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Con 'Ecco' Nicolò Fabi accende una luce nella memoria del cuore

di Cecilia Mazzeo
…poi succede che arriva a rischiarare il buio dei giorni e certe angosce così familiari in questi pazzi e sgangherati tempi moderni.
Lo aspettavamo con ansia, noi inquilini di un condominio senza spigoli in cui abita la Fabiglia. E lui è arrivato: ECCOlo. È arrivato con un avverbio indicativo, una parolina piccina che apre il sentiero e indica la via. Ecco che ognuno di noi può trovare nuove soluzioni alle ferite del vivere, ecco che anche per noi i cocci di un bicchiere di vetro si ricompongono e il bicchiere torna a essere ciò che è, che era. Come catapultati in una magica moviola che cancella i fatti indigesti e che ha la colla per riparare le cose. Anche se dentro rimane chiaro e vivido lo spessore di una cicatrice personale. La slabbratura di un dolore che resta eterno.
“Elementare” e “Ecco” sono metafore da brividi, stanze intime in cui entrare con pantofole morbide…o addirittura scalzi…ma senza lasciare impronte. Ecco…ha la dolcezza di una ninnananna…e quel finale rock che, invece, squarcia il velo, il volo, il dono, il dolo. Quel graffio che non t’aspetti, ma così tremendamente necessario e liberatorio. “Elementare” è un autoscatto di straziante bellezza, il ritratto abbozzato di chi è in bilico tra il niente e una vita in meno, ma poi ECCO quella presenza di luce nella memoria del cuore che rende tutto elementare, capace di saper ancora scivolare.
Dentro ad una trama  musicale già nota ai fedeli ammiratori di Niccolò, spiccano brillanti nuove sonorità: ballate folk, archi a sottolineare ricordi d’infanzia e un soffio di rock leggero, armonicamente miscelato ai significati.
In particolare “Cerchi di gesso” sorprende proprio per questa nuova musica che ha un sapore seppiato, modernamente antico. Un ponte tra l’oggi e il proprio ieri osservato con gli occhi spalancati di un bambino.
C’è ancora la ricerca un po’ orientale della conoscenza di sé attraverso il distacco da ciò che ci è noto, alla scoperta di altre e più sincere fonti di vita. Lo spogliarsi del proprio destino, delle proprie etichette e definizioni, dei propri ori e clamori per essere soltanto un uomo di passaggio. Perché più ci rendiamo invisibili agli altri, più abbandoniamo la forma pubblica del nostro essere e più…riusciamo a guardarci davvero. Come un laser che va a colpire il nocciolo esatto della nostra essenza.
C’è l’invito a riflettere sull’egomania dilagante che fa compiere enormi errori di percezione: perché è un attimo scambiare D(IO) per IO.
E poi c’è UNA BUONA IDEA…quella da trovare, da inventarsi, da costruire. Una buona idea che abbia l’effetto di un domino, l’effetto cascata…per sentirsi meno orfani. Orfani di democrazia, orfani di un’Italia che è sparita. Un invito dunque affinché ciascuno di noi accenda una nuova lampadina. Perché questo è il tempo delle alleanze: bisogna abbracciarsi e lavorare insieme, rimboccarsi le maniche per ridarci patria, dignità e verità. ECCO.
 
                                               CECILIA MAZZEO
 

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