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Torneresti bambino?

di Marzia Santella
Siamo nel ventunesimo secolo, meraviglie della scienza, delle tecnologie, delle innovazioni. Mi sono posta una domanda: tornerei bambina?  Senza esitazione rispondo di no. Pensiamoci bene. Gli odierni quarantenni ed oltre hanno trascorso, nella maggioranza, un infanzia fatta di scuola, giochi, amici, fratelli e sorelle e una famiglia perlopiù tradizionale con papà e mamma nella stessa abitazione. Chi faceva sport c’andava da solo al massimo con amici. Non c’erano telefonini. Ma c’erano magari ceffoni o punizioni esemplari: divieto del telefono di casa, no motorinoo qualsiasi altro mezzo di locomozione, no festa di classe. La maestra alle elementari era una sola e ci doveva piacere. Non esistevano gli zaini pesanti. l’ancora di una nave ma le cartelle, e alle medie si azzardavava addirittura chiudendo i libri con una cintura elastica con aggiunta di merenda e astuccio minimal. Se volevi parlare con un amico dovevi osare oltre la timidezza e chiamare a casa con il terrore di incappare nella mamma o il papà che incuteva soggezione a priori. I libri erano di carta non tablet. C’erano alleanze che si facevano e disfacevano alla velocità della luce, c’erano fratellanze che dovevano durare eternità e si dissolvevano in una settimana mentre noi non avevamo ancora deciso da quale parte stare. C’erano i gettoni e, per tanti, la messa obbligatoria la domenica.
I bambini di oggi si ritrovano con sei insegnanti diversi. Compiti fino a farsi venire il crampo alla mano, sport. Totale ore impegnate senza giocare: dodici. Totale ore sto da solo a oziare, a pensare, ad immaginare: zero. Certo hanno capacità intellettive superiori alle nostre. Iperstimolati dalla nascita da mamme super informate da libri di ogni orientamento. Unico scopo far crescere il bimbo perfetto: zero carenze. Alzati alle sette non vedono casa fino alle otto di sera. Vittime consapevoli di tour de force che forse non necessitavano. Contatto con gli altri bimbi solo per competizione, possibilità di svago sommmariamente pari a zero. Possibilità di godere dei genitori: bassa, spesso separati e con nuovi compagni e fratellastri. Una stanza propria una rarità, un posto da chiamare “mio” un’illusione. Capacità di comunicazione tra pari solo tramite cellulare, anche se seduti allo stesso tavolo. Nessuna esigenza di uscire all’aria aperta, neanche sotto minaccia: si annoiano. Abituati ad una corsa a cui si piegano, costretti ad essere sballonzolati da una casa all’altra, da braccia ad altre dalla nascita, non sapendo ribellarsi.
La nostra accelerazione dei ritmi, gioco forza, accelera anche loro in una spirale di impegni in cui tenere a bada lo stress diventa la regola. Un modo c’è: chiedere ai nostri piccoletti se sono felici, Cosa li rende felici. Cosa hanno voglia di fare …e se non vogliono suonare il piano o andare in piscina dopo sei ore di scuola, sarebbe il caso di ascoltarli e coccolarli esattamente come avremmo voluto essere trattati noi. Il mal di testa feroce, la nausea, possono essere un campanello d’allarme. Non sono soldati al campo d’addestramento sono i nostri figli, forse qualcuno se ne sta dimenticando. “Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino, dovremmo prima esaminarlo bene e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi” scriveva Carl Gustav Jung.

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