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Ecologia del vivere: Saudade, la nostalgia

 
di Stefania Taruffi
Con questa parola molti intellettuali portoghesi hanno raccontato il destino dei navigatori lusitani e la loro speranza di poter un giorno tornare a casa. In essa non è racchiuso solo un sentimento portoghese o brasiliano, ma uno stato d’animo globalizzato che dimora in molti di noi. Significa solitudine. Un sentimento commisto di passato e presente che non evoca solo la nostalgia, ma anche la speranza nel futuro che verrà. In questa parola è racchiuso un lungo viaggio verso le terre sconosciute della vita, il desiderio di raggiungere l’inaccessibile, la rassegnazione al destino che verrà, la nostalgia di ciò che è andato perduto. La saudade è una voce che in un istante raccoglie in sé una moltitudine di sentimenti, l’essenza della vita e delle cose quotidiane, di uno stato amoroso che vive di lontananza e speranza. E’ il ricordo affettivo di un bene speciale che è assente. La saudade è un modo di vivere e di sentire le cose con amore, come un canto melanconico e appassionato in riva all’oceano delle nostre emozioni. E’ un vago sentimento di perdita e di tristezza che può anche diventare creatività, fonte di vita e di piacere. A volte anche ispirazione.
Saudade, come canta Gilberto Gil, è la presenza dell’assenza, di qualcuno, qualcosa, un luogo. Come una capsula che sigilla e nello stesso tempo porta la visione di ciò che non si può vedere, o si è lasciato dietro di sé, ma che si conserva nel proprio cuore.
Il fado che ho appena ascoltato, questa meravigliosa, straziante melodia portoghese, ha risvegliato la mia, di saudade. Una nostalgia liquida che da sempre mi scorre nelle vene come linfa vitale. Ma non è assassina. E’ carica di amore. E l’amore è anche sofferenza. E’ carica di felicità. Perché ogni felicità è anche un po’ triste.

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