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Cap d'Agde, naturismo o paradiso?

di Marzia Santella
Finite le scuole, inizia l’estate, tempo meteorologico a parte, che si beffa di noi: bel tempo da lunedì al venerdì e pioggia il sabato e la domenica. Un anno che, giunto solo a metà strada, ci ha  già messo a dura prova con eventi drammatici. La predisposizione a vedere sempre quello che di bello c’è mi ha fatto trovare un’ ispirazione. Come tanti ho visto, pochi giorni fa, un servizio delle Iene su un villaggio naturista in Francia. Nulla di nuovo direte voi, quello che mi piaceva focalizzare non era tanto il naturismo in sè, ma la nostra prigionia negli abiti. Da secoli condizionati a vivere vestiti, con tabù di ogni sorta, in massima parte causati dalle religioni.  Voglia o non voglia chiunque, anche il più agnostico, è stato anche solo per una fase della propria esistenza, frenato da una costruzione di leggi, regolamenti, comportamenti genitoriali ossessivi. Famiglie in cui i membri non si sono mai visti nudi. Porte chiuse,“vestiti !” come imperativo. La nudità come sinonimo di vergogna e, al contempo, come un luogo sacro e inespugnabile. Fortunatamente nella mia famiglia girare per casa nudi era la normalità e ne sono grata tanto che io stessa, anni fa ,sono stata rimproverata da una compagna di stanza in vacanza perché mentre sceglievo l’abito stavo in topless. La nudità è un elemento naturale della nostra persona. Andare in vacanza in  luoghi come Cap D’Agde, villaggio francese tra Montpellier  e Sète  dove il naturismo si pratica ovunque nelle 24 ore può cambiare il nostro modo di pensare, la nostra prospettiva. Si può circolare nudi lì ovunque dalla banca  al supermercato, dalla spiaggia ai locali notturni. Nuda per il paese con la borsa del pane, per esempio, creerebbe imbarazzo anche a me lo confesso. Ma ci pensate a come sarebbe bello liberarsi?  Il rispetto delle  regole, il rispetto di se e degli altri non deriva dagli abiti che indossiamo è certo. La situazione si capovolge allora: chi si veste si sente a disagio. Chi non si piace e non si accetta viene lasciato in disparte come se non fosse in grado di capire il linguaggio di una terra sconosciuta. Impensabile l’intera società globale allo stato naturale: fa sorridere, me ne rendo conto. Penso anche, però, che provare a vivere questa dimensione  anche solo in casa, può già aiutare ad abituarci a pensare a se, ai propri desideri, alle proprie necessità senza orpelli inutili. Partner e figli ne guadagnerebbero in autostima, nel senso di libertà che questo sa dare. Andando per gradi magari, per assaporare quella condizione ancestrale che  ci apparteneva. Una scuola per imparare ciò che vogliamo essere ciò che vogliamo avere senza “se” e senza “ma”. Una scuola di vita semplice che può ricondurci, in questi momenti difficili, a riappropriarci di noi stessi come mai prima. Le frustrazioni date dal lavoro che non va, le coccole che non riceviamo, un mondo esterno che sembra colpirci su tutti i fronti, si può lasciare fuori, cambiare dimensione anche solo per pochi minuti al giorno. Se poi siete pronti andate in una spiaggia di naturisti e valutate di persona una filosofia di vita affascinante che va oltre il puerile voyerismo. “Un viaggio di mille miglia deve cominciare da un solo passo” Lao Tzu. Quel passo siamo noi. Proviamo?
 

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