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(Se) Torna Silvio

di Paolo Cappelli
Si è già scritto molto sulla candidatura di Silvio Berlusconi alle prossime elezioni politiche. A differenza del suo ex alleato Umberto Bossi, la cui carriera politica ha intrapreso, lentamente ma inesorabilmente, la strada dell’oblio, la presenza futura del Cavaliere nel panorama politico italiano sembra essere tutt’altro che in dubbio. B rincara la dose e punta sul rinnovamento: cambio del nome del Partito entro l’estate, nuovo simbolo, nuovi criteri di scelta dei dirigenti e dei rappresentanti, nuovo, nuovo, nuovo. Una spinta che arriva in concomitanza con la chiusura del processo Mills, in cui la posizione di Berlusconi ha raggiunto l’agognata prescrizione. Via un fardello, dentro un altro. Tutto Le si può imputare, Presidente, ma non certo l’ignavia.
Il farsi da parte di Alfano è un chiaro segno del nuovo centro di gravità del movimento di centro-destra e della rinnovata (o meglio ritrovata) localizzazione del potere. Tutto torna nelle mani di B: a lui la cloche per imporre la rotta, a lui le decisioni, a lui il rispetto e la riverenza che si deve al Capo. C’è però da chiedersi se questi sentimenti sono diffusi in maniera uniforme in tutto quello che rimane del PdL. Non sono pochi quelli che si interrogano sul ruolo che potrebbero avere La Russa, Cicchitto, Verdini, Gasparri, Santanché e gli altri esponenti di spicco del movimento, in particolare quelli provenienti da Alleanza Nazionale. Se B è il pilota, chi sarà il capo cabina? E chi gli steward della nuova linea aerea? Proprio Daniela Santachè, autonominatasi Capo delle Risorse Umane, ha sollevato recentemente il problema del ruolo di copilota…pardon, del vicepremier, che a suo dire non potrebbe che toccare a una donna.
Ora, siamo certi che B sia pronto, o meglio, è disponibile B a riconoscere questo ruolo a un esponente dell’altro sesso? Mentre i processi sul bunga bunga sono in pieno svolgimento e il Rubygate è scomparso dai media, ma non dalle aule giudiziarie, potrebbe trattarsi di un passo falso, certamente non da un punto di vista delle pari opportunità, ma dell’opportunità politica. Le cronache di questi giorni ci raccontano di un Berlusconi pronto a dare nuova linfa a un partito che fino a questo momento, al pari degli altri presenti in Parlamento, ha vissuto in un polmone d’acciaio, del quale il popolo sovrano avrebbe molto volentieri staccato la spina. E’ pronto, quello stesso popolo, a credere ancora a Berlusconi e alle sue parole? E alle sue promesse? I sondaggi commissionati dal PdL vorrebbero il centrodestra, con il Capo ritrovato ai comandi, raggiungere il 28% dei consensi. Un bel risultato potenziale, non c’è che dire, anche considerando il crollo di consensi dei partiti tradizionali e il trionfo dell’alternativa alla politica di professione con i significativi risultati centrati dal Movimento 5 Stelle alle recenti elezioni amministrative.
Prima dell’autunno, ancorché il periodo sia inconsueto, tutti si preparano alla semina: Casini, oppositore del PdL e in particolare di Berlusconi durante tutta la precedente Legislatura, ha evocato “Scherzi a Parte”, mentre l’evanescente Bersani si è limitato a definire il ritorno di B “una cosa agghiacciante”. E cosa pensavano, che il leone stesse nella tana a leccarsi le ferite tutta la vita? Suvvia…
Al di là di quelli che possono essere gli inevitabili problemi pratici nelle scelte da compiere, Berlusconi dovrà muoversi molto cautamente sulle questioni sostanziali. Nella testa di molti italiani, ancorché essi siano un popolo senza troppa memoria, B è ancora quella figura imbarazzante a livello internazionale che tanto danno ha arrecato all’immagine dell’Italia, specie se lo si raffronta allo stile del suo successore. Ingenerosamente, è additato come colui che ci avrebbe spinti nel baratro della recessione a seguito della crisi finanziaria mondiale, rischiando di farci travolgere dalle ondate dei flussi monetari in uscita e degli interessi bancari. Di fatto, c’è poco che abbia fatto per spingerci, come anche per trattenerci dal fare quella fine. O meglio, c’era poco che potesse fare. Alla crisi e alla sua portata si poteva rispondere solo con specialisti di cui non disponeva, con la volontà di agire in maniera contraria al programma di governo annunciato (ovvero aumentando le tasse in maniera strutturale). Non che Monti o Passera godano oggi di maggior credito nei confronti della popolazione di quanto ne avessero Berlusconi e Tremonti. In fondo, non conta molto chi impone una nuova tassa. L’iniquità sociale nella distribuzione della tassazione, di cui, per inciso, non beneficia solo la proverbiale “casta”, è però uno dei principali motivi di risentimento sociale e forse l’unico grimaldello che potrebbe consentire a B di forzare i cancelli che lo separano dal cuore e dalle menti degli italiani. In una fase così delicata della vita del Paese, tuttavia, mentre si chiede a Monti e alla sua squadra in maniera chiara, ma non aperta, di rimanere anche dopo il 2013, quale effetto potrebbe avere a livello internazionale l’annuncio di una rivoluzione in senso riduttivo negli introiti strutturali e nella revisione della spesa? All’estero la notizia di un ritorno ha già generato fermento. La domanda che più circola è quale delle riforme intraprese dall’attuale esecutivo, ben viste da tutti, tranne che dalle agenzie di rating, rimarranno in piedi?
E poi c’è l’incognita più grande, ovvero la fiducia. Ma non in Berlusconi e in tutto ciò che una scelta del genere comporterebbe. La questione è ben più ampia: il disamore degli elettori è forte verso la politica, per la casta, le facce che si vedono da 40 anni senza soluzione di continuità, i privilegi, i finanziamenti, le spese inutili. La voglia di rinnovamento è forte, ma nulla fa presagire che un movimento come quello dei grillini possa costituire un’alternativa valida e durevole, in primis per la sua natura indipendente, il suo voler essere diverso e quindi di non potersi alleare con chi la politica la fa di mestiere. Eh sì, perché la politica, in fondo, è un mestiere. Democraticamente parlando, tutti devono poter esercitare il proprio diritto di fare politica, ad ogni livello. In termini pratici, tuttavia, i neofiti possono trovarsi di fronte a problemi di non facile soluzione, già che i rimedi più logici per risolvere una questione sono spesso i più semplici, ma si fermano di fronte a questo o quel cavillo, in un sistema giuridico e normativo tra i più complessi del mondo.
E se non Berlusconi perché non ci si fida, se non i grillini perché non offrono garanzie di stabilità e durevolezza, se non Montezemolo (che ancora non si capisce se c’è o o ci fa), se non il PD che è costituito da tante anime diverse e difficili da ricondurre a un programma comune…chi? Chi rappresenta, oggi, in Italia, l’alternativa vera ai politici che conosciamo, la seconda opzione di fronte ai privilegi, al “castismo”? Chi è pronto a condurre una crociata in questo senso? E con quali consensi? Insomma, se Atene piange, Sparta non ride.
L’elenco delle questioni cui è necessario dare una risposta prima del rientro dalle ferie estive è assai lungo e difficilmente potrà essere esaurito da un solo partito o da un movimento, vecchio o nuovo che sia. Tuttavia, è proprio su queste risposte che si giocherà la campagna elettorale. Non tanto, forse, sulla capacità di risolvere gli interrogativi, ma sulla bravura di chi dovrà convincere gli elettori che esistono assi nella manica o bacchette magiche in grado di risolvere questi e altri problemi. Ma attenzione: il tempo delle favole è finito e oggi siamo tutti un po’ più dei San Tommaso, certo più poveri, di quanto non fossimo in passato. Ecco gli altri fattori da tenere in considerazione nell’ideazione di un’idea politica rinnovata, o per lo meno convincente al punto giusto.

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