lo splendido monologo di Michael Douglas nel film Wall Street; dietro ad ogni lobby c’è brama di insana ricchezza a scapito di una distribuzione più equa e di maggiori opportunità sociali per tutti (tra egoismo, opportunismo, ingiustizia… scegliete, scegliete…), di potere, di posizionamento e riconoscibilità; dietro ad ogni movimento dei forconi c’è un danno alla collettività infinito che ne difende uno e ne condanna dieci; dietro alla nostra fame di lavoro, di occupazione, di ottimismo, di famiglia o di diritti c’è sempre un sistema complesso che rende complicate le cose che lo costituiscono, di per sé semplici, e del quale le stesse cose (esseri umani compresi) fanno sempre parte: c’è la crisi però la Concordia è piena. Chi si lamenta della crisi molto spesso, ironia di sintassi, lo fa mentre è in vacanza… Non voglio essere fraintesa e, per evitare posizioni estremiste attuate da polemisti professionisti, preciso soltanto che non parlo di tutti, ovviamente, ma di molti. Sono gli stessi molti per i quali tutto è si, ma è anche no, tutto è buono ma è pure brutto, tutto va bene ma poi non è così vero. Sono i molti, e penso anche a tanti giovani che incontro ogni giorno, che il lavoro non hanno smesso di cercarlo perché non c’è… non lo hanno proprio mai cercato o lo hanno fatto sperando di non trovarlo. Sono i molti che a 45-50 anni fanno “i single per scelta” (dicono loro) senza rendersi conto di essere cavie da laboratorio di un’esistenza fatta di egoismi, personalismi, protagonismi, individualità, relazioni strumentali (e, guarda un po’, torniamo sull’argomento dei valori assoluti in questo caso contrari all’altruismo, alla solidarietà, alla socialità, alla condivisione, all’umanità, all’amore)… “Nessuno fa niente per niente” è la frase del decennio ormai. E quando sarai vecchio che farai? Quando non sarai più in grado di fare niente per nessuno e magari avrai anche bisogno di qualcuno che ti imbocchi a causa dell’artrosi, come potrai sdebitarti secondo questo “principio” nel quale la relazione è strumentale all’ottenimento di un servigio, di un baratto, di una conseguenza necessaria?
Tutti “si vive” in rete, nel “sentimento gelido” della propria bacheca di Facebook (che se non fosse in tanti casi solo il frutto del proprio isolamento non sarebbe nemmeno male) senza pensare quasi mai al bello e al buono del web che non è “stare tutti insieme appassionatamente piantando carote”, ma è ben altro… e così anche internet diventa strumento di terrore per le famiglie, per i minori, per la pirateria, per la pornografia, per la pedofilia… e anche qui il problema vero non è lo strumento in sé, ma l’approccio allo strumento, l’educazione all’utilizzo dello strumento, la nuova alfabetizzazione che arriva ad un mondo nuovo, tutto da scoprire, da conoscere nel pieno, nelle potenzialità più brillanti e duttili… e invece no. Ci accontentiamo. Anche di questo. Ai più basta avere tanti amici su Facebook, “parlare” di stronzate senza incontrarsi mai o averti su “My Calendar” per farti gli auguri di compleanno anche se non sanno chi sei, anche se non gli interessa, anche se io e te non abbiamo niente da spartire a parte un “Like” sulla foto di un amico (virtuale anche lui) che abbiamo in comune. E torniamo sul punto. Il problema vero non è Facebook (o chi per lui ovviamente), che di per sé è “un dono di questo secolo” per mille motivi, ma l’essere umano. Il problema è l’individuo che, in assenza di valori assoluti (che ha dimenticato e che nessuno gli ricorda mai), il più delle volte ne banalizza il potenziale, ma in molti casi ne esaspera addirittura l’utilizzo rendendo anche quello uno strumento di cui diventare schiavi… satanico direi. Lo è e come: isolarsi al punto da svuotare le pizzerie non perché c’è la crisi, ma perché c’è Facebook… ci troviamo li, davanti a un video, parte dell’invenzione del secolo. Una riga è poca e due sono troppe, ma va bene così. I single per scelta…? Mah… sarà.
E’ certo che aver smarrito una solida piattaforma di valori assoluti comuni a tutti rende difficile qualunque sfera della vita di ognuno di noi, dove ciascuno crede essere prioritario il proprio valore relativo. E’ altrettanto certo che, seppur con altri titoli o usando altre parole, il tema dei valori assoluti sia sempre stato presente nella storia dell’uomo in modo più o meno valido, prima e dopo Cristo. E’ dunque certo, in aggiunta, che la “definizione emotiva reale” dei valori assoluti sia poi stata una conseguenza (ben disposta nel più grande disegno della storia dell’umanità) della cultura cristiana e, in special modo, di quella cattolica. I sacramenti stessi rappresentano e sono di fatto un simbolo esistenziale della strada che l’essere umano percorre nella sua vita, dalla nascita alla morte, comunque la si pensi, e aver smarrito anche le vere radici di un matrimonio cristiano (per cui oggi sposarsi in Chiesa è ormai quasi solo un costume o una tradizione e non è più “scegliere” l’unione in Dio, con Dio e per Dio) induce, anche qui, ad agire sul sintomo e non sulla causa. Dopo 4 anni un matrimonio è in crisi e finisce? Si fa presto: l’amico avvocato, la mamma che ti ospita finché non ti organizzi, i figli che crescono con 4 genitori, quando va bene, che a volte diventano anche 6, gli amici che invece di aiutarti a capire ti dicono che hai fatto bene, tu che torni alla vita di sempre e vai così… tutte conseguenze, tutti sintomi. La causa è a monte e se guardi alla tua vita con distacco, autocritica e umiltà, ti rendi conto di non aver davvero condiviso con lui o con lei i valori assoluti, ma solo quelli relativi: la mia voglia di farti felice (valore assoluto) è inversamente proporzionale al mio bisogno di fare altro (valore relativo) quando voglio io.
Per non perdere il filo del post, dal quale mi sono già distaccata oltremodo, il concetto essenziale è che in questo momento, a mio parere, siamo a caccia di fantasmi. Tutto il resto è un problema, noi no, noi mai. E invece il problema vero (oserei dire in molti casi a nostra stessa insaputa) siamo noi e come. Lo spreco della sanità non è tanto in chi la governa malamente quanto nel singolo individuo che in modo disonesto ne gestisce la filiera (penso ai farmacisti con le fustelle dei farmaci di ieri sera alle Iene ma anche ai dipendenti pubblici che timbrano i cartellini al posto di 3 colleghi a spasso nel parco…). Se non cambia la valvola interna  che connette il cervello e il cuore ai valori assoluti e non si torna a riscoprire i temi della decrescita, della solidarietà, dell’amore, della condivisione, dell’onestà, dell’etica e via dicendo… di Monti ne verranno più o meno rocciosi ma sempre “un Paese di mentecatti” resteremo. Qual è “la soluzione”? Educare i singoli individui sin dalla nascita ad una maggior cultura della fratellanza, dell’onestà, del rispetto per il prossimo, del rispetto per la vita, della condivisione, della libertà operosa, della tolleranza, della generosità, dell’altruismo… Come ho letto ieri sullo status di Skype di un mio caro amico: “la verità è che la verità è banale”. E’ sempre l’essere umano a complicare le cose più del dovuto e a rincorrere la ricerca perpetua di ciò che è fuori di lui, anziché di ciò che gli appartiene.
Se non vedete riflesso il mio pensiero su voi stessi e pensate di essere estranei a tutto questo, prendetela come una umilissima introspezione ad alta voce fatta su tanti diversi momenti della mia vita e su di me… però chiedetevi anche perché, se ancora mi state leggendo, siete arrivati in fondo a questo post…

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