Segnala un evento
HomeIn primo pianoI misteri d’Italia

I misteri d’Italia

di Mariano Colla
Italia, terra di misteri.
In un susseguirsi di articoli e servizi giornalistici è ritornato alla ribalta il caso di Emanuela Orlandi, evento già tragico di per sé, ma che ha assunto connotazioni macabre in quanto legato, in qualche modo, alla riesumazione della salma di De Pedis, ex boss della banda della Magliana.
Negli oscuri recessi di una bara, a cui, inspiegabilmente, la pietà cristiana ha conferito gli onori di una inumazione nella cripta della chiesa di Sant’Apollinare, ovvero nei prospicienti spazi di un vicino ossario, si mescolano drammatici eventi della nostra storia.
Sono eventi che si permeano di mistero, come tanti altri fatti che hanno avvolto in un’oscurità densa, escludente e protettiva, inquietanti alchimie da cui l’Italia non riesce più a liberarsi.
E’ lecito domandarsi se tanti nostri misteri sono legati a una cultura del nascondimento, del voler celare per sfuggire all’impietoso giudizio della storia.
Non più di un mese fa la Corte d’appello di Brescia ha assolto per insufficienza di prove gli imputati alla sbarra per la bomba di Piazza della Loggia del 1974, di fatto vanificando la ricerca dei mandanti e degli esecutori di uno delle tanti stragi che hanno insanguinato il nostro paese.
Vi è una lunga lista di stragi impunite, Piazza Fontana, Italicus, Ustica, Bologna, per citarne alcune, come lunga è la lista di omicidi eccellenti tuttora senza spiegazione.
Il mistero ricopre stagioni di ambiguità compiacenti tra istituzioni pubbliche, strutture religiose, organismi malavitosi, riguardanti grandi scandali economici, delitti irrisolti, investimenti finanziari di dubbia liceità, trasparenza e destinazione, non ultimi i casi alla cronaca su opere pie, ospedali, etc.
Come una nebbia densa ed opaca il mistero avvolge episodi chiave della nostra politica, della nostra società e, non ultima, della secolare ambizione di alcune istituzioni religiose.
Una nebbia inquietante che, laddove si insinua, agisce indisturbata, coprente, quasi a voler attenuare e smussare l’invasività e durezza della verità, della trasparenza.
Già, trasparenza, verità, elementi forse troppo invasivi e destabilizzanti in un mondo istituzionale eticamente frammentato e moralmente squilibrato, come la cronaca impietosamente ci sta quotidianamente descrivendo.
Il mistero dunque.
Evento casuale o antico retaggio di una cultura del nascondimento, ben evidenziata nelle parole del Guicciardini nell’epoca della Controriforma e delle dominazioni straniere, quando la maggior parte degli italiani divenne servile, opportunista, delatrice, attenta al “suo particulare”, senza che negli animi si sviluppasse una fede civile?
Oppure, parafrasando Indro Montanelli, che nel suo libro sul ”Rinascimento”, riferendosi allo stesso periodo del Guicciardini dice: ”ci sono tutte le premesse che verranno puntualmente mantenute, di un conformismo senza scampi, piatto e soffocante, in cui non possono incubare che codardia e ipocrisia. Sotto questo sudario si forma il nuovo italiano”.
Mistero come strumento di potere o come volontaria espressione di una diffidenza, di un senso di appartenenza a classi, comunità, gerarchie, confraternite, corporazioni, caste, tra cui il reciproco sapere è negato, dove l’azione già di per sé nasce inquinata e con finalità di scopo che superano l’interesse collettivo?
Dostoevskij nel libro “I fratelli Karamazov” al grande inquisitore che si rivolgeva a Gesù, faceva dire: l’uomo preferisce essere guidato, piuttosto che essere autonomo nell’ orientare la sua esistenza e, vedrai che nel nome del pane, del mistero, e del potere, l’uomo seguirà noi e non te ”.
Donato Menichella, ex governatore della Banca d’Italia, esprimeva a sua volta il seguente parere sul valore dell’intervista: ”la verità non la puoi dire, le bugie non le devi dire. Di che parli, del sesso degli angeli?”.
Può essere che a volte, nel migliore dei casi, il mistero si ammanti di riservatezza, di quella segretezza istituzionale necessaria per il bene dello Stato e dei cittadini.
Ma quando la stagione dei misteri si amplia irragionevolmente, quando essa attraversa orizzontalmente non solo il potere ma anche episodi di portata più minuta, ma ugualmente importanti nella quotidianità, quali omicidi, sparizione di persone, collusioni, corruzioni, allora negare la cultura del mistero mi sembra più difficile.
Spesso si imputa alla farraginosità della giustizia l’assenza di una forza in grado di disvelare l’oscuro che ci circonda.
Ci si chiede se una migliore funzionalità dell’apparato giudiziario sarebbe in grado di trovare risposte nel buio che avvolge tanti episodi della vita del nostro paese.
Nella sua polisemia, il mistero può trovare molte spiegazioni e destinazioni dell’agire umano, ma è indubbio che esso dispieghi, nella sua stessa essenza, un fascino occulto che alimenta l’immaginario collettivo, disposto a subirne le arcane influenze più che a combatterlo.
Il mistero, insomma, ha un suo valore ontologico che si insinua nella culture dove l’emotività e la passione domina sulla razionalità, sulla necessità di chiarezza, di trasparenza, di evidenza.
Se la riservatezza è indice di responsabilità, il mistero si permea di un’aura più ambigua, più oscura e, quando il sistema tende ad archiviare stagioni in cui il mistero ha giocato un ruolo fondamentale, sorgono in alcuni, ma non in molti, dubbi e perplessità.
In effetti, il caso Emanuela Orlandi, la cui tragica sparizione tuttora rientra nell’ambito delle ipotesi investigative, rappresenta l’emblema dell‘omertà e della complicità, categorie costitutive della cultura del mistero, categorie purtroppo ancora assai diffuse nel nostro paese.
Siamo un paese profondamente cattolico e il mistero è alla base delle credenze di molti di noi. In altri termini, siamo forse più disposti di altri ad accettarlo anche in una dimensione non trascendente, a ritenerlo, volutamente o meno, parte integrante di un sistema socio politico che ha oggettive difficoltà ad affrancarsene.
In un recente film, dal titolo “Romanzo di una strage”, i quesiti sui tanti misteri della tragica stagione degli attentati, rimangono sostanzialmente irrisolti.
Si specula sulle possibili soluzioni, forse affascinati da una dimensione indagatoria che, come in un thriller, cerca il colpevole, ma che il racconto non identifica, lasciando la possibile soluzione alla sensibilità e alla perspicacia personale.
Il mistero è anche una importante categoria del teatro popolare, dimensione recitativa che spaventa e affascina allo stesso tempo.
Il mistero come elemento di sfondo, ovvero come soggetto dal valore intrinseco nella sua componente immaginifica, senza la quale perderebbe la sua carica fantasiosa ed enigmatica.
L’Italia è, in fondo, un grande teatro sul cui palcoscenico attori di prestigio e parvenu recitano a soggetto, dove il nostro individualismo creativo ci impone ruoli, di volta in volta, nuovi e imprevedibili e che, proprio in questa estemporaneità, trova nel mistero una comoda dimensione espressiva, concreta ma, allo stesso tempo, inquietante.
Nella permanenza del mistero si celano le debolezze di un sistema parzialmente irrisolto, laddove l’etica e la trasparenza dell’istituzione, e la maturità civile e politica del cittadino non hanno ancora trovato la necessaria corrispondenza, ossia quel riconoscimento reciproco, non solo strumentale, ma anche valoriale, che arricchisce e moralizza la relazione tra i due soggetti.

SCRIVI UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento!
Inserisci il tuo nome

- Advertisment -

più popolari