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Tutti i modi di essere mamma e papà

di Mario Masi
Per il Wall Street Journal non ci sono dubbi: “Le madri migliori sono le italo-americane, in parte perché sono calde e affettuose, ma soprattutto per come fanno i cannelloni. Amano i loro figli, si occupano di loro, li difendono, e per questo i loro bambini crescono come pilastri della società.”
Il Wall Street Journal non è nuovo a queste classifiche. Già l’anno scorso fece rumore la pubblicazione del saggio “Perché le madri cinesi sono superiori” di Amy Chua, professoressa alla Law School dell’Università di Yale.
Amy Chua nel suo ‘Battle Hymn of the Tiger Mother’ descrive le dure regole del sistema educativo cinese. “Un sacco di gente – scrive la Chua – si domanda come facciano i genitori cinesi a crescere figli così stereotipicamente di successo. Si chiedono come sia possibile produrre tutti questi prodigi della musica e della matematica, come sia la vita all’interno della famiglia e se loro sarebbero in grado di fare lo stesso. Bene, io posso dirglielo, perché l’ho fatto.”
Amy Chua celebra il suo ideale di ‘mamma-tigre’: “Queste sono alcune delle cose che le mie due figlie, Sophia e Louisa, non sono mai state autorizzate a fare: dormire a casa di qualcun altro, uscire con un compagno di giochi, recitare in uno spettacolo a scuola, lamentarsi per non poter recitare in uno spettacolo a scuola, guardare la televisione o giocare al computer, scegliere le proprie attività extracurriculari, prendere un voto inferiore ad A (il voto massimo negli Stati Uniti), non essere la prima della classe in tutte le materie tranne ginnastica e recitazione, suonare uno strumento diverso da pianoforte e violino, non suonare il pianoforte e il violino.”
Siamo davvero lontani dallo stereotipo dei genitori occidentali, che puntano a sviluppare l’individualità dei propri figli, incoraggiandoli a seguire le proprie passioni, creando a loro difesa un ambiente iperprotettivo; i genitori cinesi invece cercano di preparare i propri figli ad affrontare il futuro rendendoli consapevoli delle proprie abilità e conoscenze, e questo con qualsiasi mezzo.
Ma quali e quanti sono i modelli di mamma che emergono dalla letteratura?
La cinese, come visto, è la madre-tigre, fatta di disciplina, rigore, inflessibilità. La francese che viene descritta ne ‘I bambini francesi non buttano via il cibo’, di Pamela Druckeman, non permette ai figli di mangiare fuori dai pasti, soprattutto cibi spazzatura, e non li ossessiona con ansie e timori. La madre la boliviana disegnata da Atahualpa Vargas nel saggio ‘Incredibili Incas: perché le mamme migliori del mondo vengono da La Paz’ è dotata di una stoica determinazione verso i propri figli. La gallese diCome i gallesi hanno inventato la moderna maternità’ di Addfwyn Griffith non sente la necessità di ricordare di continuo ai figli quanto sono speciali. Infine l’indipendenza piena della madre mongola, che secondo ‘Matriarche dello Yurt’, può crescere i figli tranquillamente senza doversi preoccupare degli umori del padre perennemente assente.
Ma la super-mamma italiana non ha vita facile. Una ricerca della Bocconi di Milano intitolata ‘Mamme che lavorano: Economia, Fisco e Diritti’ svela che le mamme italiane lavorano 80 minuti al giorno in più rispetto agli uomini, sia in casa che fuori. In Spagna la differenza è di 54 minuti e negli Stati Uniti e Norvegia non c’è alcuna differenza. La cosa curiosa è che l’Italia ha una delle natalità più basse del mondo. Secondo l’ISTAT, la percentuale del 2011 è di 1,42 figli per ogni donna. Sarà perché è così difficile essere una super-mamma italiana?
Valeria Arnaldi, scrittrice e giornalista, commenta: “La mia esperienza personale e professionale mi porta a vedere le mamme italiane nella duplice veste di nido e scudo. Sostengono i figli nelle loro aspirazioni, lasciandoli liberi di cercare la propria vocazione, e nello stesso tempo li difendono nei tentativi di esprimersi per uscire da quello stesso nido. Nel corso del festival di Family Artentainment che ho curato al Macro, ho sempre visto mamme pronte a mettersi in gioco, desiderose di trasmettere le proprie passioni e condividere quelle dei figli. Mamme che, stanche della settimana di lavoro, non esitavano a giocare nel museo tutto il weekend, malgrado i bambini fossero già stati lì con i nonni, proprio per non perdere attimi importanti della loro vita”.
Trisha Thomas è una giornalista americana che ha sposato un uomo italiano. Sul suo blog, ‘Mozzarella Mamma’ (http://www.mozzarellamamma.com/blog/) scrive: “Per le mamme italiane, la vita non è né ‘dolce’, né una ‘vacanza romana’! Come dimostrano articoli recenti, le tradizioni, le buone maniere, la disciplina e le abitudini dei genitori possono variare notevolmente da un Paese all’altro, ma la mamma italiana ha una vita più difficile di quelle americane o francesi. Ho scoperto di non avere il tempo, l’energia e la pazienza per soddisfare gli standard di una super-mamma italiana. Molte delle mie amiche perseguono questo compito con determinazione, entusiasmo e creatività. Riescono a essere eleganti e sofisticate mentre rischiano l’esaurimento per rendere la vita più facile ai loro mariti e ai loro figli in una società che non le aiuta.”
Onore dunque alle mamme italiane! Scrive Daria Mignardi nel suo ‘Barbablog’: “Una delle cose più belle dell’avere figli, forse la più bella di tutte, è che ti aiutano a essere una persona migliore. Che per nessuno come per un figlio ci si mette in discussione, si cerca di correggere i propri difetti, si è capaci di fare quello che, se fossimo esseri evoluti, dovrebbe essere la regola dei rapporti con gli altri: dare e amare. Ogni madre coltiva, o vorrebbe farlo, un germe di laica santità”
E i papà? Qualche anno fa, l’allora ministro delle pari opportunità norvegese ha dichiarato: “Il nostro lavoro con le donne è finito, hanno raggiunto la piena libertà di scelta. Ora lavoriamo soprattutto per gli uomini, per fargli capire che anche loro possono scegliere se lavorare o restare con i figli”.
I papà preparano la loro rivincita! E’ l’ora dei “Padri High Care”, come li ha definiti uno studio appena pubblicato sull’Osservatorio Isfol condotto da Tiziana Canal, ricercatrice all’università di Madrid
Ebbene, secondo la sociologa spagnola, l’88% dei papà corrispondenti a questo identikit gioca con i figli, li accompagna a scuola, li lava, li veste e cucina per loro. Nel 68,3% dei casi fa anche la spesa; aiuta nelle faccende domestiche il 37,5% delle volte e mette a letto i pargoli (25%).
In Francia lo Stato non è rimasto insensibile alle esigenze dei papà moderni. Jerome Ballarin, presidente dell’Observatoire de la Parentalitè en Entreprise, grazie anche al supporto dei sindacati e Confindustria francese, ha fatto approvare una Carta per valorizzare la paternità nei luoghi di lavoro. Finora sono 350 le società che hanno ricevuto il bollino di aziende “papà-compatibili”. E i congedi parentali risultano divisi equamente tra uomini e donne.
Jonathan Liu, giornalista del portale americano ‘Wired.com’ ha denunciato come negli Stati Uniti permanga una forte discriminazione nel considerare il ruolo di uomini e donne in famiglia. Infatti quello che negli USA viene definito ‘designated parent’, infatti, è sempre la donna, tranne che nelle famiglie dove è presente solo il padre.
Gosta Esping Andersen nel suo ultimo libro La rivoluzione incompiuta. Famiglia, Donne, Welfare’ scopre come i padri “high care” sono nella quasi totalità uomini giovani, con un alto livello di istruzione, e, soprattutto, con mogli che guadagnano molto. Il sociologo danese definisce la vera “convergenza di genere” non tanto il titolo di studio, quanto il ‘potere contrattuale’ all’interno della coppia.
Però, avverte Francesca Zajczyk, sociologa dell’Università Bicocca di Milano, le donne per prime “devono imparare a delegare e lasciare spazio ai padri e ai partner”. Quindi le mamme, se vorranno essere aiutate concretamente dai propri mariti, dovranno rassegnarsi a non considerare di esclusivo loro appannaggio il potere della maternità.
Giornale di San Patrignano


 
 
 

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