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Le feste del 21 marzo

di Monica Casalini
In tutto il mondo (o almeno nella parte boreale del Pianeta) il 21 marzo segna l’equinozio primaverile, ovvero la data in cui le giornate superano le notti in lunghezza. Il termine equinozio viene da “aequus nox” che significa “(giorno) uguale alla notte”.
Nell’antichità questa data era probabilmente la più importante perché segnava il momento in cui la luce vinceva finalmente sul buio invernale e, per estensione, la vita che vince sulla morte. Ecco quindi che i popoli antichi cominciarono a festeggiare l’equinozio di primavera con grandi feste sfarzose, banchetti pieni di primizie, danze estatiche e offerte agli Dèi affinché questi propiziassero sempre abbondanza e serenità alla popolazione.
C’erano molte feste che caratterizzavano l’entrata della primavera e si svolgevano da metà febbraio sino a maggio inoltrato, ma per motivi di spazio e di tempo ora analizzerò solo le feste che anticamente si svolgevano il 21 marzo. Tranne una, quella che conosciamo tutti molto bene: la Pasqua.
Ostara/Oestara: per le popolazioni dell’Europa del nord era Eostre, antica divinità sassone della rinascita, a portare la nuova vita nei campi: era lei che faceva sbocciare i fiori e partorire le messi. Grazie a lei il sole tornava a splendere e la Terra riprendeva a vivere.
Alban Eiler: per i Celti era il momento in cui la “Luce della Terra” (questo il significato del nome) tornava a splendere sul mondo, donando la vita dove prima c’era la morte. La notte precedente alla festa i Druidi accendevano grandi falò per dare il benvenuto alla primavera.
Antesforie o Misteri Eleusini Minori. In tutta la Grecia si festeggiava il ritorno di Persefone dal regno degli Inferi, nel quale era stata portata di forza ad opera del dio Ade. Le Antesforie erano un momento di grande gioia in cui Demetra (la Terra) riabbracciava la figlia (la vita). Il mito vuole raccontarci come la vita generata dalla Terra perde forza in autunno e torna in forza con la primavera.
Efesìe o Artemisie. Erano le feste dedicate all’Artemide di Efeso per onorare la grandissima Diva che con i suoi tanti seni portava il nutrimento a tutti gli umani. Di giorno si tenevano gare di abilità, danze, giochi e banchetti. Di notte si dava il via alle celebrazioni misteriche a carattere orgiastico.
Cotyttie. Feste orgiastiche maschili in onore della dea Cotys, greca divinità protettrice della fecondità. Per motivi puramente maschilistici le feste erano di carattere misterico e vietate alle donne. Gran controsenso? Forse… in ogni caso il fulcro delle feste era la sfrenatezza che degenerava in orge omosessuali. Un elemento va detto: i sacerdoti della dea Cotys erano chiamati Bapti, poiché battezzavano gli adepti prima di ogni celebrazione. Una tradizione viva ancora oggi, infatti i battesimi avvengono per lo più in primavera.
Procaristerie. Erano celebrazioni primaverili dedicate ad Atena per ringraziarla in anticipo dei tanti doni che la terra fertile avrebbe fruttificato nei mesi a venire. Cosa strana vedere Atena nei panni di una divinità vegetativa, è molto probabile che nei secoli ci fu una qualche confusione con Persefone.
Festa di Iside a Roma. Nella Roma del 30 a.C. entra a far parte del pantheon l’egizia Iside, madre degli dei, Signora dei Cieli e Maestra delle arti magiche. Lunghe processioni di fedeli vestiti di bianco percorrono le strade di Roma antica, gettando fiori a chi è venuto a vedere le sfilate. Un carro maestoso porta in trionfo una statua di Iside con in braccio il piccolo Horus… stessa iconografia che poco più tardi fu attribuita alla Madonna con in braccio il piccolo Gesù.
Jarylo. Gli slavi festeggiavano il giovane dio della vegetazione che in primavera appariva nei boschi vestito di bianco. Egli è il figlio della dea crona che, nelle vesti di una vecchia di paglia, viene data alle fiamme tra gennaio e febbraio per propiziare l’arrivo della primavera. Jarylo rinasce quindi in questo periodo per poi morire di nuovo dopo il solstizio estivo durante il quale “perde la testa” proprio come il cristiano San Giovanni “decollato”: insomma il sole che perde forza nel cammino verso l’inverno.
Topienie Marzanny. Ovvero “affondamento di Marzanna” la dea slava personificazione dell’inverno che, raffigurata con un fantoccio, viene prima portata in processione in tutta la città, poi data alle fiamme e infine gettata nel fiume più vicino. Il tutto ricorda le nostrane “befane” che prendono fuoco per esorcizzare la fredda morsa dell’inverno.
Tristia. Con questo nome si indicava un ciclo di sei giorni in cui avvenivano i festeggiamenti per Cybele e Attis. Questi era il figlio-amante della dea Cybele che il giorno delle nozze con un’altra donna impazzisce (ad opera della stessa Dea) e si evira. Dal suo sangue sparso a terra nascono centinaia di violette e dopo tre giorni egli rinasce. Le feste in suo onore erano talmente folli che all’apice della sfrenatezza gli adepti si eviravano con delle lame. Ovviamente tale rito fu sostituito con l’uccisione di un toro.
Pasqua. Nonostante il velo di spiccata cristianità che la contraddistingue, la Pasqua ha solide radici pagane. A partire dalla data, che viene calcolata in base al plenilunio di marzo. Sono molti gli elementi caratterizzanti e vengono uno ad uno da culti più antichi. Tanto per cominciare il sacrificio del dio-Sole, ovvero Gesù, che nelle religioni precedenti era una prerogativa di base, in quanto solo dalla morte del Sole (ovvero dal ciclo stagionale) poteva risorgere più forte di prima. Infatti il sole rimane sullo stesso punto dell’orizzonte per tre giorni, dopodiché ricomincia la sua salita. La croce su cui Gesù viene inchiodato altri non è che la croce solare: ovvero gli equinozi e i solstizio che incrociandosi formano, appunto, una croce. La corona di spine è l’ovvio simbolismo del raggi solari che irradiano dal sole o da una testa divina. Poi ci sono gli agnelli: ovvero gli innocenti che nel Vecchio Testamento perdono la vita durante la Pasqua ebraica. Inoltre l’ovino è anche il simbolo dell’equinozio poiché proprio il 21 marzo entra il segno dell’Ariete. Infine, quello che oggi chiamiamo “uovo di Pasqua” è la più antica forma di rappresentazione di vita uterina e solare: è l’uovo cosmico, il santo Graal, la Luce divina e fonte di vita eterna che gli antichi solevano dipingere con colori sgargianti per simboleggiare la vita che torna, così nei nidi, così sulle tombe.
 

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