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Il cimitero di Praga, nuovo romanzo di Umberto Eco

Di Paolo Cappelli
Una delle novità editoriali in uscita ad autunno porterà la firma di Umberto Eco.
L’illustre semiologo proporrà un romanzo storico dal titolo “Il Cimitero di Praga” (con ogni probabilità il riferimento è al cimitero ebraico della città) e c’è da scommettere che sarà un altro successo in termini di vendite. Annunciato come un tomo corposo (circa 500 pagine), ma non troppo per gli standard di Eco, il libro ripercorrerà la seconda parte del secolo che ha visto la nascita delle grandi nazioni occidentali: l’Ottocento.
Fu il secolo dei tentativi di restaurazione delle forme di potere antecedenti la rivoluzione francese, il secolo della rivoluzione industriale e delle trasformazioni sociali, delle guerre rivoluzionarie e d’indipendenza che portarono alla nascita, tra le altre nazioni, dell’Italia unita nel 1861. E probabilmente non è un caso che l’uscita del libro sia così vicina temporalmente alle celebrazioni per il 150° di quella ricorrenza (marzo 2011). A quanto è dato sapere dallo scarno comunicato di Bompiani, ancora una volta editore privilegiato, leggeremo delle gesta di un falsario dalle grandi qualità artistiche e professionali, in grado di creare falsi bolli, scritti e documenti ufficiali che si premurerà di disseminare  nelle varie cancellerie europee. La collocazione storica sembra essere, quindi, più che appropriata.
Sono due gli aspetti che vale la pena sottolineare di Eco, in attesa di leggere il suo nuovo romanzo.
In primo luogo, l’attualità delle storie da lui raccontate.
Già trenta anni fa, con Il Nome della Rosa, Eco ci aveva dipinto un mondo, quello medievale, in cui l’acutezza e la velocità del pensiero erano osteggiate dal puro formalismo e dalla più rigida ortodossia. Adso da Melk ci racconta le gesta dell’intenso e perspicace Guglielmo da Baskerville nello scoprire un intreccio che è all’origine della morte di alcuni monaci di un’abbazia dell’Italia settentrionale, prima dell’entrata in scena della Santa Inquisizione. Dal punto di vista stilistico, il ricorso al flashback tramite l’espediente del racconto di memorie passate è stato efficacemente sfruttato nell’adattamento cinematografico.
Vent’anni dopo, lo schema si ritrova in Baudolino, altro campione di vendite, dove romanzo storico e fantastico si incrociano e fantasia e menzogna fanno la storia. Si racconta il viaggio avventuroso di Baudolino (poi San Baudolino, patrono di Alessandria, città che ha dato i natali all’autore) nelle campagne piemontesi, accompagnato da Niceta Coniate (dotto bizantino, realmente esistito), cui il protagonista confida 60 anni della propria vita durante l’assedio di Costantinopoli del 1204. Un racconto nel racconto, in cui ai ricordi si mischia la fantasia.
Il secondo aspetto riguarda il rapporto tra narratore e ascoltatore e tra romanzo e lettore.
Nelle due opere sopra citate, Eco non fa che rappresentare, con dovizia di particolari, aspetti diversi e complementari di due personaggi che potrebbero benissimo essere la stessa persona. La giovanile ingenuità di Adso da Melk si rivela preziosa agli occhi di Gugliemo nel trovare l’intuizione giusta e giungere alla soluzione del mistero, nonostante i depistaggi dei monaci coinvolti negli omicidi. A cosa sarebbe servita, però, tale semplicità se non bilanciata dall’età e dalla saggezza di Guglielmo?
Non si completano forse Baudolino e Niceta, l’uno di estrazione umile e cultura popolare, mentitore incallito, che salverà Alessandria dall’assedio del Barbarossa grazie a una bugia, e Niceta, sapiente eremita e grande ascoltatore? Di lui, Baudolino arriverà a dire “Tu sei diventato la mia pergamena Signor Niceta, su cui scrivo tante cose che avevo persino dimenticato, quasi come se la mano andasse da sola”.
Menzogna come motivo di condanna dei bugiardi, che non fanno altro che mentire anche sulle cose infime. Menzogna come scelta di vita, come ispirazione, come segno. Umberto Eco è un semiologo (studia cioè i “segni” e il significato che questi assumono nella comunicazione) e questo aspetto non va sottovalutato. Quando la menzogna si fa comunicazione diviene segno. Predecessori illustri, come Platone, Aristotele, Sant’Agostino, Bacone, Cartesio, De Saussure, Popper, De Mauro, o Lotman, tanto per citare i più importanti, avevano adottato lo stesso approccio.
In questo sta il rapporto tra il romanzo di Eco e il lettore: nel presentare il segno (la menzogna) come una scelta di vita, facendo intuire le conseguenze di tale scelta, ma mai rivelandola fino alla fine. In questo Eco riesce rimanendo fedele al suo stile di grande uomo di cultura, che può vantare, tra le altre, competenze filologiche, storiografiche, filosofico-religiose e letterarie, tutte raccolte in uno stile difficile, ma allo stesso tempo avvincente.
Baudolino lamenta nella sua vita d’aver sempre confuso quello che vedeva e quello che desiderava vedere. Credo capiti a tutti noi, ma il problema si risolve con poco: basta inventare una buona bugia e la corsa riparte.

14 COMMENTI

  1. Mon Italien est convenable pour parler et pour lire… mais je l’écris très mal. Je voulais juste dire quel plaisir je me promets de la lecture de ce futur roman d’Umberto Eco…

  2. E la complessità di Eco e la capacità di sollevare domande sulla contemporaneità è emersa a pochi giorni dall’uscita del volume nel dibattito che è già stato in grado di sollevare. Un dibattito di alto profilo, cosa così rara in questo paese da rendere già merito all’opera . Del dibattito di carattere storiografico sul tema della rappresentazione del male e soprattutto sulle origini dell’antisemitismo in Europa, introdotto dalla recensione della storica Lucetta Scaraffia sulle pagine de “L’osservatore romano”, ne parliamo qui http://www.blogstoria.it/2010/11/01/umberto-eco-alle-origini-dellantisemitismo/ cercando di mettere in luce le tematiche storiche di maggior interesse toccate dal romanzo

  3. O frate Ubertino da Casoria, dopo il cimitero di Praga, par che tu paventi il rischio della democrazia. Leggesi tal vaticinio
    ne le Décadent (pardon: ne l’Espresso). So ben quanto abbonda il tuo scibile, benché in egual gran misura non siano di certo né il medesimo né le profezie del Vate. E però voglio (per via ipotetica) andar comparandovi.
    Vate mio, perdono! Sono cose che succedono. Perdonami il paragone! Perdona l’evocarti al par di Umbertino. Tu, sì elegante e poderoso, di certo sorridi: chi sa dove, chi sa dove! Se nei firmamenti o se adagiato su gli asfoledi.
    Sai che Umbertino fu angelico chierichetto? Sai che ardì studiare l’Estetica dell’Aquinate? Sai che indi approdò al cattocomunismo? Sai che ardì cimentarsi con un solo “romanzo della Rosa”? Non con tre (come fu congeniale a te). Sai che i suoi libri sono fatti di e da altri libri?
    Forse ardì pur qualche lirica dal nome “Rosa”, ma fu solo un ardire perché titanici si nasce.
    Vate, allorché tu composi quel carme, contavi appena anni 16. E però dicesi che la cultura sia di sinistra. Sai che Umbertino laureossi in Filosofia? Fu quell’ignorantone di nome Giovanni e di cognome Gentile a poggiare l’alloro sulla sua coccia?
    Sai che Umbertino studiò Aristotele ed Occam? Sai che fece la grande scoperta dell’acqua calda o “nominalismo” che dir si voglia? Sai che ardì un “Trattato di Semiotica Generale” barattando il rasoio con la falce e il martello? Cioé: fu un ottimo furti magister, un ottimo intellettualoide di sinistra che, non potendo vantare altro che un misero “Capitale” o qualche quadernino di Gramsci, tentò il plagio della Traditio medioevale. In breve: niuna cosa gli fu aliena, tutto provò, tutto ardì, tutti infatuò: figli dei fiori, studentelli oppiati, docenti che non sanno nemmeno la prima declinazione.

  4. Eco Umberto afferma che Berlusconi è come Hitler. E’ ovvio: gli ha tolto la polpetta dal piatto e non può più monopolizzare la vendita dei suoi libri scopiazzati tra i testi della telogia medievale o tra quelli di originali semiologi e linguisti contemporanei (Peirce, Barthes, De Saussure, Chomsky et cetera). I sessantottini sono finiti e falliti: non lo comprano più.
    Il plagiatore teologico. Codesto era un chierichetto dell’Azione Cattolica. Questo individuo, grazie alla sinistra che ha formato a suo talento la scuola del dopoguerra, è considerato importante per aver stracopiazzato la teologia medievale (Tommaso, Roscellino, Occam et cetera) nonché semiologi e linguisti dei nostri tempi (Peirce, Barthes, Chomsky, De Saussure et cetera). Codesto non ha mai scritto nulla di originale. Codesto riesce a gabbare gli ignoranti appena cambiando un nome. Per esempio, mutando Guglielmo da Occam in Guglielmo da Baskerville e, copiando testi delle conversazioni teologiche medioevali, ti scrive il romanzo. Codesto ritiene il lettore talmente ignorante che, esposto il nominalismo nei romanzi copiati, si diventa giocoforza atei oppure comunisti. Questo plagiatore di Roscellino, eliminando la realtà degli universali (essenze), annulla la distinzione di quest’ultime con l’esistenza illudendosi di confutare facilmente l’ontologia tomista. Pensate un po’. Questo cattocomunista arricchito plagiando non vale nemmeno l’ultimo pelo del nostro Vate e tant’è.
    O frate Umbertino da Casoria, par che tu paventi il rischio della democrazia: Berlusca come Hitler. Leggesi tal vaticinio ne le Décadent o ne l’Espresso?. E’ cosa certa che abbondi il tuo scibile profetico? O almeno in egual misura a quello del Vate. E però voglio andar comparandovi. Vate mio, perdono. Sono cose che succedono. Perdonami il paragone. Perdona l’evocarti al par di Umbertino. Tu, sì elegante e poderoso, di certo sorridi: chissà dove, chissà dove. Se nei firmamenti o se adagiato su gli asfodeli. Sai che Umbertino fu angelico chierichetto? Sai che ardì studiare l’Estetica dell’Aquinate? Sai che indi approdò al cattocomunismo? Sai che ardì cimentarsi con un “romanzo della Rosa”? Non con tre (come fu congeniale a te). Sai che i suoi libri sono fatti di e da altri libri? Plagia, plagia quel furbo pancione. Forse ardì pur qualche lirica dal nome “Rosa”, ma fu solo un ardire. Vate, allorché tu componesti quel carme, contavi appena anni 16. E però dicesi che la cultura sia di sinistra. Sai che Umbertino laureossi in Filosofia? Fu quell’ignorantone di nome Giovanni e di cognome Gentile a poggiare l’alloro sulla sua coccia? Sai che Umbertino studiò pure Occam? Sai che fece la grande scoperta dell’acqua calda o “nominalismo” che dir si voglia? Cioé: fu un ottimo furti magister, un ottimo intellettualoide di sinistra che, non potendo vantare altro che un misero “Capitale” o qualche quadernino di Gramsci, tentò il plagio della Traditio medioevale. In breve: niuna cosa gli fu aliena, tutto provò, tutto ardì, tutti infatuò.

  5. ATTENTI: lettori.
    Il furti magister: dalla rocchetta alla cotta da Balanzone
    Il plagiatore teologico e i furti letterari di un cattocomunista pingue e brutto e untuoso maialotto ingrassato dalla sinistra: guardate che faccia. Codesto era un chierichetto dell’Azione Cattolica e poi comunista per chissà quale evento (immaginabile e comune in sagrestia). Questo individuo, grazie alla sinistra che formò a suo talento la scuola del dopoguerra, è creduto importante per aver stracopiazzato la teologia medievale (Tommaso, Roscellino, Occam et cetera) nonché semiologi e linguisti dei nostri tempi (Peirce, Barthes, Chomsky, De Saussure et cetera). Codesto non ha mai scritto nulla di originale. Codesto riesce a gabbare gli ignoranti appena cambiando un nome. Per esempio, mutando Guglielmo da Occam in Guglielmo da Baskerville e, copiando testi delle conversazioni teologiche medioevali, ti scrive il romanzo. Codesto ritiene il lettore talmente ignorante che, esposto il nominalismo nei furti, si diventa giocoforza atei oppure comunisti. Questo plagiatore di Roscellino, negando la realtà agli universali (essenze), annulla la distinzione con l’esistenza e pensa di confutare l’ontologia tomista. Si immagini un po’. Questo cattocomunista arricchito plagiando vale una virgola del nostro Vate? Molti dicono di sì, altri dicono di no e pensiamo che tant’è.
    O frate Umbertino da Casoria, par che tu paventi il rischio della democrazia: Berlusca come Hitler. Leggesi tal vaticinio ne le Décadent o nelle bustine Panini? E’ cosa certa che abbondi il tuo scibile? O almeno in egual misura a quel del Vate? E però voglio andar comparandovi. Vate mio, perdono. Sono cose che succedono. Perdonami il paragone. Perdona l’evocarti al par di Umbertino. Tu, sì elegante e poderoso, di certo sorridi: chissà dove, chissà dove. Se nei firmamenti o se adagiato su gli asfodeli dell’Ade. Sai che Umbertino fu angelico chierichetto? Sai che ardì studiare l’Estetica dell’Aquinate? Sai che indi approdò al cattocomunismo? Sai che ardì cimentarsi con un “romanzo della Rosa”? Non con tre (come fu congeniale a te). Sai che i suoi libri sono fatti di e da altri libri? Plagia, plagia quel furbo balanzone. Forse ardì pur qualche lirica dal nome “Rosa”, ma fu solo un ardire? Vate, allorché tu componesti quel carme, contavi appena anni 16 ma non da chierichetto addobbato. E però dicesi che la cultura è di sinistra. Sai che Umbertino laureossi in filosofia? Fu quell’ignorante con nome Giovanni e cognome Gentile a poggiar l’alloro sulla di lui coccia? Sai che Umbertino studiò pure Occam? Sai che scoprì l’acqua calda o “nominalismo” che dir si voglia? Quel panzerotto imbottito, quel gran “furti magister”: non potendo vantare altro da un misero “Capitale” o da un quadernino di Gramsci, tentò il plagio della Traditio medioevale. Quasi niuna cosa gli fu aliena, quasi “omnia” tentò, quasi tutto ardì (romanzo, filosofia, semiologia) tranne il poetare, quasi tutti infatuò, quasi tutti gabbò: figli dei fiori, studentelli oppiati nonché professorucoli sessantottini con il 18 politico a libretto.

  6. Che cosa accadde su quella nave sfortunata “Ercole”, che colò a picco nel Tirreno portando a fondo Ippolito Nievo, nessuno lo sa. Non ci furono né una Commissione d’inchiesta della Camera dei Deputati, né della Magistratura. Non vennero comunicati ufficiali, né dalla Marina, né dall’Esercito. Molte ipotesi, alcune fantasiose, scritte sui giornali o diffuse per lettera. Nessuna certezza. Il permesso d’imbarco a Nievo e ai suoi 4 compagni della vice Intendenza garibaldina in Sicilia, fu firmato da Cibo Ottone, che era Comandante delle Forze “piemontesi” sull’isola. Se avesse voluto fermare Nievo, bastava che non gli desse il permesso d’imabarco, oppure impedisse a Nievo di portare carte contabili a Torino, così come gli aveva ordinato Giovanni Acerbi, Intendente Generale dei garibaldini.

  7. A proposito di cultura, di linguaggio, di libri o altro del genere:
    per puro caso su YOU TUBE ho visto e sentito parlare in pubblico Umberto Eco e Giorgio Almirante.
    Umberto appariva decisamente palloso e insulso, aveva un foglio davanti e spesso lo leggeva: ho confrontato.
    Ebbene: una differenza abissale sotto tutti i punti di vista: fascino, oratoria, declamazione del linguaggio e aggiungo “aspetto fisico dalla faccia alla pancia”.
    Scusate il paragone: m’è sembrato di vedere una partita tra il Bercellona e il Poggibonsi.

  8. Il furti magister cioè frate Umberto da Bologna
    Codesto fu chierichetto dell’Azione Cattolica: in principio era il Verbo.
    Balanzone è noto per le scopiazzature teologiche dal tempo d’ieri (Occam e Roscellino da Campiègne) e quelle semiologiche dal tempo d’oggi (De Saussure e Barthes, Chomski e Peirce et cetera).
    Gabba l’ignorante appena cambiando un nome.
    Ma che fa il dottor Balanzone?
    Muta Guglielmo da Occam in quello da Baskerville e plagia le dotte quaestiones del tempo d’ieri e scrive il romanzone.
    Balanzone da Bologna ritiene il lettore talmente ignorante che, letto ammuffiti enunciati nominalisti nei romanzucci copiati, diviene giocoforza o ateo o comunista.
    Il furbastro plagiatore di Roscellino da Campiègne, negando la realtà degli universali vuoi ante rem vuoi in re e la distinzione con l’esistenza, non confuta ma riconfuta (perché già nel tempo d’ieri) l’ontologia dell’Aquinate.
    Immaginate con che e con chi ardisce confrontarsi.
    Che miseria, che novità e furberia obnubila e occulta il dottor Balanzone democattocomunista arricchito plagiando.
    Umbertone il furbo: un genio è cosa altra.
    Non lasciatevi turlupinare né dai romazi e men che meno dalla semiotica o semiologia che dir si voglia: plagio furbamente elaborato con altri autori (dal linguista ginevrino a Chomsky, dal Peirce a Barthes non tralasciando che ritroviamo gli originali in Occam o Ispano, Abelardo o Anselmo o altri del medioevo prerinascimentale).
    Lo strutturalismo da cui principia e all’interno del quale plagia non è altro che la intuizione del ginevrino: frate Umberto elucubra, non intuisce perché non è un genio.
    E ancora: quella del ginevrino è un differente approccio dal più efficace tradizionale metodo storico critico (un approccio sincronico a compiere quello diacronico).
    Oltretutto: un approccio di gran lunga superato con l’ermeneutica di Giorgio Gadamer.
    Quanto al “nome della rosa”: evidente plagio furbo del nominalismo di Roscellino.
    E anche plagio del titolo “i tre romanzi della rosa” (il Piacere, l’Innocente e il Trionfo della morte)?
    Io ci credo.
    La questione è che purtroppo in Italia (a differenza della Germania per esempio) ben poco frequentiamo le facoltà teologiche: altrimenti capiremmo che Umbertone non è affatto quello propinato a chi ignora.
    Ecco perché ne riaffermo convinto una indebita appropriazione a meno che Zingarelli non definì bene la voce e il vocabolo “genio” in ogni accezione.
    Per cui a me pare “geniale” d’Annunzio (ma tanto per citare un nome della letteratura a noi prossima nel tempo).
    E par che lo sia in tutto e per tutto: opere e vita inimitabile cioè opere e biografia.

  9. Il furti magister cioè frate Umberto da Bologna
    Codesto fu chierichetto dell’Azione Cattolica: in principio era il Verbo.
    Balanzone è noto per le scopiazzature teologiche dal tempo d’ieri (Occam e Roscellino da Campiègne) e quelle semiologiche dal tempo d’oggi (De Saussure e Barthes, Chomski e Peirce et cetera).
    Gabba l’ignorante appena cambiando un nome.
    Ma che fa il dottor Balanzone?
    Muta Guglielmo da Occam in quello da Baskerville e plagia le dotte quaestiones del tempo d’ieri e scrive il romanzone.
    Balanzone da Bologna ritiene il lettore talmente ignorante che, letto ammuffiti enunciati nominalisti nei romanzucci copiati, diviene giocoforza o ateo o comunista.
    Il furbastro plagiatore di Roscellino da Campiègne, negando la realtà degli universali vuoi ante rem vuoi in re e la distinzione con l’esistenza, non confuta ma riconfuta (perché già nel tempo d’ieri) l’ontologia dell’Aquinate.
    Immaginate con che e con chi ardisce confrontarsi.
    Che miseria, che novità e furberia obnubila e occulta il dottor Balanzone democattocomunista arricchito plagiando.
    Umbertone il furbo: un genio è cosa altra.
    Non lasciatevi turlupinare né dai romazi e men che meno dalla semiotica o semiologia che dir si voglia: plagio furbamente elaborato con altri autori (dal linguista ginevrino a Chomsky, dal Peirce a Barthes non tralasciando che ritroviamo gli originali in Occam o Ispano, Abelardo o Anselmo o altri del medioevo prerinascimentale).
    Lo strutturalismo da cui principia e all’interno del quale plagia non è altro che la intuizione del ginevrino: frate Umberto elucubra, non intuisce perché non è un genio.
    E ancora: quella del ginevrino è un differente approccio dal più efficace tradizionale metodo storico critico (un approccio sincronico a compiere quello diacronico).
    Oltretutto: un approccio di gran lunga superato con l’ermeneutica di Giorgio Gadamer.
    Quanto al “nome della rosa”: evidente plagio furbo del nominalismo di Roscellino.
    E anche plagio del titolo “i tre romanzi della rosa” (il Piacere, l’Innocente e il Trionfo della morte)?
    Io ci credo.
    La questione è che purtroppo in Italia (a differenza della Germania per esempio) ben poco frequentiamo le facoltà teologiche: altrimenti capiremmo che Umbertone non è affatto quello propinato a chi ignora.
    Ecco perché ne riaffermo convinto una indebita appropriazione a meno che Zingarelli non definì bene la voce e il vocabolo “genio” in ogni sua accezione.
    Per cui a me pare “geniale” d’Annunzio (ma tanto per citare un nome della letteratura a noi prossima nel tempo).
    E par che lo sia in tutto e per tutto: opere e vita inimitabile cioè opere e biografia.

  10. Si racconta (cioè: non racconto) che in genere chi comincia in parrocchia con l’Azione Cattolica (appunto come Umbertone Balanzone) o rimane frocio e poi diviene prete o rimane egualmente frocio ma diviene, per reazione inconscia, un pedofobo democattocomunista.
    Secondo te, lettore: è vero o no?

  11. Correggi, Giorgio: Balanzone è PEDOFILO.
    E mentre d’Annunzio “ha fatto” quello che ha sognato: Umbertone ha fatto solo pippe su quel che ha sognato.
    Ha scritto anche un libro sulla BRUTTEZZA: c’era proprio bisogno di scrivere un ulteriore librotto palloso come la sua pancia?
    Non gli è bastato guardarsi allo specchio?

  12. Di Balanzone ho letto quasi tutto (dalla produzione semiologica ai romanzi e biografia compresa). Di Gabriele d’Annunzio ho tentato di leggere quasi tutto (gicoforza biografia compresa). Vi posso garantire, cari lettori, che Umberone non vale nemmeno la palla sinistra del Vate.

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